Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 30 dicembre 2017

2018. UNA TAPPA DEL CAMMINO

Cosa porterò con me di questo 2017? Cose belle e brutte, come sempre d’altronde! Quali delle due categorie ha prevalso? Le belle, le brutte? Di certo, con gli anni che avanzano, c’è poco da stare allegri; la salute ha cominciato a farmi qualche brutto scherzo, episodi che hanno condizionato anche il mio stile di vita: a volte la preoccupazione di non poter essere quello di sempre, iperattivo, teso alla risoluzione dei problemi, non mi rende tranquillo. Devo purtroppo annotare che in primavera è mancata l’ennesima persona cara, uno degli ultimi punti di riferimento della famiglia … e che con essa se n’è andata anche la funzione di collante che esercitava nei confronti di noi tutti.
Devo dire che però le soddisfazioni non sono mancate, anch’esse nell’ambito familiare, come per un contrappasso; una figlia brillantemente laureata e l’altra avviata alla conclusione con buon ritmo e buona lena. Il lavoro procede, giorni più luminosi, altri più bui, come sempre, da circa trent’anni. La mia creatura nel web “scribacchiando per me” continua a darmi grandi riscontri: accessi che aumentano di giorno in giorno, di mese in mese, da località della terra anche remotissime nello spazio, alcune delle quali addirittura ignote per me.
Un bilancio, quello del 2017 volutamente sintetico, non sono sicuramente tra coloro che annotano ogni quisquilia, ma comunque rimango abbastanza ottimista. Cercherò di andare avanti spedito con l’aiuto degli affetti più immediati, con il conforto degli amici vecchi e di quelli che ho avuto al fortuna di conoscere nel cammino che sto seguendo. Il 2018, che già bussa alla porta, sarà solo la 59sima tappa di tale cammino, di cui non intendo assolutamente variare la direzione.

domenica 17 dicembre 2017

Le chiesette del Borgo

Il nostro borgo, pensato e progettato come unità autonoma fortificata, doveva per forza di cose disporre anche di alcuni servizi, tra cui la presenza di luoghi di culto. Si già scribacchiato su questo blog della carenza di spazio, che ha indotto in modo diretto anche una certa scarsità nelle dimensioni della chiesette nel tempo realizzatevi. Eh si… doveva essere così perché se, come attestano le fonti, già nel tardo medioevo la popolazione pietramelarese ammontava a più di 1.500 anime, concentrata quasi solo all’ interno della cinta muraria, l’esigenza di riunirsi per una messa domenicale , per un funerale o per una qualsiasi funzione liturgica era in qualche modo ostacolata dalla scarsa superficie e recettività delle chiesette site nel borgo . Piccole le case, piccole le chiese, quindi per lo stesso motivo.
Ma quali erano e dove si trovavano queste chiesette? Cosa se ne conserva ancora?
Va detto prima di tutto che sono state da tempo sconsacrate, hanno perso, quindi, ogni funzione religiosa.
La cappella che ci è pervenuta nel migliore stato di conservazione è quella di San Nicola (cfr. foto di copertina), sita nel luogo detto “muro scassato”. Restituita alla pubblica fruizione qualche anno fa, ha pianta quadrata e conserva pregevoli elementi architettonici, tra i quali un altare in stucco in stile tardo barocco e la volta a crociera. L’ingresso principale, di fronte a detto altare, è stato da tempo murato e a ridosso vi è stato costruito un forno, il cui uso ha annerito di nerofumo le pareti e la volta. In chiave di volta si notano tracce di un affresco che potrebbe rivenire alla luce una volta rimosso il nerofumo.
Di dimensioni maggiori, anche se di pregio artistico sensibilmente minore, è la “cappella delle monache”, sita ‘ncoppa a corte, nel piano terreno dell’ex asilo San Rocco. La pianta e rettangolare , l’entrata sul lato lungo, attualmente è adibita a deposito. In alto a destra, rispetto all’entrata si notano le tracce di una piccola cantoria, dalla quale le monache potevano assistere alle celebrazioni senza passare dalla piazzetta; conserva un altare di fattura piuttosto grezza e una nicchia a ridosso di esso, con decorazioni floreali di buon gusto. L’archetto sito sulla facciata dell’asilo reggeva una piccola campana, oggi rimossa.
Un’altra cappellina doveva trovarsi più in basso, nei pressi della Madonna della Libera, a immediato ridosso del palazzo Adipietro. Pare che crollò in seguito a eventi bellici, non rimangono di essa che due barbacani, ultimo residuo dei muri perimetrali, e il supporto per una campanella. Attualmente lo spazio viene utilizzato in occasione di eventi sul borgo, come punto musica e/o attività espositive.
Nei palazzi delle famiglie nobili siti sul borgo si segnalano le cappelline private, a volte veri e propri preziosi altarini “a scomparsa”, di pregevolissima fattura, contenenti anche reliquiari ed altri elementi.

mercoledì 13 dicembre 2017

PROTAGONISTA DI UN TERRITORIO

Nato un cinquantennio fa da una “costola” dell’omologo matesino, il Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci”, ha rappresentato e rappresenta un’istituzione culturale di elevato spessore per l’intero territorio dell’Alto Casertano. Chi scrive fa parte del nutrito gruppo di ex allievi iscrittosi nei primi anni 70: l’autonomia scolastica era stata appena conquistata, e pertanto ci si era affrancati da quella sudditanza (anche solo psicologica) con Piedimonte Matese. L’appartamento nel condominio di Via Napoli non bastava più, e allora ci fu il trasferimento nello stabile di un albergo dismesso, sulla stessa via, a ridosso di una stazione di servizio, infine dopo circa un ventennio la sede attuale, definitiva, ariosa e congrua alle funzioni didattiche.
Dicevo dell’importanza assunta da questa scuola nell’intero Alto Casertano: gli allievi pervenivano un po’ dappertutto, anche se alcuni comuni come Pietramelara e Sparanise, più popolosi, facevano la parte del leone; ma erano altresì degnamente rappresentati la stessa Vairano, Marzano Appio, Calvi Risorta, Pietravairano ed altri.
Reputo fondamentale il contributo del nostro liceo alla formazione di una classe dirigente locale, impostasi nel tempo grazie ad una solida preparazione umana e culturale, che ha reso agevole il successivo percorso universitario. Medici, ingegneri, avvocati, brillanti funzionari e dirigenti nelle pubbliche amministrazioni sono stati il prodotto di una mentalità, di un metodo di studio collaudato che non ha tardato ad imporsi in tutta la sua positività. Anche coloro che hanno mantenuto magari un profilo più basso, impiegati e casalinghe, hanno conservato in se il tratto distintivo derivante da quella formazione sana e disciplinata, in grado di coniugare ad un tempo una civiltà rurale già allora al tramonto, con le sfide di una modernità che faceva sentire le sue spinte in modo sempre più impellente.
Scegliere il Da Vinci non è mai stato un ripiego, al contrario, si è trattato sempre di una scelta consapevole, in direzione di quel collaudato metodo e nel contesto di un territorio che ha voluto crescere culturalmente e socialmente, astraendosi da quelle negatività che purtroppo negli ultimi anni hanno caratterizzato la nostra provincia, mediaticamente passata da “terra di lavoro” a “terra dei fuochi” (…e può bastare!). E’ vero, il nostro liceo è stato tacciato anche di provincialismo, ma quanto è servito anche il provincialismo a tener lontane le negatività tipiche di parallele realtà cittadine e metropolitane? Lascio a voi il giudizio.
Protagonisti di questa scuola sono stati i presidi e i docenti che, storicamente, ne hanno retto le sorti, insieme alla grande schiera di studenti che con motivazione, impegno e spirito di sacrificio hanno condiviso il percorso.
Si celebrerà il prossimo sabato il cinquantenario della nostra scuola, sarà sicuramente una festa bellissima, percorsa forse da una sottile vena di nostalgia: si rincontreranno persone che non si vedevano da decenni, si abbracceranno sorridendo delle mille disavventure grandi e piccole vissute tra le mura scolastiche, ricorderanno i loro professori, specialmente i tanti che non sono più in vita. A loro la gratitudine per la generosità, la motivazione, la professionalità che mettevano nelle lezioni, ma anche per qualche rimprovero particolarmente forte e severo, in grado di correggere sul nascere eventuali deviazioni.
Francesco, blogger ed ex allievo

mercoledì 6 dicembre 2017

FORMICHE O CICALE? (breve riflessione)

C’è un modo di dire, un espressione ancora abbastanza in uso da noi : “Sparagnammu e cumparimmu” che, tradotto vuol dire “risparmiamo e (al tempo stesso) facciamo bella figura”. La cosa ha da sempre spinto il mio interesse, perché in essa sono racchiusi due capisaldi fondamentali del vivere contadino di un tempo, la civiltà rurale che, per certi versi, ancora ci permea: la parsimonia e il decoro personale nelle azioni, nel lavoro, nella casa. Due paroline ed una congiunzione in grado di esprimere tutta una filosofia, un modo di vivere la realtà, volto si al risparmio, al mettere da parte nell’abbondanza, aspettando tempi più grami, ma anche ad apparire, rifuggire dalla miseria, soprattutto quella morale.
“La cicala e la formica” è una favola famosissima, scritta da Esopo e arrivata a noi grazie a Jean de La Fontaine, in cui l’operosa e diligente, ma dura, formica rifiuta in inverno di aiutare la cicala che ha passato l’estate a cantare (vedi immagine di copertina). Risparmiare ed accumulare permette di affrontare le difficoltà con maggiore serenità, ma a volte rende duri ed egoisti.
Sparagnammu e cumparimmu supera, in qualche modo, anche le due categorie stabilite dalla favola. Si, perché, se è vero com’è vero, che il comportamento che ha portato a coniare il detto di cui si discute è tipico della nostra gente, anche l’atavica abitudine e propensione al risparmio non giustifica l’accostamento netto con la categoria delle formiche. Cumparimmu indica infatti anche un’apertura verso gli altri, uno spirito solidaristico presente nella civiltà rurale tanto quanto il risparmio.

martedì 28 novembre 2017

A CHI VA LA MAGLIA NERA?

C’ho provato anch’io…si, a leggere e documentarmi un po’ sul web, intorno a questo ultimo posto in classifica che la nostra Provincia ha beccato: ho visto gli indicatori presi in esame, ho cercato di ragionarci sopra, ho confrontato la nostra realtà con quella delle provincie confinanti e quelle più lontane… ma c’è tanto da scandalizzarsi, tanto da scrivere e riempire le colonne dei vari media? E’ così grande la sorpresa? Penso proprio di no! Il degrado oggettivo fotografato dall’autorevole quotidiano che da ben 28 anni stila la classifica, lo conoscevo bene io, così come lo conosceva ognuno che per motivi vari di lavoro, di studio, di affari gira le nostre zone.
Gestione fallimentare del ciclo rifiuti, servizi inesistenti o quasi, diritto allo studio e allo sport di fatto negato alle giovani generazioni, occasioni di lavoro sempre più rare, sistema economico precario, insieme a tant’altro sono le componenti arcinote del risultato negativissimo sortito dalla nostra provincia, un tempo “Terra di lavoro” e ancor prima “Campania Felix”.
Tuttavia penso che una cosa non sia stata detta con la sufficiente chiarezza: la maglia nera non va al territorio, che ci riserva ancora spazi di incredibile suggestione e monumenti che hanno sfidato i millenni, la maglia nera va alla nostra classe dirigente, incapace oggi come ieri di decisioni impopolari e priva di capacità progettuale, va a noialtri, che nel segreto della cabina elettorale finiamo per votare sempre la stessa categoria di persone, indipendentemente dallo schieramento. L’ente provinciale, ormai di fatto sciolto, e la regione, hanno avuto, infatti, alternanze al potere, ma sia con la destra che con la sinistra il risultato è stato sempre lo stesso, ed ugualmente disastroso.
E si badi bene: neppure noi dell’entroterra ci salviamo, anzi certi malcostumi che hanno preso origine altrove nel passato, oggi sono presenti nell’alto casertano, più e meglio che nelle zone di origine; basta aprire un giornale e la cronaca, anche quella locale, ne è piena.
Possiamo ancora svegliarci, abbiamo ancora possibilità di risalire la china, almeno di qualche posizione? Sinceramente non saprei…

venerdì 10 novembre 2017

FRATE ANSELMO

Il 7 ottobre del 1571, giorno della battaglia di Lepanto (una città greca posta all’imboccatura del golfo di Corinto), è una data molto importante perché segnò la fine dello strapotere dell’Impero Turco nelle acque del Mediterraneo, si fronteggiarono due grandi flotte: la Lega Santa e i Turchi, composte da centinaia di navi. La cosa si risolse in una grande disfatta dei turchi, che persero quasi tutte le navi e circa 35.000 uomini tra morti, feriti e prigionieri. Da quella data in genere gli storici fanno partire il definitivo tramonto della potenza turca, nonché l’espansione della civiltà occidentale.
Pochi sanno, tuttavia, che a tale battaglia prese parte attiva anche un nostro concittadino, un monaco cappuccino di nome Frate Anselmo da Pietramelara, partito con un gruppo di confratelli dal Convento di Paliano (FR) al seguito di Marcantonio Colonna. Nella battaglia il nostro si distinse nell’uso delle armi più che nei pii uffici per il quale era stato imbarcato. Insieme ad altri monaci doveva infatti, a bordo di quelle navi, amministrare i sacramenti ai marinai, rimettere i loro peccati e, se del caso, anche combattere. Narrano le cronache dell’epoca: “Il qual caso come parve al padre Anselmo da Pietramelara che fosse venuto, perchè dopo molta uccisione di Cristiani la galera sua era piena di nemici, così afferrò con ambe le mani un roncone: e invece d'elmo crinito e di corazza lucente, camuffato di aguzzo cappuccio e di bigio saione, non altro mostrando che il ferro acuto e l’ispida barba, con sì fiero piglio e di tanto furore avventossi contro i nemici, e così grande spavento mise nelle anime loro al solo mostrarsi, che dopo aver cò suoi manrovesci straziato sette turchi , cacciò tutti gli altri in fuga, o spinseli a gettarsi nel mare; senza che nessuno s'ardisse affrontarsi con lui. L' annalista Boverio ne fa sapere che frate Anselmo raccontando il suo fatto in Roma al Papa, il fece sorrider”.
L’episodio fece scalpore, quindi, al punto che anche l’allora Papa Pio V si interessò alla cosa e volle ascoltare divertito dalla stessa bocca di frate Anselmo, il racconto dei fatti. Leggo inoltre da altro contributo rinvenuto sul web “Frate Anselmo di Pietramolara, prefetto dei monaci, che si troverà su una galera di cui si erano impadroniti i turchi, presa una spada con due mani ne distenderà sette, facendo arretrare gli altri. Rimarrà illeso e andando poi a chiedere perdono al papa, sarà confortato sentendosi rispondere di essere “più degno di lode che di dispensa”.
Sono convinto, anche mancando le fonti, che frate Anselmo fosse stato il figlio cadetto di una famiglia nobile, addestrato in gioventù a maneggiare le armi, ma costretto dalla legge del maggiorascato a farsi monaco: una vicenda che richiamerebbe quella di Gertrude, la Monaca di Monza, di manzionana memoria. Un uomo di chiesa combattivo e risoluto nel difendere il proprio mondo, i valori secondo i quali era stato allevato, la sua stessa possibilità di continuare liberamente ad essere monaco. Risolutezza, spirito combattivo, animosità: caratteri da sempre presenti nella nostra comunità, ieri più che attualmente, da prendere ad esempio soprattutto oggi, tempo in cui la globalizzazione del pianeta mina dalle fondamenta l'identità occidentale.


venerdì 3 novembre 2017

CONTRANOMI

I contranomi affibbiati alle persone e alle famiglie costituiscono uno (dei tanti) caratteri distintivi del vivere in paese. E’ sempre un po’ difficile parlarne e scriverne, anche perché, essendone l’uso ancora corrente, si rischia di urtare la suscettibilità di qualcuno; ricordo ancora le polemiche che si levarono quando il carissimo e compianto Don Roberto, una trentina d’anni fa, diede alle stampe un calendario parrocchiale che riportava, appunto, un elenco di soprannomi e la loro probabile origine.
Le motivazioni che li hanno determinati sono le più svariate: si va da cose assolutamente innocue ed inoffensive, del tipo mestiere o attività esercitata (ju pittore, ju fattore,ju seggiaru, ju craparu, fuciliere, ecc.), per passare dalla provenienza da altri luoghi (ju ianese, a’ baiarda, a’ riardese), fino ad arrivare ad evidenziare il richiamo di difetti fisici e menomazioni traumatiche (ju zuoppu, ju surdu, manimuzzu), o tratti del carattere particolarmente negativi, uscendo platealmente dalla traccia del “politically correct”.
Molte volte le famiglie si sono trascinati addosso i soprannomi, o contra nomi, per generazioni e generazioni, tanto che è divenuto, a volte, difficile individuare una persona contraddistinta in tal modo, chiamandola con il vero nome e cognome, senza aggiungere quella nota distintiva da tutti conosciuta in paese. Non succede da noi, a Pietramelara, ma in qualche paese dei dintorni, il soprannome è citato persino sugli annunci funebri affissi ai muri, allo scopo di permettere di individuare con maggiore facilità a tutti chi è la persona passata a miglior vita (vedi foto di copertina).
Nel nostro dialetto dare un soprannome ad una persona, corrisponde al verbo “accacciare”, e chi viene “accacciato” in un determinato modo difficilmente può liberarsi da tale carattere distinitivo: c’è chi riesce a scherzarci sopra e chi no. In alcuni casi il contra nome viene anche femminilizzato ed allora la mogli e le figlie di Ju pittore, diventano “’e pitturesse”, così come per le “fatturesse”, le “papesse”...e così via.
Quante volte, nel passato, da giovani, o anche adesso ci siamo ritrovati a sorridere insieme di questo o quell’altro soprannome, a cercare di spiegarcene l’origine, a considerare, infine, quanto ancora sia aderente alla realtà attuale.
Fanno ridere, è vero, e suscitano in genere ironia, ma sono parte imprescindibile della nostra identità; non ci si dovrebbe scandalizzare o arrabbiare, allora sentendosi chiamati con il proprio soprannome, perché esso dovrebbe farci sentire integrati in un tessuto sociale di tipo rurale, nel quale l’ipocrisia, le metafore e il “dire per non dire” non sono mai esistiti! Ad esempio, nel tempo remoto in cui si sono generati alcuni contra nomi, nessuno mai si sarebbe sognato di definire uno zoppo “diversamente deambulante”, con il rischio di non essere compreso da nessuno, bastava ed avanzava quella semplice parolina accoppiata al nome di battesimo, sarà stata anche forte ed offensiva, ma allo stesso tempo scevra da ogni equivoco.

lunedì 23 ottobre 2017

GIUDIZIO SOSPESO

Trascorsi ormai quattro mesi dalle elezioni, torno sul tema della politica locale. Se i miei quattro lettori mi consentono auto citazioni, riporto quanto scritto domenica 4 giugno 2017, una settimana o due prima delle elezioni (cfr. CAMBIARE ROTTA: E' QUESTO IL MOMENTO https://scribacchiandoperme.blogspot.it/2017/06/cambiare-rotta-e-questo-il-momento.html)“Si cominci dalla riforma del sistema amministrativo/gestionale, con individuazione delle criticità e ricerca dei mezzi per correggerle; la raccolta dei rifiuti sia integrata dall’entrata in funzione (una buona volta) dell’ isola ecologica, che tra l’altro è costata in termini di contenzioso, migliaia di euro al comune” ed ancora “si adegui la rete idrica alle aspettative dei cittadini, specie di coloro che abitano sul borgo e/o nei piani alti delle case; si pensi a forme di sgravio fiscale per chi ancora con coraggio abita sul paese alto”.
Certo, i problemi di Pietramelara non si esauriscono solo nei due passaggi riportati ma, se limitiamo l’analisi preliminare ad essi, va detto che se da un lato si è iniziato a far sentire il fiato sul collo a funzionari molto attenti solo a prebende da parte dell’Ente, e che si deve prendere atto dall’entrata in funzione dell’isola ecologica (…trica e venga ‘bbona!), dall’altro siamo ancora indietro.
La rete idrica affetta da mille mali (fragilità estrema delle condotte, eccessiva diffusione sul territorio rispetto al corpo idrico disponibile, ecc.) risente di una mancanza assoluta di attenzione e manutenzione, tanto che, ad esempio, una perdita in via Pescara è li da mesi senza che nessuno si preoccupi di arrestarla; tutto ciò incrementa i costi di gestione e peggiora il servizio dal punto di vista quali/quantitativo, e chi ci rimette sono i soliti abitanti del borgo insieme agli occupanti dei piani più alti degli immobili.
Due recentissimi eventi la “Sagra” di fine agosto e le “Cantine del Borgo” di qualche giorno fa hanno dimostrato inequivocabilmente che il borgo di Pietramelara, coniugato con la voglia di fare di una gioventù viva e piena di iniziative, può effettivamente trasformarsi da problema in opportunità. Il richiamo esercitato dai due appuntamenti ha superato ampiamente le aspettative più rosee, pertanto è venuto il momento di favorire la rinascita del Borgo mediante l’istaurarsi di un’imprenditoria sana e coraggiosa, incoraggiata dagli sgravi fiscali ed altre forme di aiuto; le poche famiglie ancora dimoranti lassù non devono e non possono essere lasciate sole con i propri problemi: un cambio deciso di rotta, ispirato anche da coloro che in Amministrazione sono a tanto deputati, va intrapreso.
Amministrare Pietramelara, così come un altro comune di dimensione simile, è compito arduo e lo si sa; proprio per tale motivo distrazioni e/o disattenzioni non sono ammesse da parte di chi ha ricevuto ampio mandato dalla popolazione, forte di una componente giovanile di tutto rispetto.
Per il momento il giudizio è sospeso, vedremo più in la!

sabato 14 ottobre 2017

1496 - PIETRAMELARA DOPO IL SACCO

Molti conoscono, anche grazie alla celebrazione del cinque centenario avvenuta venti anni or sono, l’episodio del passato più cruento vissuto da Pietramelara e dalla sua gente: il sacco e la distruzione del 12 marzo 1496. Si sono poi succeduti altri eventi, visite guidate ed altro che hanno tenuta viva la memoria di quel giorno così triste. Al riguardo, il documento più importante è costituito da una pregevole monografia data alle stampe nel 1892, ad opera di Raffaele Alfonso Ricciardi, storico di Roccaromana, dal titolo “Pietramelara e la sua distruzione nel MCCCCXCVI”, peraltro distribuita in forma di “ristampa anastatica”, proprio in occasione del citato cinque centenario. Per avere un’idea del dramma riporto il racconto di Giacomo Gallo, cronista del tempo, secondo il quale più del 75% della popolazione fu uccisa e il resto venduta come schiavi a Napoli.
Ciò che pochi sanno o immaginano, invece, è il modo ed il tempo in cui Pietramelara è risorta come comunità. Leggendo la pregevole opera del Ricciardi vi sono due cose che mi hanno colpito, riferite alla vita di Pietramelara in tempo successivo alla distruzione.
In primo luogo: non si sa quando la comunità si riorganizzò, ad ogni buon conto il Ricciardi annota: “Mezzo secolo dopo, nel 1546, a causa della numerazione dei fuochi, la prima che esista per questo paese , i suoi abitanti non ascendevano che a appena 546 individui”. I cognomi vengono elencati e non è raro imbattersi in qualcuno ancora esistente: De Angelis, Montanaro, Peluso, La Villa , Lombardo, Regna , Riccio, Conte, Mancino, Caiazza , Bassi, Perrotta, Izzo. E’ evidente che vi furono dei sopravvissuti alla strage, o fuggiti perché avvertivano l’imminente pericolo, o perché dimoranti in campagna, oppure ancora trasferiti da altri luoghi e stabilitisi in paese.
La seconda cosa riguarda un colorito episodio: la contesa di una campana, prelevata dalla chiesa di Sant’Agostino, allora Santa Maria della Carità, ad opera dei Roccaromanesi, appena dopo la distruzione e il sacco, e posta da costoro nella chiesa dell’Annunziata, nei pressi del vecchio ospedale: un vero e proprio atto di sciacallaggio! I sopravvissuti di Pietramelara, chiesero al Re Federico d’Aragona con ripetute suppliche la restituzione della campana, ma costui non solo non volle intervenire, ma si dimostrò anche abbastanza seccato, confermando al donazione a favore dell’Annunziata di Roccaromana. Il carteggio reca date che vanno dal novembre 1496, pochi mesi dopo il sacco, al luglio 1497 e, a parere di chi scrive stanno a dimostrare il carattere combattivo della nostra gente, anche dopo aver subito una storia tanto tragica. La campana contesa va vista, a mio parere, come simbolo aggregante di una comunità che, sebbene sconfitta militarmente e decimata, sa ritrovare intorno ad essa il motivo e la ragione per guardare avanti.

martedì 3 ottobre 2017

LA TORRE E LA LUNA

Nel tardo pomeriggio di un giorno d’ inizio ottobre la torre alzò un poco la testa e vide la luna: la luce del giorno era ancora chiara e la luna nel cielo ancora azzurro aveva in volto quel colorito grigio pallido, tipico di queste situazioni, quando il sole a occidente non è ancora del tutto tramontato, e chiunque dal basso,osservando l’alto colle che sovrasta Roccaromana, le poteva scorgere tutte e due, così vicine. E sì… dovette alzare la testa la povera torre, perché per quanto alta potesse essere, era pur sempre opera dell’uomo, mentre la luna era stata creata da qualcuno “un po’ più importante”, e posta in quel punto del cielo.
Incominciarono a chiacchierare così alla buona, come due vecchie vicine di casa al balcone: “Sono qui da mille anni e più – cominciò la torre – e sapessi quante ne ho viste! Fui tirata su per ordine di un certo capo normanno di cui non ricordo il nome; in origine ero a pianta quadrata, come la mia sorella di Pietramelara, che mi sta dirimpetto, ma poi, qualche secolo dopo, in età svevo-angioina fui resa a pianta circolare, fu come aggiungermi addosso un vestito sull’altro, ma la cosa non ha generato in me alcun fastidio; ai miei piedi doveva esistere, ma se ne è persa la memoria, un piccolo borgo di boscaioli e carbonai, ma gli stenti e la solitudine hanno determinato il suo abbandono prima e la sua cancellazione poi”. “Guarda che ti passo sulla testa almeno una volta al giorno, da sempre, quindi conosco tutta la tua storia- rispose la luna- ma il tuo modo di raccontarti mi piace e mi incuriosisce, perciò continua…”.
“Mah, che ti posso dire- riprese la torre- come il piccolo borgo che dominavo, anch’fui abbandonata in tempi molto antichi e quell’abbandono è poi degenerato in rovina, ma la famiglia di un eremita che curava questa cappellina, qui accanto,mi ha tenuto compagnia fino all’ultima guerra, c’erano bambini, galline, qualche capra e si respirava, nella miseria, aria di vita serena e gioiosa; purtroppo si allontanarono in seguito ad un bombardamento che distrusse quasi del tutto la cappellina e provocò danni e ferite anche a me! Da allora ho dormito sempre più sola e la solitudine non faceva altro che aggravare il mio stato: il bosco, riprendendosi ciò che da sempre era stato suo, mi aveva ormai del tutto avvinghiata nelle sue spire e le radici avevano finito per intrufolarsi in ogni muro e parete”. La luna si rabbuiò in volto all’udire un racconto tanto drammatico, ma la torre la rassicurò “…non ti crucciare, come vedi da qualche anno a questa parte una nuova sensibilità ha caratterizzato Roccaromana e chi l’ha amministrata, e ciò ha permesso di restituirmi dignità, se non splendore antico; si comincia già a vedere qualche visitatore nelle aperture domenicali e spero che con il tempo siano sempre di più i turisti e i curiosi interessati a me”.
La notte era ormai calata sulle due e la Luna salutò la sua amica per riprendere la sua orbita, dandole appuntamento alla sera dopo. (le ho viste ieri stasera, sul tardi, in una delle mie passeggiate in campagna, ndr)

sabato 9 settembre 2017

LE HO COMPRATE DA DECATHLON

Passare un giorno con gli amici per vivere una piccola avventura è una di quelle cose che ti riconcilia con la vita. Stamattina ascensione alla cima del Monte Maggiore, Pizzo San Salvatore, quota metri 1037 slm, ma non è di questo che vi voglio parlare, e neppure delle tante cose belle ed emozionanti, viste e vissute lungo il cammino, reso faticoso dalle asperità, dal dislivello da colmare e dagli anni che cominciano a farsi sentire. Cinque ore filate a camminare, discutere, ridere, osservare, non essere quasi mai d’accordo su nulla. Tuttavia un piacere intenso che porterò nel cuore ancora per tanto tempo: aver trascorso questo tempo con loro mi ha ritemprato di una settimana faticosa, conclusasi ieri, venerdì nel tardo pomeriggio; poi il viaggio in treno con gli annessi e le peripezie del caso.
Della passeggiata in montagna vi dicevo: ero titubante sul parteciparvi, e mi sono convinto solo dietro insistenza, tuttavia devo dire di essere grato a chi queste insistenze le ha fatte, perché oggi, a parte un poco di stanchezza fisica, mi sento veramente ritemprato nello spirito. Chi, tra i miei quattro lettori ne volesse sapere di più troverà immagini e qualche video su fb.
La nota di colore più intensa e che più delle altre ha suscitato ilarità nel gruppo è stata sicuramente lo scollamento progressivo, dapprima solo accennato, e via via sempre più grave della suola delle scarpe da trekking di uno di noi. Dovete sapere che, giunti nella vasta piana denominata “ i sugli ‘a tocca”, una delle suole era appena staccata in punta, invece a poche centinaia di metri dalla cima, la suola penzolava del tutto (come da foto di copertina), rimanendo attaccata solo dalla parte del tacco; sapevo della possibilità di trovare qualche filo atto a riparare alla meglio la scarpa, perciò ho rassicurato il mio compagno di cammino “stringi i denti che arrivati in cima, la sistemiamo”… e così è stato, con uno spezzone di filo elettrico e un coltello sono riuscito ad accomodare l’imprevisto. Inutile parlarvi dell’ironia e dello sfottò a cui il poveretto è stato sottoposto da parte di tutto il gruppo, il nostro per difendersi poteva solo continuar a ripetere: “sono scarpe ottime, le ho comprate da Decathlon”, non voleva proprio rassegnarsi all’idea che con quelle suole aveva “preso una sòla”; l’evidenza inoltre lo ha contraddetto nel modo più plateale, perché poco dopo aver preso la via del ritorno si è staccata (stavolta completamente) l’altra suola, mentre quella riaccomodata resisteva (ancora per poco), infatti altri due o trecento metri dopo, si è staccata completamente anche la suola riparata alla meglio dal sottoscritto: il mio compagno di viaggio, di cui per discrezione non rivelo il nome, ha dovuto quindi coprire la quasi intera distanza del ritorno praticamente scalzo, continuando imperterrito però a ripetere “le scarpe sono buone, le ho comprate da Decathlon”.
Alla fine anche i miei piedi (stavolta non le scarpe) cominciavano a dare segni di cedimento ma, provvidenziale quanto non mai, si è parata davanti a noi l’auto che doveva ricondurci in paese, parcheggiata nei pressi della località Fosse della Neve.

lunedì 4 settembre 2017

SAGRA 2017.ANALISI DI UN EVENTO

A una settimana di distanza dalla conclusione, vi sembra un esercizio facile quello del tirare le somme della Sagra al Borgo 2017? Tutt’altro! A giudicare comunque dall’ apprezzamento generale, dagli incoraggiamenti a continuare sul solco tracciato, dai consistenti flussi di visitatori, di cui alcuni giunti da località molto distanti, sembra che tutto sia andato benone. Dico “sembra”, perché qualche critica è pervenuta, via web o così, detta in faccia.
Sia chiaro:il giudizio mio, insieme a quello di coloro che con me hanno condiviso quest’avventura, non è probante, in quanto parti in causa. Ad ogni modo lo sforzo organizzativo è stato veramente enorme, esso ha coinvolto giovani, persone mature, a volte intere famiglie; sono stati utilizzati e trasformati quintali di farina, centinaia di uova, carne saucciciara da sfamare un reggimento, ettolitri di vino e via dicendo. Per non parlare del sudore versato e della fatica fatta!
In nome della trasparenza, per la fornitura della carne è stata inviata una “manifestazione di interesse” a tre macellerie locali, con l’invito a far pervenire l’offerta in busta chiusa.L’apertura delle buste è stata pubblica, e la merce è stata fornita dalla ditta il cui prezzo e le cui condizioni sono risultate più vantaggiose. L’allestimento ha coinvolto il volontariato confluito intorno alla Pro Loco, lodevoli ragazzi animati da una lodevolissima motivazione, insieme a due o tre ditte locali specializzate in servizi di varia natura.
Veniamo alle critiche: la prima e più forte riguardava la natura contadina della sagra; effettivamente si è giocato un poco sulla terminologia, perché più che di una sagra contadina, nelle intenzioni si è trattato di una sagra rurale; su questa differenza ho avuto modo di intrattenermi nel corso del convegno inaugurale, tenutosi al Teatrino “degli Archi” il giorno 24 agosto scorso, la sfumatura non è di poco conto. Il valore della ruralità, ancora presente in vasti strati della popolazione pietramelarese, fonda le sue radici nel millenario borgo, alla cui valorizzazione e riscoperta tende la sagra; tale valore abbraccia i rapporti di vicinato, gli usi, i costumi, le attività economiche, ivi comprese quelle agricole. Pertanto una sagra esclusivamente contadina avrebbe coinvolto solo uno degli aspetti della ruralità, ma non tutti, ed avrebbe automaticamente escluso il borgo, da sempre location naturale e storica della sagra.
Seconda critica: l’organizzazione.Penso di aver in parte già risposto ad essa nella premessa di questo pezzo, comunque un evento così complesso può comportare qualche stonatura e/o imperfezione, ci sta! Si tratta della prima sagra al borgo organizzata da questa pro loco (nata solo qualche mese fa) ed è già in corso un’autoanalisi ed un’autocritica interna che, per l’anno prossimo dovrebbe eliminare tali stonature, con umiltà chiediamo scusa per esse. Va detto tuttavia che alcune criticità, tipo carenza di posti a sedere non potranno mai essere rimosse, a causa della carenza di spazio, che d’altro canto costituisce una delle peculiarità più suggestive del nostro borgo.
Terza critica: l’uso del dialetto. Esso rappresenta uno dei modi più autentici di riaffermare la nostra identità, è stato da sempre il mezzo di comunicazione più usato, ed il fatto che giovani e giovanissime ne conservino l’uso non può che farci piacere; lasciatemelo dire in questo punto (per me) la polemica si è fatta pretestuosa!

sabato 26 agosto 2017

PENSO CHE BASTI!

Collaborare per un evento costa fatica, fisica e mentale: è cosa risaputa! Collaborare a Pietramelara con la Pro Loco,per un evento denominato Sagra al Borgo, invece no, comporta solamente una sorta di distruzione pressoché totale delle energie, fisiche e mentali; alla fine una di queste ultime tre giornate, dedicate a salire e scendere per i vicoli del borgo, non ho contato quante volte al giorno, dalla mattina alle otto fino a mezzanotte inoltrata, una doccia quasi già dormendo per la stanchezza e poi via, a letto.
Un’esperienza fatta di fatica intensa: anche un semplice fardello d’acqua va portato su a mano o a spalla, dal punto raggiungibile in auto sino al punto più alto del borgo; tutto è più difficile, faticoso e complicato! Un’esperienza da vivere, tuttavia, in prima persona per capire veramente di cosa si tratta. Bellissima ed elettrizzante, il contatto con tante persone giovani e meno giovani, lo spirito goliardico, il senso di gratitudine che traspare dai volti dei pochi pietramelaresi rimasti li ad abitare, ti ripagano da ogni fatica, anche con gli interessi.
E’ stata una tre giorni cominciata giovedì mattina, con l’organizzazione del convegno inaugurale, al teatrino degli archi, a seguire ieri venerdì e oggi sabato, tutti vissuti di un fiato: le cucine da pulire ed allestire, i punti del "percorso del gusto" da rendere vivibili ed adatti ad una degustazione guidata, gli espositori da accogliere, il tutto in una quasi contemporaneità da togliere il fiato. Alla fine però, con qualche ora di anticipo rispetto all’inizio dell’evento tutto è già pronto, in modo da offrire alle tante (si spera) persone che vorranno vivere la sagra, uno spettacolo in grado di soddisfare le aspettative anche dei più esigenti.
Cosa porterò con me? …prima di tutto il piacere di aver lavorato intensamente a contatto con persone che non conoscevo e che non mi conoscevano, rivelatisi dei grandi compagni di viaggio, pronti a sostenerti anche quando ciò che si richiedeva loro non era del tutto comprensibile, come dire: lo faccio proprio perché me lo stai dicendo tu…anche se la cosa non mi convince affatto! La soddisfazione, inoltre, di aver fatto qualcosa per il mio paese, e che in questo qualcosa sono racchiusi valori per cui si è spesa una vita intera.
Penso che basti!

mercoledì 23 agosto 2017

SOPRA LA POLEMICA

Il signor Lino Martone, che si professa meridionalista/gramsciano ha dato il “la” ad una lunga ed articolata polemica sul Forum Pietramelara, tra lo stesso e un nutrito gruppo di iscritti al forum di tendenza meridionalista/filo borbonica, riguardo al contenuto delle lapidi a corredo di un monumento a ricordo degli scontri, avvenuti tra Pietramelara e Roccaromana, tra garibaldini e soldati borbonici, ai tempi della riunificazione italiana, precisamente il 19 settembre 1860.
Il monumento, sorto sulla rotonda all’incrocio murro/croci/cinque vie, è stato realizzato negli ultimi giorni dell’amministrazione Leonardo a Pietramelara, rappresentandone una sorta di “canto del cigno” (vedi foto... evidentemente un cigno stonato, mah!).
Facezie a parte, mi si consenta di dire anch’io la mia opinione al riguardo: sono anch’io un convinto meridionalista, e pertanto conscio di quante negatività abbia causato la tanto celebrata unità d’Italia al meridione, basti pensare che a distanza di più di un secolo e mezzo la cosiddetta “questione meridionale” è ancora di scottante attualità. Il brigantaggio è stato solo un segno, forse il più tangibile, degli squilibri sociali determinatisi. Leopoldo Franchetti, esponente toscano della destra, tutt’altro che filomeridionale, nel 1875 scrisse: “Il genere di vita dei contadini è tale, che farsi brigante è un miglioramento, piuttosto che un peggioramento nella loro condizione”. Per reprimere il brigantaggio vennero commessi crimini orrendi, vedi le stragi di Pontelandolfo e Casalduni, a pochi passi da casa nostra, che per la ferocia fanno impallidire persino le rappresaglie naziste dell’ultimo conflitto mondiale, e i cui autori continuano ad essere celebrati come “eroi della patria”.
Carmine Crocco, Nico Nanco, Michelina De Cesare, ritenuti comuni criminali fino a ieri, cominciano (a ragione) ad essere rivalutati come difensori dell’identità meridionale fino all’estremo sacrificio
Non condivido tuttavia due cose fra quelle dette sul Forum: in primo luogo la nostalgia filo borbonica, e poi il modo di vedere la figura di Garibaldi. Andiamo con ordine: la dinastia borbonica sul trono di Napoli, iniziò con Carlo III, fu un periodo veramente felice e volto al progresso, anche per la saggia regia e l’influenza esercitata da uomini del calibro di Bernardo Tanucci; una volta che Carlo lasciò Napoli per la Spagna, i suoi successori non diedero prova di se altrettanto positiva, e sono convinto che gran parte della responsabilità per la dissoluzione del regno del sud, che durava da oltre cinque secoli, sia connessa alla loro condotta tentennante ed ondivaga, combattuta fra il progressismo di regine centroeuropee e il bigottismo diffuso nella corte.
Garibaldi, poi, lungi dall’essere il mercenario assetato di ricchezze, come detto nel Forum da qualcuno (l’esilio a Caprera ne è la più evidente prova) è stato, a parere di chi scrive, piuttosto un ingenuo idealista, strumentalizzato dall’ambizione di Cavour e di chiunque altro interessato a depredare il sud.Nel 1880, due anni prima di morire, evidentemente deluso dal come erano andate le cose dopo l’unità, ebbe a dire: “Tutt’altra Italia io sognavo nella mia vita, non questa miserabile all’interno e umiliata all’estero e in preda alla parte peggiore della nazione”.
I fatti della storia vanno analizzati alla luce dei documenti, altrimenti anche ciò che si scrive su un Forum appare un modo come un altro di ricercare visibilità e/o seguire una moda del momento.

mercoledì 16 agosto 2017

LA RIFFA

Chi non ha conosciuto la Pietramelara “che fu” forse non sa che, all’interno delle feste di piazza, accanto ai riti religiosi, ai soliti concertini, con cantanti più o meno alla moda, ed alle bande musicali, vi erano anche degli aspetti secondari non meno pittoreschi e degni di essere ricordati. A volte, come nel caso della tradizione che vado a descrivervi, lo scorrere del tempo ha eliminato del tutto o quasi questo genere di cose: esse continuano, tuttavia, a sopravvivere nelle memoria di quelli come me.
A San Rocco, a Sant’Antonio, a San Pasquale, o nella festa della Madonna a San Giovanni, si teneva la “riffa”: non era una lotteria, come comunemente si è portati a pensare, ma si trattava, in sostanza, di un’asta contadina, che serviva a tramutare in danaro le offerte ricevute “in natura” dai “mastri di festa” (oggi comitato). Costoro, quando facevano il giro delle masserie, un tempo numerose, raramente ricevevano offerte “in contanti”, ma la brava gente che vi abitava e lavorava era solita offrire per la festa pollame vivo, uova, formaggi e salumi, ecc. Il momento della riffa, molto seguito, era in genere immediatamente successivo il rientro della processione del santo: si allestiva un rudimentale podio (a volte una semplice sedia o una cassetta di legno), il banditore vi saliva e con la sua voce possente cercava di imbonire la folla per piazzare la merce che era stata offerta. Niente a che vedere con Sotheby’s e Christie’s, famose case d’asta anglosassoni, per carità! Nessun martelletto di legno battuto al momento dell’aggiudicazione, anzi…i modi del banditore erano spicci, e la lingua utilizzata solo il pietramelarese stretto; non di rado si poteva assistere a qualche divertente “siparietto” generato da un avventore che non condivideva del tutto l’operato e la correttezza del banditore, oppure anche a qualche scherzoso scambio di battute: la riffa destava interesse anche da parte di chi non era interessato ad acquistare nulla, proprio per queste particolari situazioni che frequentemente si generavano.
I banditori erano locali: quelli che ricordo io, brava gente del posto, dotata di voce forte e chiara e di una certa furbizia, che cercava di sbarcare il lunario lavorando in campagna o come manovale edile e che, aveva trovato il modo di arrotondare i magri guadagni, prestandosi per tale impegno nei giorni delle feste; il compenso? … una “mazzetta” di poche migliaia di lire che, se la riffa andava particolarmente bene, poteva anche essere incrementata, oppure anche nulla per devozione al santo che si festeggiava. Un’arte particolare, quella del banditore di paese, che consisteva soprattutto nell’accendere l’interesse dei presenti nei confronti delle povere cose “arriffate”. Se costui si accorgeva che qualcuno che si stava avvicinando poteva eventualmente essere interessato ai beni “arriffati” , prendeva tempo, prima di aggiudicare frettolosamente un “lotto”, fatto per esempio da un paio di gallinelle e/o un pollastro; ed allora le rituali sequenze che precedevano l’aggiudicazione “una, roi e ttrè” (Trad.:uno, due e tre) diventavano “una, roi…una, roi… una, roi” ripetute un numero indefinito di volte, prima di arrivare al fatidico “ …e ttrè” . Le ultime riffe che ricordo risalgono alla fine degli anni settanta dello scorso secolo; in seguito, un po’ perché le offerte “in natura” non si ricevevano più, un po’ per il diminuito interesse generale, o ancora perché non si trovavano più persone disposte a fare da banditore, esse sono ineluttabilmente passate nel dimenticatoio.
Roba povera quella che si “arriffava”, merce di poco conto, forse anche per questo motivo per deridere qualcuno di spessore umano molto ridotto o dall’aspetto curioso, nel nostro dialetto è entrato in uso l’invito scherzoso che gli si rivolgeva: “vatt’ a arriffà” (Trad.: vatti a far vendere all’asta [perché vali veramente poco]) . Nel nostro linguaggio comune, inoltre, stavolta in italiano, la riffa richiama alla mente una locuzione, un modo di dire di uso corrente: “di riffa o di raffa”. Quante volte vi sarà capitato di dire o di sentir dire: “di riffa o di raffa, hai ottenuto ciò che volevi”, che significa: lo scopo è stato raggiunto in un modo o nell'altro, comunque sia. E’ straordinario, infatti, come queste cose, ritenute dai più come secondarie e poco degne di nota o di ricordo, abbiano potuto incidere a tal punto sul nostro modo di essere e di comunicare, fino ad indurre delle vere e proprie forme di linguaggio!

venerdì 28 luglio 2017

UNA CREATURA MATURA

E’ una creatura matura il mio “Scribacchiando”: ha varcato da tempo il traguardo dei 200.000 accessi, i feedback sono generalmente positivi, la censura ha provato in modo maldestro a farlo tacere (ottenendo il risultato opposto), viene letto in paesi lontani, a volte remoti a tal punto da non conoscerne neppure l’esatta ubicazione sul globo terrestre. Sono rimasto piacevolmente colpito sere fa, quando nel corso di una pubblica assemblea una giovane signora mi ha additato come custode e comunicatore delle tradizioni e dell’identità comune di Pietramelara, proprio grazie al mio blog; le sono grato per tale attestazione verbale e rinnovo i miei ringraziamenti anche per via telematica. Dovrei essere contento ed appagato … niente affatto! L’accresciuta visibilità acuisce il senso di responsabilità di chi, alla tastiera, scrive per Pietramelara e i pietramelaresi; pertanto sono alla costante ricerca di mezzi per migliorare il blog e farlo conoscere sempre a più persone, soprattutto fuori dai confini territoriali di questo comune, e tale bisogno accresce in me l’ansia. Qualcuno mi ha suggerito, visto il successo e la vasta visibilità, di aprire spazi pubblicitari tra le pagine del blog ma, sinceramente, prima di tutto non ritengo sia cosa per me, e poi ciò potrebbe anche costituire un eventuale condizionamento nelle tematiche da trattare e nel modo di trattarle, pertanto l’ipotesi è stata scartata senza ripensamenti. Scribacchio per me e non certo per danaro!
Parlare di Pietramelara, della sua gente, del dialetto e delle tradizioni, riportare l’aneddotica popolare tramandata dalla tradizione orale: è stato questo il gruppo di argomenti trattati per molto tempo quasi in eslusiva; tuttavia oggi le cose sono un po’ cambiate, la nostalgia è una leva su cui appoggiarsi con moderazione, pertanto le tematiche, anche non tralasciando il gruppo originario si sono arricchite di argomenti più attuali quali, ad esempio, la politica locale. Le elezioni dello scorso giugno hanno costituito la materia per una serie di articoli, la cui gestazione si è rivelata lunga e laboriosa, a causa del mio essere “terzo” rispetto ad ambedue le liste che si contendevano la gestione del nostro comune. Mi sembra, ed aspetto eventuale conferma da parte dei miei quattro lettori, di essere riuscito a non far trasparire faziosità e/o partigianeria per chicchessia.
La scrittura è il modo di esprimermi che preferisco, la scrittura è chiara e non da luogo ad equivoci: scripta manent … dicevano i nostri progenitori latini. L’espressione orale è per sua natura più mutevole nell’interpretazione.

domenica 16 luglio 2017

MEGLIO TARDI CHE MAI

Ritorno proprio adesso da un giro in moto sulla nostra strada panoramica che porta fino a Rocchetta e Croce, che dire? ... la giornata tersa e l’atmosfera liberata dall’umidità dei giorni scorsi, insieme al verde intenso offrivano agli occhi scorci ed immagini di singolare bellezza e suggestione. Tuttavia non posso esimermi dal riportare che ho dovuto constatare anche uno stato di abbandono abbastanza generalizzato! Spine e rovi che avevano già occupato parte della carreggiata e, soprattutto, rifiuti di ogni tipo lasciati qua e la. Residui di picnic, del tipo piatti sporchi e bottiglie in vetro, che chissà quando saranno prelevati e portati via, ma soprattutto materassi e ingombranti . Mancavo da mesi, forse anni, in quei luoghi, che un tempo mi sono stati familiari per ragioni professionali e per passione, e non ho potuto far altro che provare una sensazione di rammarico alla vista di simili brutture.
Il problema delineato non si esaurisce nella responsabilità delle istituzioni coinvolte, esso è generato anche dal malcostume e la scarsa sensibilità per le problematiche ambientali delle popolazioni residenti e dei turisti. Cambiare la mentalità di interi strati della popolazione a volte si rivela utopistico e frustrante, tuttavia ritengo che una campagna di sensibilizzazione progettata e portata avanti in tal senso non guasterebbe affatto. Il problema dei materassi e degli ingombranti in genere mette in risalto la necessità impellente, se non l’urgenza di aprire al pubblico la cosiddetta “isola ecologica”, infrastruttura di somma importanza realizzata ormai da circa un decennio, ma mai entrata in funzione, non si sa per quale arcano mistero. Chi si è assunto della forte responsabilità della guida del paese e della comunità che lo abita deve farsi carico della questione, non si può ancora “tenere la testa sotto la sabbia”, l’opera è stata svilita e attualmente funge solo da rimessa per gli automezzi destinati alla raccolta dei rifiuti. La situazione sulla panoramica, come in tutto il resto del territorio comunale non consente affatto tentennamenti e morosità varie; se poi c’è qualche problema, qualche causa ostativa che non conosciamo, allora si esca allo scoperto, e una buona volta, in un pubblico “outing” si comunichi dove risiede il motivo che impedisce ai Pietramelaresi di liberarsi in modo lecito ed ecologicamente corretto di tutto quanto ha fatto parte della loro casa ed ha esaurito il proprio ciclo economico.
Sappiatelo pubblici amministratori, può sembrare banale, ma è meglio risolvere un problema tardi che non farlo mai!

martedì 11 luglio 2017

UNA STAGIONE DELLO SPIRITO

Che cos’è la politica, se non una stagione dello spirito? Essa ti coinvolge e ti appassiona e, rafforzata dall’amore profondo che si nutre per i luoghi natii, comporta che in un determinato momento della vita si partecipi in maniera più o meno diretta a sezioni di partito (quando esistevano), gruppi, movimenti e liste. Tale coinvolgimento solo raramente è indolore, anzi… quanto maggiore è la passione che si profonde, a volte maggiori sono le delusioni che ne derivano. Una stagione dello spirito, dicevo e, come tutte le stagioni, essa ha un inizio e una fine. Si conoscono amici, si entra nella casa delle persone, apprendendone miserie e virtù, non di rado qualche amicizia si scioglie a causa di comportamenti scorretti. Arriva poi un determinato momento in cui, vissute le esperienze, assaporata l’euforia dei momenti di visibilità, conosciuta l’amarezza della sconfitta, si mette il punto. Ciò non coincide nettamente con il disinteresse ed il menefreghismo, piuttosto direi con un’attenuazione del coinvolgimento ed il passaggio a modi diversi di lavorare per il paese e la comunità che lo abita.
Il preambolo di cui sopra è estensibile anche a coloro che vivono dall’esterno le situazioni, parteggiando a volte con fare da “ultras supertifoso” per una delle liste che prendono parte alla competizione; la loro funzione è fisiologica, a volte utile, certamente aggiunge note di colore al clima preelettorale, tuttavia va detto che anche per loro vige l’estrema opportunità di un inizio e di un termine per le claques ai comizi, per gli accesi duelli postati sui social network, per le animosità in genere. Tale considerazione mi è venuta naturale e spontanea, apprendendo di incresciosi ed attuali fatti che vedono oggi, a distanza di circa un mese dalle elezioni comunali, ancora fronteggiarsi, a volte con modi spicci, uomini e donne schierati a suo tempo in opposte fazioni. Signori, le elezioni sono terminate da un pezzo, è ora di smetterla, di ritornare a curare l’interesse proprio e quello generale. Pietramelara ha bisogno dell’impegno di ognuno di noi: “o ci salviamo tutti, o non si salva nessuno!”

martedì 27 giugno 2017

SAGRA AL BORGO: - 60 GIORNI

Mancano appena sessanta giorni al consueto appuntamento che da più di quarant’anni coinvolge una parte del nostro territorio, il borgo, e un gran numero di persone: parlo della Sagra al Borgo, ennesima edizione; chi dice che sono quaranta gli anni, chi più, non ha importanza!
La rinnovata Pro Loco Pietramelara, si prepara all’appuntamento con forti ambizioni, di queste la maggiore: dare un’impronta innovativa all’evento. In seno al consiglio direttivo dell’associazione ci si vede con cadenza settimanale nella sede di Piazza Sant’Agostino ma, vista l’imminenza, ritengo sia il caso di intensificare gli appuntamenti e le riunioni. Quali le innovazioni sul piatto? Prima di tutto una maggiore aderenza delle Sagra alle finalità per le quali vide la luce negli ormai lontani (ahimè) anni 70: essa deve essere e rimanere un’occasione, un’opportunità di rilancio e valorizzazione per il nostro Borgo. Bisogna farlo conoscere, rivelarne i segreti che cela, riuscire a comunicare a chi lo visiterà l’armonia che vi si respira. Nella settimana che va dal 20 al 27 agosto prossimo, il borgo dovrà essere un formicaio brulicante di donne, di uomini, di attrezzature per accogliere il gran numero di visitatori che la Pro Loco attende, visto anche lo sforzo promozionale messo in campo: i media saranno tutti utilizzati, nessuno escluso. A metà settimana, presumibilmente il giorno 24 agosto, un incontro che avrà il doppio ruolo di conferenza stampa di presentazione e dibattito sul come si evolverà in futuro il modello della Sagra.
L’ amministrazione civica appena insediata, si spera, aderirà in pieno al progetto in corso di elaborazione, in termini di collaborazione istituzionale e di risorse profuse allo scopo. Bisognerà conferire alle stradine ed agli angiporti un aspetto decoroso, l’iter delle autorizzazioni necessarie dovrà essere sveltito e semplificato e, non ultimo, il comune dovrà intervenire con una congrua sponsorizzazione. La Pro Loco ed il Comune, a Pietramelara ed altrove, sono istituzioni parallele e paritetiche, dotate di pari dignità, che concorrono al raggiungimento di obiettivi di somma importanza quali la lotta allo spopolamento, la salvaguardia e la valorizzazione del territorio; vanno pertanto amplificati gli sforzi tesi alle sinergie istituzionali e al partenariato.
La “road map” per giungere, fra esatti sessanta giorni, preparati al consueto appuntamento con la Sagra al Borgo è la seguente: innovazione nel rispetto della tradizione contadina sette/ottocentesca, eliminazione dell’anacronistica sovrastruttura medioevale, dislocazione ottimale delle cucine, degli espositori e degli stand gastronomici, in modo da non creare eccessi di traffico pedonale in alcuni punti e zone assolutamente non frequentate altrove. L’ allestimento di un “percorso del gusto” che comunichi non solo l’esistenza di tipicità enogastronomiche di elevata qualità, ma anche il modo di apprezzarne le caratteristiche peculiari, sarà un’altra delle innovazioni presenti: assaggiatori specializzati di oli e.v.o., vini, formaggi e mieli locali, nel corso di brevi comunicazioni porgeranno le tecniche di degustazione di tali prelibatezze.
A fine agosto, quindi, e che sia questo un degno saluto all’estate che sarà allora per terminare.

lunedì 19 giugno 2017

NOTA BREVE

La nuova amministrazione, appena insediatasi nel nostro municipio di cosa ha bisogno? Soprattutto, direi, di un nuovo clima di coesione sociale: la campagna elettorale, appena trascorsa, è stata caratterizzata da punte di accesa polemica ed acredine incrociata. Fisiologico? … senz’altro! Si vabbè, ma adesso basta. La vittoria è stata netta, Pietramelara ha bisogno di mille cose ed allora è il tempo di mettersi al lavoro. Una coesione ottimale e ritrovata, permetterebbe di affrontare ogni problema con maggiore concentrazione e, se ci sono stati errori nel passato, la loro risoluzione sarebbe facilitata, e di molto.
Non capisco in tale chiave lo scomposto attacco personale (non politico) all’ indirizzo di Andrea de Ponte, rintuzzato peraltro da mille testimonianze di solidarietà. Si tratta solo di illazioni, peraltro non suffragate neppure da vaghi indizi.
Chi vince deve comportarsi da vincitore, manifestare la propria gioia per aver saputo trovare consenso diffuso nell’elettorato; il veleno che leggo in questi momenti è tipico di chi perde, e non giova a nessuno.
Per quanto mi riguarda, nella convinzione assoluta della necessità di un miglioramento del clima, metto a disposizione la mia persona, le pagine di questo blog scribacchiato e la mia modesta inclinazione alla scrittura per contribuire al conseguimento di tali obiettivi.

martedì 13 giugno 2017

NESSUNA CAMBIALE IN BIANCO

Vediamo allora di capire cosa è successo: serpeggiava nell’aria la vittoria della lista n. 2, tuttavia ambedue i gruppi un po’ per scaramanzia gli uni, un po’ per ovvi motivi gli altri, preferivano non parlarne. La cosa circolava solo fra di noi, i cosiddetti “outsiders”: i rumors che si udivano e le sensazioni indotte da decenni di politica vissuta, lasciavano presagire sul come sarebbero finite le cose; quello che, in tutta sincerità, non ci si aspettava era la nettezza del risultato. Ben 243 voti di differenza in termini assoluti e circa il 7,4% in percentuale, indicano che qualcosa non sia andato per il verso giusto, che qualche errore sia stato commesso da parte di chi ha subito una sconfitta così pesante. Nessuno dei candidati ha varcato la fatidica soglia dei 300 suffragi, cosa avvenuta invece la scorsa tornata; il sindaco uscente e altri candidati “per la maggiore” si sono avvicinati alle 250 preferenze, assorbendo una quota di voti prossima al sette per cento: un voto diffuso fra i 26 candidati, che hanno fatto tutti la loro parte, soprattutto nel “porta a porta”. Il ridotto ammontare di schede bianche e nulle, meno di cento in totale, insieme alla riconferma dei circa 3300 voti espressi, come avviene da tempo, indicano che l’elettorato già legato ad Andrea de Ponte, ha comunque voluto esprimersi, libero da qualsivoglia condizionamento. Va dato, infine, atto a Guido Borzacchiello, segretario locale del Partito Democratico di aver saputo coagulare intorno a sé tutte le energie elettorali di cui disponeva: partito, famiglia e amicizie gli hanno consentito, nella sconfitta, di ben figurare.
Volendo analizzare le cause della caduta di Masella & c., ci si rende conto che, a parere di chi scrive, l’errore fondamentale del buon Fernando, amico di sempre a cui rinnovo l’affetto e la stima, è stato quello di presentarsi all’elettorato senza dare alcun segno di discontinuità con il passato: la composizione della lista e le cose dette nel corso dei comizi suonavano pressoché così: ”siamo stati molto bravi, lo siamo stati tutti indistintamente, lo siamo stati per un decennio, quindi voialtri non potete fare altro che votarci”… e questo non è stato accettato. Naturalmente a tale errore di impostazione, di natura strategica, se ne sono aggiunti altri di natura tattica, che non siamo qui ad elencare. Come già anticipato in altre note su questo blog del periodo pre-voto, quindi, è mancato il coraggio e la responsabilità di rinnovarsi: non è “senno di poi” il mio, ma semplice e freddo ragionamento. Al contrario chi ha vinto, anche se recava un pesante fardello sulle spalle, ha saputo comunicare un’immagine fresca ed innovativa, facendone così la carta vincente della campagna elettorale appena trascorsa. Non ritengo abbiano avuto effetti sensibili sul risultato le reciproche accuse ed illazioni: se qualche ultras le ha recepite in un gruppo, ciò è stato controbilanciato dal comportamento in cabina di altrettanti ultras nell’altro gruppo: “effetto zero” quindi, potevano risparmiarselo entrambi! Analogamente, anche certo giornalismo “ad orologeria” non ha influenzato più di tanto gli orientamenti degli elettori.
Ma parliamo ora di futuro, che è quanto ci interessa di più. La nuova compagine amministrativa deve mettersi immediatamente al lavoro, facendo tesoro delle notevoli professionalità presenti nel gruppo, i problemi da risolvere sono tanti e ne abbiamo già parlato. Il neoeletto sindaco deve aver molto rispetto dei propri compagni di cordata, risorse preziose da adoperare in un processo di riforme a 360 gradi. Gli eletti in opposizione dovranno essere, dal canto loro, vigili e preparati, allo scopo di mettere in atto un “gioco delle parti” leale e propositivo, ma senza alcuna intenzione di concedere sconti alla controparte. Dal canto mio, mi aspetto molto, anche se non sono disposto a concedere “cambiali in bianco” a nessuno. L’ampia visibilità concessa a questo blog mi permetterà di segnalare eventuali deviazioni dalla rotta che l’elettorato ha preteso, quasi imposto, con un voto chiaro e netto.

domenica 4 giugno 2017

CAMBIARE ROTTA: E' QUESTO IL MOMENTO

Vivo con grande serenità questo periodo pre elezioni. Mancano solo pochi giorni all’apertura dei seggi, e devo constatare che dopo ben un quindicennio di impegno diretto, vivere la campagna elettorale da esterno conferisce tranquillità e, naturalmente, amplifica le capacità di giudizio. Fino ad oggi se si prescinde da qualche approccio sullo scherzoso, nessuno candidati mi ha avvicinato per chiedere per se il mio voto: ne do atto a loro e considero la cosa una forma di rispetto per la mia persona.
Non ho seguito per scelta nessuno dei due comizi che sino ad oggi si sono tenuti, pertanto non esprimo giudizi di sorta sui contenuti e sull’oratoria di coloro che sono intervenuti all’interno di essi. Mi riferiscono di alcune “cadute di stile”, ma se è vero che ci sono state, che vi è incorso se ne assumerà la responsabilità.
Non vorrei ripetermi circa lo scarso entusiasmo che nutro sia verso un eventuale vittoria di una lista sia dell’altra. Comunque alcune considerazioni vanno fatte.
Chiunque uscirà vincitore dal confronto dovrà prendere le redini di un paese allo sbando, con la consapevolezza che parte di tale sbando sarà dipeso anche dalla propria responsabilità, avendo amministrato comunque il comune per ben due mandati consecutivi. Si impone un cambio di rotta: Pietramelara e la sua gente dovranno tornare ad essere oggetto di miglioramento delle condizioni di vita.
Cose normali, a volte a “costo zero”, questo si aspetta l’elettorato. Si cominci dalla riforma del sistema amministrativo/gestionale, con individuazione delle criticità e ricerca dei mezzi per correggerle; la raccolta dei rifiuti sia integrata dall’entrata in funzione (una buona volta) dell’ isola ecologica, che tra l’altro è costata in termini di contenzioso, migliaia di euro al comune e che permetterebbe di smaltire televisori, lavatrici e frigoriferi senza lasciarli furtivamente nei fossi; siamo ormai in estate e pertanto si adegui la rete idrica alle aspettative dei cittadini, specie di coloro che abitano sul borgo e/o nei piani alti delle case; si pensi a forme di sgravio fiscale per chi ancora con coraggio abita sul paese alto, contribuendo a conservare un bene comune che tutti ci invidiano, si arrivi ad incentivare attività economiche proprio sul borgo nelle forme più consone a tale luogo.
Di idee fresche e di semplice realizzazione ce ne sarebbero tante altre, ma lasciamo anche a chi vincerà le imminenti elezioni l’opportunità di dimostrare che ha compreso appieno che è il momento di cambiare rotta.

giovedì 1 giugno 2017

IL DUBBIO DI CARLO

Carlo, mio amico, in un post su fb breve ma efficace si esprime così: “40 anni fa la mia casa sul borgo aveva un valore,adesso vale ben poco e come la mia anche tutte le altre abitazioni hanno perso valore, chi dobbiamo ringraziare per il regresso che ha subito il paese alto ?” e, così scrivendo, mi fornisce un eccezionale assist per fare delle considerazioni in merito.
Caro Carlo, non ritengo che ci siano persone da ringraziare per quello che lamenti, la situazione che coinvolge un po’ tutti gli immobili siti sul nostro millenario borgo è il prodotto di una molteplicità di fattori la cui influenza non è uguale: qualcuno ha pesato di più, altri meno.
Il nostro borgo, croce e delizia dei pietramelaresi, è stato iniziato a costruire intorno all’anno mille, soprattutto per rispondere a due funzioni: difendersi da nemici e difendersi dalla malaria, frequentissima nelle circostanti paludi. E’ stato così per secoli, ma poi il sacco, la distruzione e l'eccidio del 1496 hanno dimostrato che tutta questa efficacia difensiva il borgo non l’aveva. Si aggiunga che fenomeni naturali e interventi di bonifica prosciugarono le paludi, facendo venir meno anche la funzione di difesa dalla malaria. Per tali motivi già dal settecento in poi la parte bassa di Pietramelara era sviluppata. Ciò premesso, se ripercorriamo la storia del nostro paese, dal dopoguerra ad oggi, vediamo che fino a qualche tempo fa case del borgo erano abitate da tre categorie di persone: signori, braccianti ed artigiani. L’emigrazione ha determinato da una parte il definitivo abbandono di intere zone del borgo; inoltre con le rimesse degli emigrati, già abitanti del borgo, è stata costruita la nuova Pietramelara, il quartiere svizzero, per intenderci. I signori hanno sopravvissuto nei bei palazzi di via Sottotorre, fin quando hanno potuto, ma con il ricambio generazionale anche quei palazzi sono stati abbandonati.
Fenomeni naturali, direi, collegati al desiderio, legittimo e condivisibile di vivere in abitazioni più grandi e comode e dotate di ogni confort, nonché raggiungibili con ogni tipo di mezzo meccanico.
Quali sono state le responsabilità delle istituzioni coinvolte? E qui veniamo alle note dolenti, visto anche il periodo elettorale. Le amministrazioni comunali dell’ultimo ventennio/trentennio non hanno portato avanti una politica del borgo e del centro storico, perché evidentemente in altre faccende affaccendate. La Pro Loco, nella persona dei suoi storici amministratori, dovrebbe anch’essa fare un serio esame di coscienza ed un mea culpa, perché ha riproposto per ben quarant’anni una sagra al borgo fissa ed immutabile, che si risolve in due giorni di sovraffollamento delle vie e dei vichi e poi… ci vediamo l’agosto prossimo. Se la situazione è quella che Carlo lamenta (e non c’è dubbio che sia così) le azioni di valorizzazione per cui la sagra è nata nei lontani anni settanta, hanno evidentemente mancato il bersaglio.
Il quadro che ne deriva è a tinte abbastanza fosche: il prezzo di un bene deriva dalla domanda e dall’offerta, ma nel nostro borgo anche case ampie, belle e panoramiche vengono offerte a poche decine di migliaia di euro e nessuno si interessa al loro acquisto.
Per non tediarvi di più debbo concludere questo elenco di lamentazioni auspicando che l’Amministrazione che si insedierà da qui a giorni inauguri un nuovo corso di politiche di recupero e sviluppo, affinché si possa salvare almeno quello che è rimasto, che la Pro Loco, quella nuova, nella quale anche il sottoscritto ha messo la faccia, sappia reinterpretare gli eventi da mettere in cantiere , che anche gli imprenditori con coraggio rivolgano lo sguardo verso il Borgo come occasione di profitto, sviluppo ed occupazione.

sabato 20 maggio 2017

CANDIDATI PRIVI DI PASSATO

Campagna elettorale un po’ spenta, quasi sottotono… non vi pare? Venticinque/ventisei candidati, ognuno a rincorrere la propria affermazione nel modo più comodo e diretto: il porta a porta. E’ vero, è un sistema collaudato ed efficace, anche se poi i voti che davvero saranno espressi sono molti in meno rispetto a quelli richiesti; quello che manca, comunque, almeno per il momento, è il confronto, che non necessariamente deve avvenire de visu ed in contemporanea come sollecitato da uno dei candidati alla carica più alta. Tale tipo di confronto, di sapore autenticamente anglosassone, per orientare l’elettore deve mettere di fronte due personalità analoghe quanto ad armi dialettiche, e sappiamo bene che non è così (senza approfondire). Il confronto all’americana, con ogni probabilità non ci sarà… ed allora aspettiamo i comizi, per sentir parlare di politica, di quella vera, fatta di programmi non faraonici, ma fattibili ed aderenti ai bisogni della comunità. Quanto detto in tali comizi potrà essere poi applicato nella pratica? … domanda da un milione di dollari, questa.
Coloro che si confronteranno sul palco sono (in entrambi i casi) "carte conosciute", nulla di chè. Sappiamo quante cose hanno detto nel passato che poi non sono state mai attuate, e quante altre sono state taciute per poi divenire nel tempo drammatiche realtà. Pietramelara avrebbe avuto bisogno di ben altro! Soprattutto di candidati privi di passato, la cui mancanza di esperienza sarebbe stata l’ultimo dei problemi da affrontare; la nostra città ne ha fin sopra ai capelli di gente “dalla solida esperienza amministrativa”, che non ha prodotto alcun vantaggio e progresso evidente, nonostante ben due mandati amministrativi… e non c’è bisogno di fare distinzioni!
D’altronde, se ci si pensa, basterebbe solo ed esclusivamente un serio tentativo di ritorno alla normalità, nulla di più: impiegati e funzionari che seguano le prassi con scrupolo, lasciando la politica agli amministratori, e le cui spettanze siano effettivamente commisurate alla professionalità ed all’impegno; la possibilità di smaltire un ingrombante nell’isola ecologica realizzata proprio per tale scopo e mai entrata in funzione; di tecnici che non facciano i politici e di politici che non facciano i tecnici; di perdite d’acqua riparate nel giro di una settimana o non di intere stagioni. Questo a titolo di esempio e… di poco altro.
Pensateci signori candidati, e soprattutto voi due signori candidati sindaci: un confronto diretto, all’americana, potrebbe essere anche spettacolare, ma sicuramente lascerebbe il tempo che trova: il vostro paese si aspetta altro!

sabato 13 maggio 2017

POVERA PIETRAMELARA

“Parturient montes, nascetur ridiculus mus” : la montagna partorì un topolino! In questo riferimento alla favola di Esopo (Grecia VI sec. a.c.), si può inquadrare il contesto nel quale Pietramelara si dirige verso le elezioni del prossimo giugno. Incontri pubblici e segreti, alleanze fatte e disfatte, appena trascorso il Natale 2016 sembrava quasi che una rivoluzione fosse in atto, che i giovani avessero preso il bandolo della matassa, assumendosi coraggiosamente delle responsabilità. Ed invece… il nulla! Ci troviamo di fronte a due schieramenti, quelli che si fronteggeranno, sostanzialmente analoghi se non simili, essendosi scambiati nel tempo appoggi elettorali, rinnegati all’indomani delle elezioni, insieme a candidati vari particolarmente abili nel “salto della quaglia”, e funzionari di riferimento all’interno della macchina gestionale. Cosa volete che cambi? … con quale entusiasmo l’elettore pietramelarese si recherà ai seggi? Non saprei proprio!
La situazione è frutto di più fattori piuttosto complessi, e indubbiamente spiegazioni semplicistiche lasciano il tempo che trovano. Prima di tutto va considerato il disinteresse generale: la gente oggi più che ieri pensa solo ai fatti propri, dimenticando che nell’interesse comune ricade anche un pezzo più o meno grande dell’interesse proprio. In secondo luogo a sconsigliare l’impegno diretto è stato il timore, o addirittura la paura di rimanere invischiati in vicende torbide, e conseguenti disavventure giudiziarie. Si deve ammettere, purtroppo ed inoltre, che per un certo numero di elettori il modo di amministrare Pietramelara negli ultimi due decenni è stato sostanzialmente “giusto”, nonché congruo alle aspettative dell’opinione pubblica: cosa volete che importi a costoro che gran parte del bilancio comunale sia stato speso in prebende agli impiegati, ben al di là della giusta retribuzione, che per definire alcune opere pubbliche l’aggettivo “inutile” è il termine di più benevolo da adoperare, che siano stati spesi migliaia e migliaia di euro per la scandalosa “videosorveglianza fantasma”, che non sia stato speso un solo euro, invece, per la salvaguardia del borgo …e via discorrendo. E, badate bene, lo dico per chiarezza: gran parte di tali demeriti hanno rappresentato, per Leonardo e compagni, nientaltro che un modo di adagiarsi e ripercorrere un sentiero già tracciato: poco o nulla di tanto negativo ha costituito un’innovazione rispetto al passato. E’ una giustificazione?... giammai! Molto opportuna, infatti, nel lontano 2007 sarebbe stata una ricognizione delle negatività ereditate da “quelli di prima”(che oggi con gran faccia tosta si ripresentano) e l’inizio di un coraggioso cammino “controcorrente”, ma tale coraggio è mancato: sono prevalsi evidentemente i compromessi e gli impegni da onorare, contratti nel corso della campagna elettorale.
Alla luce del quadro delineato non bisogna quindi meravigliarsi di vedere sempre i soliti nomi tra le liste, sapientemente mascherati, questo si! La moglie di …, la figlia di…, il figlio di…; certe famiglie sono sempre presenti in ogni elezione, con l’accorgimento di cambiare candidato (prima uno, poi il fratello dello stesso, quindi la figlia e così via); il problema è che quando non cambiano i cognomi, non cambiano neppure le idee. Ed ancora: chi solo qualche mese fa si era “autoproposto” come interprete della volontà di rinnovamento, rivoluzionario fra rivoluzionari, si è schierato “meraviglia delle meraviglie” dalla parte più vecchia che ci sia.
Le stranezze non finiscono qui: l’unico partito politico in paese, dopo anni di colpevole silenzio, ancora una volta ha scelto di starsene da parte, e si vede poi che tale silenzio era finalizzato solo a trovare un posticino al sole, al limite nella lista dell’amministrazione uscente.
Dulcis in fundo: un consigliere di opposizione uscente, dalla memoria corta ed evidentemente “folgorato sulla via di Damasco”, che qualche anno fa tuonava verso l’amministrazione Di Fruscio dal palco e dalle pagine de Il Ronzio, e oggi si candida proprio con la sua lista.
POVERA PIETRAMELARA


venerdì 28 aprile 2017

MONTEMAGGIORE FESTIVAL

Non è un evento per nostalgici quello che la Pro Loco di Pietramelara si accinge a realizzare: il “Montemaggiore Festival”, anzi esso è denso di innovazioni, con un occhio strizzato alla tradizione.
Il giorno primo maggio si andrà di mattina per i sentieri che da Pietramelara, attraverso le località San Pancrazio, a immediato ridosso del quartiere svizzero, Masseria Suppuntata e le Crucivalli, conducono fino al pianoro delle Fosse della Neve. Lungo il percorso, le necessarie soste, atte a rinfrancare e riposare il corpo, saranno animate da piccole e sintetiche spiegazioni riguardanti l’ambiente ed il paesaggio circostante. Giunti a destinazione dopo circa un’ora e mezza di cammino, un’ulteriore sosta per recuperare le energie e, appena dopo, la celebrazione della Messa, a mezzogiorno; l’epilogo della mattinata sarà dedicato alla colazione o, come si suol dire nel nostro dialetto, al cummitiegliu (trad. : piccolo convito). Chi non vorrà ripercorrere il sentiero a ritroso potrà utilizzare la navetta che farà la spola fra il paese e fosse della neve.
Nel pomeriggio la seconda parte dell’evento, quella musicale, che sicuramente attirerà un gran numero di giovani: si esibiranno gruppi locali e non che metteranno mano al proprio repertorio, attingendo a vari generi ed epoche musicali; saranno presenti, per chi vorrà, stand gastronomici.
La nuova Pro Loco di Pietramelara che, come la Fenice , rinacque dalle proprie ceneri, ha cominciato a “fare sul serio”, dando prova di capacità progettuale ed organizzativa. All’ evento del primo maggio, dedicato alla natura, alla musica ed ai giovani ne seguiranno altri in grado di suscitare interesse sulla nostra ridente cittadina.

sabato 22 aprile 2017

CARATTERI

E’ proprio vero! … quando si invecchia la molla della nostalgia spinge con sempre maggiore forza i ricordi che, così, emergono in tutta la loro nitidezza. E oggi voglio ritornare a parlarvi di alcuni pietramelaresi del tempo che fu; questa volta la loro notorietà era ed è legata indissolubilmente a caratteri fisici particolari e singolari. Un blogger “politically correct” dovrebbe astenersi dallo scrivere tali cose, lo so ma, come vi dicevo, la “molla” spinge sempre con maggior forza: non è una giustificazione plausibile, d’accordo, ma è altrettanto notorio che la mia resistenza a certe forze è scarsa.
Jacinto era un contadino di statura molto ridotta, essendo affetto da nanismo dalla nascita; sagace nel parlare, diretto nel linguaggio ed esuberante nel comportamento, era solito recarsi in paese dalla località pantani, dove abitava in una masseria, in groppa a una giumenta, sulla quale non si è mai capito come facesse a montare. La strada, o meglio il sentiero, polveroso in estate e pieno di fango in inverno, non essendo stata ancora realizzata la provinciale che oggi si allunga fino a Vairano, rendeva gli abitanti di quella contrada una sorta di “marziani” sconosciuti, e accresceva la curiosità dei pietramelaresi nei loro confronti. Pare che, come tutti i nani, il nostro fosse fornito in maniera particolare di quella “virtù meno apparente, fra tutte le virtù la più indecente”, per dirla con i famosi versi di deandreiana memoria. I vecchi ancora lo ricordano con un mezzo sorriso fra le labbra, sorriso che tradisce una certa malizia.
Mattia P., invece era un personaggio che ha legato la sua fama alle dimensioni delle mani che, chi lo ricorda, assicura eccessive, veramente smisurate: alcuni, sicuramente in vena di esagerazioni, sono pronti a giurare che in esse, come in un vassoio, potessero essere rette una bottiglia e sei bicchieri. Le sue estremità sono divenute proverbiali a tal punto che per apostrofare qualcuno dalle larghe mani, ancora si suol dire “tieni ‘e mani r’ Mattia P.”.
Vi era poi, dalle parti di sopra al paese, un certo “Virone”, questo il soprannome, forse astemio, ma notissimo per le enormi quantità di acqua che abitualmente ingurgitava per dissetarsi: questa sua abitudine gli aveva reso l’addome deforme e smisuratamente prominente. Nell’immediato dopoguerra il nostro borgo era ancora sprovvisto di acquedotto comunale, e i suoi abitanti dovevano provvedersi del prezioso liquido da qualche pozzo, sito nelle parti basse del paese: in piazza, o giù al pozzillo, oppure ancora presso qualche pozzo privato; pare che Virone vi si recasse portando un barilotto sulle spalle della capacità di oltre cinquanta litri, e che tale quantitativo gli bastasse per un lasso di tempo molto breve; a quei tempi, si sa, i servizi igienici erano carenti, e i bisogni fisiologici, specie da parte dei maschi, venivano perlopiù soddisfatti per strada, appena nascosti alla meglio: si vuole che quando Virone facesse la pipì, a causa degli enormi quantitativi di acqua trangugiati, dagli scalini di pietra del borgo si avviava e scorreva un vero e proprio ruscello giallino.
Memorie di uomini, queste, di sicuro travisate ed esagerate dalla tradizione orale, tuttavia indici di un popolo legato ai suoi caratteri, positivi e negativi che siano, belli o brutti. L’ identità di questo popolo, i suoi caratteri e le sue tradizioni vanno sempre più ad affievolirsi nel sentire comune: vado contro corrente, e questo è il mio modo di custodire tale patrimonio con gelosia. Io la penso così!

giovedì 13 aprile 2017

PRO LOCO: INNOVAZIONE E TRADIZIONE

E’ una creatura appena nata, di pochi mesi, la Nuova Pro Loco di Pietramelara; come ogni bambino in lei c’è una smisurata voglia di crescere, di accettare le sfide che man mano le si presenteranno. Aperta a chiunque voglia collaborare per proporre progetti e suggerire idee, è parimenti chiusa “a catenaccio” nei confronti di chi voglia strumentalizzarla per fini personali o politici. Giovane e fatta soprattutto da giovani, è questa la carta vincente! … tuttavia al suo interno non manca qualcuno con parecchi capelli grigi sulle tempie e molte primavere alle spalle. L’entusiasmo dei giovani, si sa, è sempre grande, ma è quanto mai anche utile qualcuno che metta a disposizione la propria esperienza di vita sociale allo scopo di dribblare ostacoli ed insidie.
Sono queste le premesse per entrare nel vivo dell’attività sociale 2017, un bigliettino da visita di chi non potrà permettersi il lusso di eventuali flop e/o addirittura veri e propri fallimenti. Dopo un Carnevale scoppiettante, in cui essa ha volutamente mantenuto un basso profilo, si comincerà a fare “sul serio” il prossimo primo maggio con un evento innovativo e coinvolgente, denominato “Montemaggiore Festival”, una sintesi di natura, tradizioni, fisicità e musica. Una rilassante passeggiata tra i boschi e i sentieri del nostro Monte Maggiore, in mattinata, sulle orme dei Pietramelaresi di ieri che la montagna l’hanno vissuta e che da essa sono stati nutriti, riscaldati e protetti, nel corso dell’ultimo conflitto mondiale; sarà questo l’impegno mattutino che culminerà con la celebrazione di una Messa nel pianoro di Fosse della Neve, nella parte di proprietà comunale. Dopo una colazione a sacco in amicizia, chi vorrà potrà scendere a piedi lungo il sentiero, oppure avvalersi di una navetta. Nel pomeriggio una rassegna di gruppi musicali locali che si esibiranno nell’area mercato, fino a tarda sera, alternando musicisti e generi; chi vuole potrà anche ballare, dissetarsi con una bibita fresca, e rifocillarsi con un panino preparato all’istante.
L’impegno della Nuova Pro Loco proseguirà nel corso del 2017 con i consueti appuntamenti primaverili ed estivi: Pietramelara Village e la Sagra al Borgo, evento clou della stagione. In inverno è prevista poi la rappresentazione del Presepe Vivente, anch’essa fra le viuzze del borgo. Un calendario denso di appuntamenti, che richiederà un impegno organizzativo intenso e costante, perché mentre si realizza un evento si è già con la mente al prossimo.
L’appuntamento con le elezioni comunali dei prossimi mesi vedrà la Pro Loco assolutamente neutrale, in piena autonomia dei propri iscritti, ma comunque pronta a dialogare con qualsiasi parte o coalizione dovesse vincere. Un rapporto stretto e paritetico, quello che vedrà la Pro Loco da una parte e le istituzioni comunali dall’altra, da improntare sul reciproco rispetto e collaborazione, nella diversità dei ruoli assegnati.