Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 28 febbraio 2020

PROTAGONISTA DELLA MIA STORIA

Ieri, 28 febbraio, anche se pochi lo ricordano, è corso il 18simo anniversario di qualcosa di molto importante: la cessazione definitiva del corso legale della nostra unità monetaria nazionale: la Lira. Il 1º gennaio 2002, con l'entrata in circolazione delle monete e banconote in euro, si aprì una fase di doppia circolazione: le monete e banconote in lire vennero ritirate definitivamente il 1º marzo 2002. Correva il mio 42simo anno di vita, e con la lira se ne andava qualcosa di importante per me, un vero e proprio pezzo di storia.
La lira nacque con Carlo Magno(742-814), e veniva divisa in Soldi e i Soldi in Denari: tale sistema è sopravvissuto , pur con molte modificazioni , fino a tempi recenti. In Italia è stato completamente sostituito dopo l’Unificazione.
Le prime vere Lire fecero la loro apparizione nella seconda metà del millecinquecento; in seguito questa tipo di moneta si diffuse su tutto il territorio italiano ed anche oltralpe. Le Lire non erano tutte uguali per contenuto di metallo fino, poiché ogni città faceva riferimento a libbre diverse e di conseguenza aveva una unità di base differente. Perciò troviamo la Lira milanese ,la Lira moceniga a Venezia , la Lira genovese , la fiorentina , la savoiarda , la toscana , la mantovana , la bolognese ecc. Dopo la Rivoluzione Francese vari paesi introdussero il Sistema Decimale che venne poi in uso in quasi tutte le Nazioni europee tra le quali l’Italia.
Nel 1861 dopo l’ unificazione dell’Italia la Lira piemontese divenne Lira Italiana e nell’anno seguente , il 24 agosto 1862 , ebbe corso legale e sostituì tutte le altre monete circolanti nei vari stati pre-unitari. La prima Lira repubblicana porta la data 1946, cambia disegno e modulo nel 1951 e viene coniata fino al 1959.
Un pezzo di storia importante per me dicevo: le dieci lire dell’infanzia sufficienti per qualche caramella, le trenta lire che bastavano per un gelatino da Peppiniegliu, fore Sant’Austinu, o da Vituccio proprio di fronte, oppure da Luigi, fore San Rocco; le cinquanta lire del cinema la domenica, dal Barone Sanniti .
Le diecimila lire, regalo nell’adolescenza per compleanni o altre occasioni, spese per la miscela al Ciao (500 lire al litro), per qualche uscita di pochi chilometri fuori paese: per una pizza e birra ne bastavano mille (oggi 50 centesimi, pensate).
Le poche lire a disposizione di uno studente universitario “fuori sede”, da impiegare in viaggi, telefonate a casa, buoni mensa e qualche sera al cinema. Il milione e seicentomila lire (oggi ottocento euro circa), primo stipendio di un professore supplente, verso la fine degli anni ottanta, mi sembravano tanti e poi tanti, da generare addirittura una sorta di ansia.
Il matrimonio, la famiglia che ne è derivata, la nascita delle mie figlie, ognuno di questi episodi, anche nella gioia che ne è derivata, ha avuto dei risvolti monetari, nei quali la protagonista era sempre lei: la lira.
Siamo ormai nella “zona euro” da diciotto anni, non sono tra i tanti nostalgici della Lira, credo che il sistema attuale costituisca un’ottima assicurazione nei confronti di momenti difficili per l’economia italiana, come quello che stiamo vivendo in questi giorni, a causa dell’epidemia da Coronavirus. Ciononostante rivado spesso e volentieri indietro con la mente a quei bei tempi, ai tempi della lira.

lunedì 24 febbraio 2020

UNA FOTO DEGLI ANNI CINQUANTA

Cosa comunica una vecchia foto scattata davanti scuola sul finire degli anni cinquanta? Considerazioni, emozioni, perplessità … Ho scritto questo pezzo “a gentile richiesta” di uno dei bambini ritratti nella foto, forse per soddisfare un desiderio di perpetuare, affidandolo al web, il ricordo di uno stare insieme.
Il dopoguerra non era ancora terminato e i “tempi migliori” dei successivi anni del boom economico, forse, ancora non si intravedevano: il modo di vestire la dice lunga! … Così come la dice lunga l’atteggiamento, l’applomb del maestro Giannetti, compassato nel suo ruolo: giacca e cravatta, l’immancabile penna al taschino e l’espressione seria, la posizione quasi in militaresco “attenti”, rendono l’idea di una scuola in cui si avvertiva ancora fortemente il senso della gerarchia, del rispetto assoluto dei ruoli e dei simboli che li rappresentavano. Un retaggio delle epoche precedenti: la scuola post unitaria ed umbertina della profonda divisione sociale, ancor più avvertibile nelle aree rurali, e quella del fascismo voluta da Gentile. Guardando gli anni di nascita dalla pagina di registro che mi è stata procurata, ho potuto notare che se, nella maggior parte, si tratta di bambini nati nel 1950 o 1951, non manca chi è del ‘48 o ’49, evidentemente pluriripetente: si usava ancora allora, sapete?
Gli scolari provenivano da ‘ncoppa ju paese (dal borgo), oppure da sperdute masserie, collegate all’abitato da vie impercorribili in inverno per il fango e in estate per la polvere, che si sollevava fastidiosa ad ogni passo di chi le percorreva. Ricordo distintamente che costoro a metà percorso, nelle prime case dell’abitato conservavano un paio di scarpe pulite per la scuola, le mettevano all’andata e le riconsegnavano all’affidatario al ritorno, per recarsi a casa con degli stivaletti o vecchie scarpacce più adatte a quelle strade. Qualcuno dei raffigurati purtroppo ci ha già lasciato da tempo, portando con se un bagaglio di speranze per il futuro ed ambizioni da soddisfare e… lasciate a metà. Qualcuno ha studiato, è diventato prete e parroco. Altri sono andati a “ju mastru” (a fare da apprendisti) dopo la scuola ed in estate, e con il tempo sono divenuti abili e richiesti artigiani. Le bambine, ormai nonne, per lo più sono state delle ottime madri e mogli, hanno sostenuto gli sforzi lavorativi dei mariti, e a loro va riconosciuto buona parte del merito per progressi economici e nella scala sociale. Altri ed altre ancora hanno conosciuto l’emigrazione, con l’immancabile smarrimento di chi si separa dalla sua terra, ma può vantare, a conti fatti, di aver ampliato la conoscenza del mondo, di culture e modi di vivere diversi, insieme all’immancabile beneficio derivante da occupazioni meglio retribuite. Chissà se qualcuno di loro, partendo con l’immancabile valigia di cartone e il groppo in gola, avrà potuto pensare che 50 anni dopo l’Italia del sud, da paese di emigrati, si sarebbe trasformata in terra di accoglienza e di immigrazione?
I nomi sono quelli soliti usati in paese: Gaetano, Pasquale, Salvatore, Gennaro, Antonietta, Maria; è evidente che i papà e le mamme non si erano ancora fatti contagiare da mode esterofile anche nel dare nomi ai propri figli.
Questa foto, per la quale sono grato a chi me l’ha inviata, è un documento di altissima valenza simbolica e descrittiva di una Pietramelara e di un’Italia meridionale povera ma allo stesso tempo orgogliosa dei propri valori; il sorriso stampato sui visi delle bambine in prima fila ci racconta di una serenità diffusa tra la popolazione e purtroppo ormai dispersa, sotto i colpi della corsa all’arricchimento e della globalizzazione.



mercoledì 19 febbraio 2020

2020. UN CARNEVALE DA RICORDARE

Procede “a tutta birra” la preparazione del Carnevale edizione 2020. Anche quest’anno, accanto ai carri, sfileranno nei giorni 23 e 25 febbraio mascherine e gruppi scenici. Le difficoltà finanziarie in cui versa l’associazione non hanno assolutamente raffreddato l’entusiasmo degli organizzatori che, ricordiamolo, nel mese scorso segnarono il record mondiale della “Calza della Befana” più lunga. Memore di una tradizione che nell’ultimo cinquantennio ha ritrovato spazio e visibilità, ma che affonda le radici nei riti precristiani della fecondità e della propiziazione a raccolti agricoli abbondanti, il Carnevale di Pietramelara è sicuramente tra quelli che fanno parlare di se nella nostra provincia, e sono in grado di attirare in paese un gran numero di visitatori, provenienti dai comuni limitrofi, ma anche da più lontano.
La novità di maggior rilievo di questo Carnevale 2020 è rappresentata da un evento organizzato e condotto in partenariato con le Pro Loco dei vicini comuni di Roccaromana e di Riardo. Infatti nella mattinata di domenica 23 i nostri carri e gruppi scenici saranno condotti a Roccaromana, nei pressi del vecchio ospedale, luogo della kermesse organizzata dalla Pro Loco Roccaromana, con musica, balli e enogastronomia locale. È previsto inoltre che le piccole apecar del “Apecar-neval street pary” onoreranno anche Pietramelara con la loro gradita presenza.
Questo l’itinerario previsto per domenica 23: nel pomeriggio, la tradizionale sfilata carnevalesca,partendo dalla rotonda Cinquevie, alle ore 14 e 30 circa,si sposterà lungo Via Caduti I e II guerra mondiale, Via S. Antonio Abate, I tratto via Marconi, con l’immancabile arrivo in Piazza San Rocco.
Il programma per martedì, ultimo giorno di Carnevale si articola allo stesso modo, con il seguente itinerario: partenza piazzale antistante campo sportivo,Via San Pasquale, Via San Giovanni, Viale Italia, Area Mercato, Via Zurigo,Via Monte Maggiore, Piazza Mazzini, Via Marconi e arrivo in Piazza San Rocco. Faranno da contorno all’evento un gruppo di animatori che allieteranno i bimbi intervenuti, con il teatrino dei burattini, l’esibizione delle maschere tradizionali e piccoli omaggi offerti. Sarà questa l’occasione per rinnovare i fasti del Carnevale d’Oro Pietramelarese, degli anni ’70 e ’80? “La Pro Loco lo spera - dice il presidente Francesco Tabacchino- è nostra intenzione che quest’anno, nonostante le innumerevoli difficoltà, il nostro Carnevale riesca rinnovato nella forma e nella partecipazione, perché anche un evento come questo può rinsaldare gli antichi legami con le popolazioni sorelle di Roccaromana e Riardo”.

domenica 9 febbraio 2020

PICCOLI GESTI GRANDI SIGNIFICATI

L’evento organizzato dalla nostra Pro Loco in partenariato con l'Istituto Comprensivo Statale "G. Falcone e P. Borsellino" di Pietramelara, e denominato “Un dono per un dono”, iniziato a immediato ridosso delle festività natalizie è entrato nella fase finale: l’iter conclusivo, consistente nella consegna dei doni destinati a bambini e ragazzi con problematiche particolarmente complesse, ha avuto una prima fase ieri pomeriggio, 9 febbraio. Il presidente Tabacchino, infatti, accompagnato da dirigenti e soci della Pro Loco, si sono recati con il capiente monovolume, zeppo fino all’orlo, presso la struttura denominata “Centro Laila” in Castel Volturno. Si tratta di un iniziativa a forte valenza educativa, capace di far intendere quanto profondo sia il senso di solidarietà che alberga nelle famiglie pietramelaresi, prova ne sia che l’immediata adesione della scuola locale, con il Dirigente prof. Vincenzo Di Lauro.
In origine, la proposta nacque da un’idea partorita in seno al consiglio direttivo della Pro Loco, verso la fine del 2018: si trattava allora di elaborare un ventaglio di proposte per il Natale di quell’anno. Nel 2019 si è giunti quindi alla seconda edizione, che sta concludendosi, e tutto fa presagire che vi sarà un seguito anche per gli anni a venire!
Se vogliamo vedere più da vicino chi sono i destinatari del piccolo aiuto giunto da Pietramelara, dalla rete apprendiamo che “Il Centro Laila è una onlus che accudisce quotidianamente oltre 40 bambini, immigrati e italiani, bisognosi di cure. Nasce da esigenze concrete del territorio casertano e nel tempo è diventata una grande famiglia più che una fredda associazione. Castel Volturno è un comune già tristemente noto per l’emergenza immigrazione: immigrati per lo più africani, alcuni nati in Italia ma stranieri, abbandonati, lasciati al proprio destino. Non a caso Castel Volturno è stato battezzato informalmente La Baghdad della Campania”. E che si tratti di bimbi che non vivono la più felice delle condizioni basta leggerne i nomi, per immaginare le loro storie e le traversie che hanno subito nei luoghi di origine: Aron, Ben, Dan, Issah, Joshoua …
I doni erano costituiti da giocattoli, in gran parte, ma anche da altri beni di grande utilità, come vestiario e cancelleria; i primi sono stati distribuiti direttamente ai piccoli ospiti, mentre il vestiario e la cancelleria sono stati consegnati ai responsabili della comunità, per un utilizzo pianificato secondo le esigenze e l’organizzazione. Il presidente Tabacchino, che in prima persona ha curato la consegna, ha voluto dichiarare: “Sono molto soddisfatto di questa iniziativa e di come sono andate le cose. Ringrazio il preside Di Lauro per la collaborazione e la fiducia che usualmente ripone nella Pro Loco, nulla di questo sarebbe stato possibile senza un partner istituzionale di tale prestigio. D’altronde ho vissuto con emozione la vista dei volti dei piccoli ospiti pieni di gioia e, forse, anche un po’ increduli; nei prossimi giorni la parte dei doni restante sarà consegnata a Piedimonte Matese, presso un associazione che ha voluto rimanere anonima, anch’essa dotata delle stesse finalità”
.



sabato 1 febbraio 2020

UN PALAZZO DA RITROVARE

Ci riempie senz’altro di gioia e soddisfazione la recente notizia della concessione del congruo importo da destinare ai lavori per il restauro del nostro Palazzo Ducale e, allo stesso tempo, fa sorridere la polemica tra la maggioranza e l’opposizione consiliare, per contendersi l’effettivo merito del finanziamento: per chi scrive, l’importante è che il finanziamento sia realmente disponibile, per fare in modo che il bene riacquisti la dignità perduta in un sessantennio di abbandono.
Il progetto di restauro e valorizzazione del Palazzo Ducale di Pietramelara era già stato inserito nell’elenco degli interventi ammessi al finanziamento nell’ambito del progetto “Bellezz@ – Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati” a cui il governo nazionale ha destinato circa 150 milioni di euro. Alcune farraginosità burocratiche hanno fatto temere la perdita del finanziamento ma, con l’emanazione di un nuovo decreto per la proroga dei termini per la presentazione della documentazione, e la trasmissione di essa per una valutazione complessiva, è stato emesso il DPCM 3 settembre 2019, pubblicato di recente, con il quale vengono definitivamente assegnati 987.600 euro al Comune di Pietramelara.
Fatto iniziare nel tardo rinascimento dai Monforte, prima ancora che gli aragonesi assediassero e saccheggiassero la terra, arricchito da un sontuoso giardino, conservatosi sino agli anni sessanta, il “Pomaro”, e da una chiesa satellite, l’Annunziata, il nostro Palazzo Ducale è un monumento imponente nel vero senso della parola: pochi edifici della nostra provincia, infatti, possono competere con esso per dimensioni. Dal momento della sua realizzazione, ultimata presumibilmente verso la metà del XVI secolo, è cominciata l’espansione urbanistica di Pietramelara nella parte pianeggiante. Suggestive ed antiche leggende popolari parlano di passaggi segreti e trabocchetti nei suoi sotterranei; quella che è certa è senz’altro la sua destinazione d’uso: dalla documentazione disponibile emerge che esso nel periodo di massimo splendore era un’unità produttiva agricola, una sorta di brulicante villaggio all’interno del quale convivevano il signore e la sua famiglia, insieme ad amministratori, stallieri, giardinieri e contadini.
Nel XIX secolo il palazzo fu teatro della visita ivi compiuta da Ferdinando II, sovrano delle Due Sicilie, il giorno 7 maggio 1836, il cui ricordo (sbiadito) si ritrova sulla piccola lapide posta all’ingresso del nostro Palazzo Ducale. Il sovrano si voleva accertare delle condizioni di salute del Duca Lucio Caracciolo, ma in fondo voleva anche sincerarsi della sua fedeltà alla corona borbonica.
Ritengo che la denominazione “Palazzo Paternò-Caracciolo”, attribuita dalla stampa locale e dall’uso comune al monumento sia impropria : il palazzo, dal settecento in poi è stato dei Caracciolo! Più corretto sarebbe pertanto parlare di Palazzo Caracciolo, prova ne sia il fatto che il grande stemma nella volta dell’androne rimane quello dei Caracciolo, anche se per molti resta più semplicemente “ju palazzu r’ju marchese”.
Per la storia, nel 1867 Don Giovan Battista Paternò , Marchese del Toscano, sposò a Napoli Donna Teresa Maria Annunziata Caracciolo, V Duchessa di Roccaromana: gli eredi, pertanto portavano il cognome Paternò ma recavano un titolo ed un patrimonio da secoli dei Caracciolo. Nel patrimonio anche il palazzo e i latifondi di Pietramelara; negli anni ’60 del XX secolo, a causa di difficoltà finanziarie della famiglia, il palazzo fu smembrato e venduto, e gli arredi si dispersero in mille rivoli. Il resto è storia recente, di abbandono e degrado, fino all’acquisizione qualche anno fa parte del piano nobile effettuata dal comune.
Si spera che le risorse economiche derivanti dal finanziamento vengano spese con scrupolo e rigore, allo scopo di restituire a Pietramelara un monumento con grande valenza di identità comune.