Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

martedì 25 agosto 2020

'A PRETA

Vi è una convinzione, anche abbastanza diffusa fra la gente, che vuole che la civiltà rurale del passato recente abbia mostrato caratteri eccessivamente materialistici e poco inclini alle emozioni umane. Tuttavia sono dell’opinione che alcuni caratteri fisici, ancora apprezzabili, portino a pensare il contrario, come nel caso di cui voglio parlare ai miei quattro lettori.

A prèta… (la pietra), ad esempio,  era il luogo fisico destinato al riposo, all’ozio, al ragionare e filosofeggiare. Una sorta di poggiolo, non troppo comodo, dato il materiale calcareo da cui era costituita; se ne trovavano un po' dappertutto, nel borgo (ncopp’ ju paese), nel centro, nelle vie periferiche e nelle vecchie masserie, la posizione classica era sulla facciata della casa, a lato della porta di entrata, come dall’immagine di copertina. Veniva utilizzata per sedervisi in una o due persone, nel tempo libero, oppure soprattutto di sera, al momento in cui d'estate il vicinato si riuniva per frischiare (prendere il fresco della sera stando insieme e ragionando degli argomenti più vari). Alcune prète ancora sopravvivono nel loro posto originario, altre sono state spostate, altre ancora rimosse, quando la mania di modernizzare ha contagiato un po' tutti, dando un ulteriore e duro colpo ai caratteri fisici della civiltà rurale.

Si trattava in genere di materiale di risulta, proveniente da demolizioni e/o ristrutturazioni: soglie di porte o portoncini, stipiti, scalini di fattura più o meno pregiata, che la mano esperta di uno scalpellino aveva tratto, chissà quando, dalla roccia informe.

Una delle più famose e frequentate era quella detta “a preta ‘e zi fattore”, posta in quel tratto di via San Pasquale, allora denominato via Pozzo Nuovo, a ridosso dell’abitazione di costui; l’uso intenso e frequente nonché prolungato nei lunghi anni, ne aveva levigato il piano, fino ad annullare quasi del tutto la bucciardatura superficiale. Ne ha sentite di storie, a prèta ‘e zi fattore, raccontate tra il serio ed il faceto nelle sere d’estate, ne ha ascoltato di dichiarazioni d’amore e sospiri, quando qualche coppia passando si fermava ed approfittava della sua presenza, o è stata testimone di sfoghi dolorosi resi fra vicine di casa. Se questa avesse potuto parlare e restituire le confidenze affidate alla sua discrezione, quanti racconti! ... roba da riempirne pagine e pagine, da versare tanto e tanto inchiostro.

Oggi che le varie prète sono state sostituite da anonime panchine, banali elementi di arredo urbano, privi di personalità e po' sempre uguali a se stesse, nulla può, seppur lontanamente, riportare a questi manufatti antichi ed alla importante  funzione per la quale sono state create.

 

giovedì 20 agosto 2020

PIETRAMELARA: SICUREZZA GEOGRAFICA?

Credevamo di aver messo l’anima in pace, che il pericolo COVID fosse ormai ridotto solo ad un fantasma del passato recente, eppure … da un mese circa la tendenza si è invertita: ogni giorno i tg ci informano di focolai e casi isolati in costante incremento numerico. Anche realtà territoriali vicine alla nostra sono colpite dal flagello, come Roccamonfina, pare per un gruppo di vacanzieri tornati da chissà dove. 

E a Pietramelara? … ci furono un paio di casi in aprile, fortunatamente risolti con una guarigione sperata da ognuno, e a parte l’allarme suscitato circa una settimana fa, poi smentito dalle risultanze dei test clinici condotti, sembra che tutto sia tranquillo, e che, come al solito, si tratti di qualcosa che non ci riguardi. In effetti, incrociando le dita, la situazione sanitaria sinora  non ha destato preoccupazioni. Di chi è il merito? Delle autorità a tanto preposte, che hanno saputo vigilare in modo efficiente? Dell’igiene pubblica e privata? Della popolazione intera che ha mantenuto un atteggiamento cauto e responsabile? … forse.

Ritengo tuttavia che la limitata (o assente) diffusione del virus dipenda  dalla geografia. Mi spiego meglio: avete presente la posizione del nostro comune rispetto alle grandi infrastrutture viarie e ferroviarie? Lo abbiamo detto tante volte, anche dalle pagine di questo blog scribacchiato, che questa posizione ha costituito il  peggiore degli handicap contro lo sviluppo, sociale ed economico. Non ci si passa per Pietramelara, se non per andare a Roccaromana, ma ci si deve venire di proposito. Ebbene, forse assumendomi una responsabilità troppo alta, ritengo che essere defilati ha frenato il flusso di persone transitanti dalle nostre parti, eventuali vettori del virus, evitando nel contempo contagi e diffusione del COVID.

Questo ragionamento ci permette di sentirci al sicuro?.. niente affatto. Con animo sereno, derivante dall’assenza di negatività sul territorio, dobbiamo guardare al futuro, o quanto meno al lasso di tempo che ci separa dalla tanto sperata scoperta di un vaccino. In tale periodo si riapriranno le scuole, i nostri studenti si recheranno a Vairano, Teano, Piedimonte, località queste non altrettanto sicure dal punto di vista “geografico” quanto la nostra, in quanto sedi di fiorenti attività di ogni tipo, e frequentate da giovani e docenti provenienti da un po’ dappertutto. Per non saper “ne leggere ne scrivere”, in quanto profano della materia il vostro blogger scribacchiante si augura che ancora per un po’ tutto continui a filare liscio, e raccomanda soprattutto ai più giovani un comportamento serio e consapevole della realtà che viviamo, evitando di spostarsi per il solo sfizio di farlo, cercando di osservare il distanziamento, all’aperto come al chiuso, e usando le mascherine, croce e delizia di chi vuole difendersi dal virus.

 

sabato 8 agosto 2020

SAN ROCCO E IL COVID

 

Nei giorni preferrogostani, come quelli che stiamo vivendo, Pietramelara in genere si anima in modo diverso dal resto dell’anno: famiglie residenti altrove fanno ritorno in paese, gli ultimi emigrati ritornano a girare con i macchinoni per le strade, a volte turisti veri e propri, che non hanno legame alcuno con la nostra comunità, si fanno vedere in gruppi più o meno numerosi. Ma questa è l’ordinarietà!... in un anno come questo, in cui ogni cosa e fatto ordinario e normale è stato ribaltato, nulla è come prima.

Passavo stamattina in Piazza San Rocco, ho dato un’occhiata sfuggevole al programma per la festa patronale: la ricorrenza sarà celebrata solo in senso liturgico, secondo le norme dettate dall’emergenza COVID. Ogni cosa bella e buona perché facente parte delle nostre tradizioni più autentiche sarà rimandata all’anno prossimo: le luminarie, l’offerta dei ceri, i concerti delle bande musicali e dei cantanti, le processioni… nulla più. Va riconosciuto e lodato senza dubbio l’impegno di Don Pasquale e del Comitato, che anche in un frangente tanto difficile hanno voluto dare un segno di continuità, rispetto al passato.

La nostalgia che ci pervade , ci riporta con la mente e la memoria  al mattino del sedici, con il matinee della banda, al festoso corteo che si diparte dal Municipio, sindaco in testa, per l’offerta dei ceri  con accompagnamento musicale (foto di copertina,ndr),   alla sera del “concertino”, quando si aspetta il cantante di grido, al raduno in piazza mercato per assistere dopo la mezzanotte allo spettacolo dei fuochi pirotecnici. La nostalgia riporterà alla mente  anche agli aspetti più intimi e privati: il pranzo del sedici, con il piatto del giorno che non può assolutamente mancare, i peperoni imbottiti, un simbolo ancora vivo della tradizione culinaria contadina, povero ma saporitissimo, il pollo (preferibilmente cappone), il cocomero fresco e profumato.

Ritengo tuttavia che una situazione anomala, come l’attuale, ci servirà: gli appuntamenti mancati con gli aspetti più folcloristici della festa, ci faranno sentire la loro mancanza e, quanto più forte sarà questa sensazione di vuoto e di attesa, tanto più riusciremo a capire cos’è rimasto del nostro “comune sentire”, quant’è grande la coesione sociale nella comunità, qual è il legame che tiene ancora insieme nel nostro paese la tradizione più autentica con le modernità più avanzate.

 

 

lunedì 3 agosto 2020

UNA DISPUTA TRA STORIA E PETTEGOLEZZO


Devo alla passione di ricercare e conservare dell’Ing. Antonio Leonardo (Tonino), l’essere venuto in possesso di un documento interessante:  si tratta di un esposto, datato 17 gennaio 1867, ed indirizzato al Ministro dell’Interno Bettino Ricasoli (1809/1880), autori  i Consiglieri Comunali di Pietramelara. Questo l’antefatto: “Il Municipio di Pietravairano, con sua Deliberazione del 14 Maggio 1865 num. 419, dichiarava che per ragioni di utilità quel Comune doveva essere distaccato da questo mandamento, ovvero costituirsi Comune Capoluogo, (…)allora sconvenevolmente furono all’evenienza rintuzzate le malfondate pretese di quel Municipio (…). Ma con sorpresa i sottoscritti vengono assicurati che novelle istanze  si sono avanzate da quel Municipio, e che il Signor Prefetto della Provincia abbia disposto che tutti i Comuni , tranne questo, dessero il proprio parere con apposite deliberazioni, sulla convenienza che il Comune di Pietravairano possa o pur no  segregarsi da questo Mandamento, per unirsi a quello di Teano”.

Com’è noto la pretesa autonomistica di Pietravairano non ebbe seguito, tant’è che fino al 1927, anno della soppressione dei Mandamenti, quel comune rimase inglobato nel Mandamento di Pietramelara.

Ma… cos’ erano i mandamenti? Si trattava di una suddivisione amministrativa, a livello sovracomunale, intermedia tra il circondario e il comune che svolgeva funzioni amministrative e giudiziarie; in campo giudiziario il capoluogo di mandamento equivaleva alla sede di una pretura, mentre ben poche erano poi le competenze amministrative; essi furono introdotti dapprima nel Regno Sabaudo e, dopo l’Unità Nazionale, estesi a tutta l’Italia. Quali furono le motivazioni dell’esposto? Prima di tutto “per ragioni di utilità pubblica non può ammettersi la segregazione invocata perché nuocerebbe gli interessi vitali di quell’intero Comune , che possiede quasi l’intera sua proprietà in questo tenimento non solo ma benanche quello di tutti i comuni interessati per le conseguenze che ne deriverebbero per l’improvviso impoverimento del Mandamento che ne porterebbe facilmente la soppressione, ritenendolo di poca importanza”. Ritengo che ci sia un po’ di orgoglio ferito, nei nostri consiglieri: essere un comune capoluogo, elevava il rango di Pietramelara a una piccola città con funzioni sovra comunali,  che avrebbero potuto cessare .Talvolta però si scivola nel pettegolezzo: “Che sia assurdo poi sostenere, e non si sa con quale impudenza, che quella popolazione di Pietravairano abbia degli interessi particolari nella città di Teano per le estese possessioni che vi possiede, è notorio che queste si restringono solo nell’attuale sindaco signor Belli, mentre facoltosi proprietari del Comune suddetto hanno in questo Capoluogo cospicue proprietà”…che tale sig. Belli, sindaco, abbia brigato per ottenere vantaggi personali, bah?

Tuttavia, anni di studio di vecchi documenti mi hanno insegnato che il pregio di  alcuni non risiede tanto nel merito degli scritti, ma nelle informazioni accessorie che se ne possono trarre. Ad esempio leggendo questo passo: “La posizione di Pietravairano per rispetto a quella di questo capoluogo, costituente il centro, ove come tanti raggi fluiscono i Comuni che ne costituiscono il Mandamento , trovasi distante per chilometri quindici  percorrendo la rotabile che vi conduce traversante in  aperta campagna , e per chilometri sette percorrendo la cosi detta vicinale, carreggiabile del pari in tutti i tempi, e massime ora con la nuova strada consortile in corso”, si apprende che la strada per Baia e Pietravairano (strada consortile in corso) era un’ opera che al momento della stesura non era ancora stata completata; oppure ancora “Nel novembre del 1863 viene soppresso in questo Comune l’Ufficio di Registro”; ed inoltre “… la rettifica fatta da codesto Ministero con l’impianto del Consorzio di Ricchezza Mobile in questo Comune Capoluogo, guidato unicamente dalla posizione topografica concentrica a tutti gli altri Comuni interessati”. Ed ancora in un altro passo si legge “delle vie pericolose ed insicure, che avrebbero posto rischio gi interessi essenziali dei privati” segno che il brigantaggio, fenomeno socio/politico tipico di quegli anni, faceva sentire distinta la sua voce  anche dalle nostre parti.

Cosa rimane di questo passato?... poco, anche la lettura dell’esposto conferma l’importanza di allora del nostro comune, testimoniata anche dalla lapide in piazza, angolo via Croci, mai rimossa, in foto di copertina.