Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 28 giugno 2014

TRENTAMILA

Trentamila, tanti gli accessi su “scribacchiando per me”, in poco più di tre anni! Un traguardo di cui andare orgogliosi, anche perché all’inizio, febbraio 2011, chi ci avrebbe creduto, a cominciare da me? Trentamila, ci pensate, gli abitanti di una piccola città di provincia. Di provenienze geografiche svariatissime, poi, i miei lettori disseminati per i quattro angoli del mondo. Lo dico con un pizzico di malcelato orgoglio: mi hanno letto dappertutto, e non solo negli USA, in Svizzera, Argentina ed altri paesi in cui la presenza italiana è forte, ma anche in altre località remote quali Singapore, la Cina, la Federazione Russa, e perfino l’IRAN.
Ha scribacchiato di tutto in questi tre anni, a volte ho anche tirato qualche sberla, se ci voleva, ma l’ho fatto sempre tenendo presente in via esclusiva gli interessi della nostra piccola comunità ed usando il dovuto tatto.
Ho riflettuto emozionato sulla fine di qualche amico che ci ha lasciato troppo presto, ma non mi sono fatto mai prendere la mano e, quando l’ accaduto aveva assunto i toni della tragedia vera e propria, mi sono autoimposto un rigido “silenzio” . Lo sciacallaggio mediatico non fa parte di me, e sono convinto che in tali casi la passione per la scrittura passi da parte, anche se si sa che quanto più tragica è la notizia da dare, più grande sarà il numero di lettori interessati ad essa. D’altronde, come dice il blog stesso scribacchio “per me” e non sono interessato a nessun fine di lucro e/o di particolare visibilità mediatica.
Non ho esitato a mettere a nudo le mie emozioni di uomo e di padre e, devo dirlo, questo voi lo avete apprezzato in modo particolare.
Tuttavia, in questi tre anni mi sono concentrato ed ho scritto in maniera particolare sulla “pietramelaresità”, un valore forse poco alla moda, ed alle volte foriero anche di facili ironie su chi scrive. Ho cercato di comunicare a tutti, ove mai ve ne fosse stato bisogno, quanto grande è l’amore che porto per la mia terra. Paesaggi, monumenti, caratteri, modo di dire e di esprimersi, usi e tradizioni vive o dimenticate: sono stati questi i temi che ho trattato in via preferenziale, il tutto condito da qualche gustoso aneddoto. Qualche mio lettore ha osservato che scrivo troppo rivolto al ricordo, al passato ed alla nostalgia, ma… tant’è, nessuno è obbligato a leggermi. D’altronde vi sono poi altri che mi leggono e mi seguono proprio per questo: il mondo è vario!
Non mi sono mai posti obiettivi e/o target: lo ripeto per l’ennesima volta, scribacchio per me e mi basta. La scrittura rappresenta per il vostro blogger scribacchiante una valvola di sfogo di singolare efficacia mediante la quale scaricare ansie, stingere delusioni,comunicare pensieri, idee ed emozioni. Non sono mai stato, ne aspiro ad esserlo, un “mestierante della penna” come ce ne sono in giro tanti, sulla carta stampata come sul web, ed è forse perché tale fatto traspare che molti di voi si sono affezionati a “scribacchiando”. Grazie a voi tutti.

sabato 21 giugno 2014

VIA PALAZZO

Un tempo così si chiamava: “via Palazzo”, per l’immobile più imponente che vi insisteva, il Palazzo Ducale, appunto, la sontuosa dimora dei Caracciolo, per secoli feudatari di Pietramelara. Durante il ventennio fascista, la retorica di regime ed il culto della romanità imposero il cambiamento del nome in via Roma, e tale si è conservato sino ad oggi. Qualcuno, infine, in vena di “cittadinismo” e di vanitoso sentimento antirurale si è spinto a definirla “il corso”.
Ci pensavo stasera, mentre la percorrevo in bici, lente le pedalate: un tempo l’attuale via Roma era veramente il cuore nevralgico della nostra piccola comunità, botteghe e negozi da un lato e dall’altro, da Piazza San Rocco fino a Piazza sant’Agostino. Cuore commerciale si, ma anche e soprattutto sociale, perché oltre ai negozi un tempo vi erano le sezioni dei partiti politici e dei sindacati. La domenica mattina, terminate le messe parrocchiali la strada si trasformava in un vero e proprio fiume di gente che andava e che veniva nelle due direzioni, senza sosta, per il puro piacere di passeggiare e scambiare quattro chiacchiere in serenità; lo stesso succedeva la sera: stessi gruppi, stesso incedere, stesso rituale.
In bicicletta, dicevo, stavo percorrendo quella strada e consideravo in me: da Piazza San Rocco, il primo negozio era quello dei Fratelli Regna, commercianti in abbigliamento, sulla sinistra quasi di fronte la macelleria di Scipione, Romeo, il tabaccaio e di fronte il Bar Roma, dal nome della strada, gestito negli anni 60 dalla famiglia Masella e poi ceduto, si continuava con il grande negozio (allora un po’ meno) di Pasqualino De Ninno, ferramenta, nei locali che attualmente ospitano l’ottico, di fronte la sezione Coldiretti, Mastr’Antonio Guadagno (attualmente Giovannino, suo figlio, forse l’ultimo sopravvissuto): bombole, Tv ed elettrodomestici. E qui veniva il bello perché si arrivava in largo De Gasperi, con il grande Cinema Moderno, di proprietà Baroni Sanniti, per decenni unico svago della gioventù locale. Di fronte al cimena, la sezione della Democrazia Cristiana, nei locali attualmente occupati dalla gioielleria, per anni è stato il luogo dove chi voleva, non possedendo un televisore, poteva assistere a partite di calcio, film e telegiornali. Altro riferimento politico per tanti pietramelaresi la sezione socialista, nei locali terranei del palazzo ducale, dove si trovava anche la macelleria di zi’ Raimondo e l’edicola della famiglia Mitrano, di fronte Carmelindo Marino, cartoleria, giocattoli e tant’altro; a seguire la salumeria di Mattiuccio , Nino l’orologiaio, e sugli scalini di fronte, zi’ Luigi iu seggiaru, Mariu iu scarparu ; nel mio viaggio della memoria, sul basolato vulcanico, sono giunto nei pressi dalla farmacia, quasi sempre nello stesso posto, fino ad intravedere nella piazzetta l’altro tabaccaio, Tranquillo, per tutti ‘Nquilluozzu.
Cosa resta di tanta vita, di tanto brulicare: nulla o quasi. Le attività commerciali e artigianali si sono estinte con il passare dei decenni, i partiti politici non hanno più la diffusione capillare di un tempo. Lo spostamento del mercato domenicale in periferia, la penuria di parcheggi, il becero disinteresse di chi ci ha amministrato per la sopravvivenza del centro storico hanno fatto il resto … e a noi non resta altro che ricordare!

martedì 17 giugno 2014

UNA FIGLIA ALLA MATURITA'

Carissima,
cos’è l’esame di maturità, se non il primo vero misurarsi con la vita, quella vera, a volte ostile, dispettosa e piena di insidie? Se faccio un attimo mente locale ai miei esami di maturità, ahimè trascorsi da ben oltre un trentennio, rivivo l’ansia, la paura di commettere errori, il timore di una figuraccia, anche se il tempo era il migliore che ho vissuto. Ed allora avere una figlia alla maturità si traduce in un rimontare di quelle stesse ansie vissute decenni e decenni or sono, magari con qualche trepidazione in più.
Certo che tu sei responsabile e studiosa, ma certe ansie e timori vanno ben oltre la soglia della razionalità; la razionalità,infatti, dati i risultati di un quinquennio di studi più che lusinghiero, porterebbe ad escludere eventi negativi, ma in queste occasioni, è ovvio, un padre si scopre sempre meno razionale che mai!
In bocca al lupo, ti augura il tuo papà “blogger scribacchiante”, in c… alla balena, proverebbe a dire il ragazzaccio sboccato che riposa in me e che qualche volta si ridesta. Vai avanti con coscienza di te e rispetta chi ti esaminerà, con la consapevolezza che per sedere al tuo cospetto ha fatto sacrifici ed ha profuso impegno. Non provarci neppure a barare o mettere in mezzo trucchi o cose del genere: tu, come chi scrive, non siete tagliati per questo, non è affar vostro. Non avere per nessuno timori reverenziali e vedrai che il tuo esame sarà un’altra delle belle esperienze che potrai serbare nella memoria.
Il tuo papà

venerdì 6 giugno 2014

FEBBRE

Sembrano scongiurati, con gli anni che trascorrono, certi inconvenienti, tipo la febbre: erano decenni che non mi ammalavo. Ed invece, basta nulla, passare dal dentista per far sistemare una piccola protesi, roba di pochi minuti, ed ecco che può capitarti un’infezione, la faccia si gonfia, e sei costretto in casa per un’intera giornata con l’aggiunta della febbre.
Ed allora: la televisione, il PC, la finestra, e poi si ricomincia daccapo, fino a sera. Il tempo maggiore è quello trascorso sul divano, a sonnecchiare davanti a programmi televisivi dall’effetto soporifero; man mano che si avvicina la sera la temperatura del corpo sale, fino a oltrepassare i 38 gradi; è questo un modo tipico dell’organismo per difendersi da attacchi esterni; sarà, ma intanto stai male, con il mal di testa e quel senso di spossatezza ed assenza di forza. E poi il freddo ed i brividi, decisamente fuori stagione, dato che la giornata e la sera sono tiepide, anche oltre le medie stagionali, per usare il linguaggio meteo/televisivo. Oggi va un po’ meglio ma il segno dell’ascesso sul volto è ancora evidente: che fare? Continuare a non uscire, continuare con la cura di televisione noiosa e divano, oppure mandare tutto all’aria e sfidare la sorte, con la probabilità di una ricaduta? Ho optato per la seconda, ed a dispetto delle raccomandazioni di famiglia ed amici mi sono fatto il giro solito tra giardino e campagna, spesa e commissioni varie.
Anche nella tutela della salute deve prevalere un pizzico di sana follia!