Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

domenica 29 dicembre 2019

SULLA MACCHINA DEL TEMPO

Che cos’è un compagno di scuola? … a volte più di un amico, è una persona con la quale per anni interi sei stato costretto a condividere tempo, emozioni, gioie, a volte tristezza e arrabbiature. Si …ma questo passa in secondo piano, perché il tempo che hai trascorso con lui è stato quello dell’adolescenza e della prima gioventù; è stato il tempo delle dolcissime malinconie, per amori non ricambiati, è stato quello delle sonore e fragorose risate per scherzi, prese in giro, o per l’ironia su questo o quel professore.
Ed allora la bellezza di ritrovare non uno ma una decina di compagni di scuola, in una sera di inverno vicino ad un focolare caldo e rassicurante, è qualcosa che difficilmente la parola o la scrittura potranno rendere. Certo… avrei preferito rincontrarli tutti, o almeno di più, perché chi per pigrizia, ritrosia, affari in corso o obblighi familiari non è potuto esserci, ha veramente buttato al vento un occasione di gioia corale. Stare insieme a voi, carissimi, mi ha fatto davvero salire sulla macchina del tempo, per tornare a quei favolosi anni ’70, vissuti insieme nei banchi di scuola. Li ricordate anche voi vero? … la contestazione post sessantottina, certo ma anche un’intensa voglia di vivere, stare insieme, giocare, divertirsi con poco o nulla.
L’ospitalità calorosa di Gilda ed Ernesto, hanno costituito la proverbiale “ciliegina sulla torta”. Traspariva dai vostri volti l’emozione di rivederci, e devo dire che quest’atmosfera così intensa l’ho respirata a pieni polmoni, per conservarne un po’ e metterla da parte; non si sa mai, le tristezze nella vita sono sempre dietro l’angolo e una piccola riserva di quella materia, preziosa quanto voi, può sempre far comodo. La tecnologia che mancava quarant’anni fa, tramite il nostro gruppo whats app “quelli della maturità 77” ci terrà legati e pertanto non demonizziamola, così come si fa per moda: sarà il nostro filo di Arianna. Essa ci terrà compagnia, ci permetterà di organizzare i prossimi appuntamenti che mi auguro più numerosi ed altrettanto pieni di gioia. Alla prossima, carissimi!
FRANCESCO, BLOGGER E FILOSOFO "DEL PENSIERO DEBOLE"

lunedì 23 dicembre 2019

SAN PASQUALE

Si tratta di uno dei luoghi maggiormente connessi alla pietramelaresità, forse anche perché nelle immediate adiacenze riposano i nostri cari; d’altronde tale legame si rafforza nel periodo natalizio, nella sera della vigilia vi si celebra infatti ancora il rito (precristiano) del “fuoco di Natale”. Parlo del Convento di San Pasquale: per iniziare ritengo doverosa una sintetica digressione storica.
L’ordine francescano fu portato in Campania verso il 1215 da frate Agostino d'Assisi, discepolo di san Francesco. Nel 1670 la Provincia francescana di Terra di Lavoro era divisa in Osservante e Riformata, e fra queste, si inserì anche la Custodia di San Pietro d'Alcantara. Gli Alcantarini diffusero anche la devozione a San Pasquale; forse è questo il motivo per cui con il tempo l’originaria intitolazione del convento a “San Francesco” (riportata fino all’ottocento in documenti ufficiali) fu sostituita fu sostituita con quella a “San Pasquale”.
Nella prima metà dell’ 800 i Frati Alcantarini erano diffusi in più conventi del napoletano e del casertano, ed erano riusciti a scampare alle leggi punitive borboniche e alla soppressione napoleonica, fortuna che non toccò agli agostiniani di S.Maria della Carità, che lasciarono il convento, oggi municipio, nel 1808, in epoca murattiana. Con l’unità d’Italia tuttavia il convento di San Pasquale fu inglobato nel patrimonio del nostro comune. I monaci vi sono comunque rimasti fino ai primi anni ’90 del secolo scorso, quando l’ultimo guardiano, Padre Angelico, perì in seguito ad un incidente stradale. Molte tradizioni legate ad esso sono ormai tramontate: si conserva ancora il pellegrinaggio dei devoti provenienti da S. Elia Fiume Rapido, in occasione della festa si San Pasquale, e il “formaggio dei monaci” preceduto da una benedizione degli animali lattiferi.
L’edificio conventuale annesso all’omonima chiesa sorge intorno ad un significativo chiostro di forma rettangolare, unica la forma a ferro di cavallo degli archetti del chiostro. E’ stato edificato su alcuni speroni calcarei di cui si notano all’interno affioramenti, che si ritrovano nell’attiguo cimitero. I piani sono due: da quello superiore si può accedere alla zona del coro. La chiesa, originariamente doveva essere a navata unica con copertura a capriata visibile, sostituita da una volta a botte, probabilmente nel seicento, furono anche aggiunte allora le cappelle laterali per motivi di consolidamento statico. In testa all’altare una tela cinquecentesca raffigurante San Francesco a colloquio con il Cristo.
Dato lo stretto legame con il popolo, il convento ha vissuto e prosperato della solidarietà e dell’elemosina. Ma anche l’interesse dei cosiddetti signori nei suoi confronti era notevole: a titolo di esempio riporto il decreto borbonico 3975 del 31/04/1857, con il quale si autorizza il vescovo di Teano a esigere i canoni di un “predio rustico” (fondo agricolo) donato da don Biagio Rinaldi al convento, con atto del notaio Del Mastro in Pietramelara, obbligando i frati a utilizzare tali risorse secondo le regole dettate dal donante.
Molti monaci illustri e con fama di santità hanno dimorato nel convento: cito Padre Sempliciano della Natività, al secolo Aniello Francesco Saverio Maresca, che dal 1853 al 1855, è stato di comunità nel convento di San Francesco a Pietramelara, con grande fama di predicatore, dovette allontanarsene per motivi di salute.

martedì 17 dicembre 2019

QUALITÀ' DELLA VITA:OTTIMISMO GIUSTIFICATO?

Causa un certo disagio, diciamoci la verità, il vivere in una provincia che sistematicamente si pone agli ultimi posti nella ormai consueta classifica basata sulla qualità della vita, che “Il Sole 24 ore” redige anno per anno. Questo blog scribacchiato se ne è già occupato circa due anni or sono (cfr. http://scribacchiandoperme.blogspot.com/2017/11/a-chi-va-la-maglia-nera.html) quando addirittura finimmo in coda alla classifica (107simo posto!!!), con un titolo interrogativo ma brutale “A CHI VA LA MAGLIA NERA?”. In quella sede, analizzando sconfortato i dati scrissi che: “la maglia nera non va al territorio, che ci riserva ancora spazi di incredibile suggestione e monumenti che hanno sfidato i millenni, la maglia nera va alla nostra classe dirigente, incapace oggi come ieri di decisioni impopolari e priva di capacità progettuale, va a noialtri, che nel segreto della cabina elettorale finiamo per votare sempre la stessa categoria di persone, indipendentemente dallo schieramento”.
Mi ritrovo oggi a ragionare sui risultati di quest’anno della stessa classifica, e (purtroppo) lo sconforto rimane: 93simo posto. Che dire?... poco o nulla: frotte di giovani che fanno valigia e partono alla ricerca di nuovi orizzonti e migliori fortune, lasciano presagire che di qui a poco il nostro Mezzogiorno d’Italia, inteso come comunità, corre seri pericoli di sopravvivenza. E non mi consola affatto il dato relativo alle altre province campane, che se la cavano peggio di noi: Avellino e Benevento, 94simo e 95simo posto.
Bisogna dire però che, a ben analizzare i dati, uno spiraglio di luce in fondo al tunnel si comincia a scorgere, basta solo vedere l’evoluzione dell’ultimo triennio in costante progresso, nonostante la permanenza nella “zona bassa” della classifica: anno 2017, 107simo posto – anno 2018, 101simo posto– anno 2019 93simo posto. Se poi scendiamo un poco più nel particolare approfondendo l’analisi, emergono ulteriori dati interessanti: la Provincia di Caserta guadagna un inaspettato 11simo posto per quanto attiene l’aspetto “Demografia e Società”, e all’interno di essa mi compiaccio per un lusinghiero quarto posto per il tasso di natalità, che in qualche modo contempera il temibile fenomeno dell’emigrazione giovanile di cui sopra.
Nonostante il “cautissimo” ottimismo… certo le preoccupazioni permangono, se diamo uno sguardo all’aspetto “Ricchezza e consumi” (101simo posto), oppure ancora a quello “Ambiente e servizi” (99simo posto). Ed allora lo stato della sanità pubblica, quello dell’inquinamento, e la raccolta dei rifiuti urbani vanno senza dubbio migliorati. Uno sforzo ulteriore da parte della politica in tal senso dovrebbe tendere a innalzare la quota della raccolta differenziata (69simo posto) e far in modo che migliorando la qualità dei servizi sanitari venga contrastata la tristissima “Emigrazione ospedaliera” (80simo posto).
Milano è Milano!... e chi può paragonarvisi? Il suo primo posto forse è pienamente meritato: prima in “Affari e Lavoro”, seconda in “Ricchezza e consumi“, terza in “Cultura e tempo libero”, ma quel 107simo posto in “Giustizia e sicurezza” lascia interdetti anche noi che, nella zona più bassa della classifica, ci poniamo in posizione molto migliore per tale aspetto (82simo posto).





domenica 15 dicembre 2019

LA CHIESA DELL'ANNUNZIATA

A conferma della sua importanza artistica è stata dichiarata monumento nazionale. Parlo della Chiesa dell’Annunziata, fondata nel 1497 circa, da Faustina Colonna, con la funzione di “cappella palatina” del maestoso palazzo ducale che sorge nelle vicinanze ed a cui era collegata tramite i “giardini del Pomaro” (di cui si conserva ancora il nucleo). Rinnovata nell’interno e ornata di stucchi e altari marmorei nel sec. XVII, vanta una preziosa pala d'altare raffigurante l'Annunciazione e presenta, a rivestimento della cupola absidale, affreschi raffiguranti i quattro Profeti Maggiori, che sono stati attribuiti alla scuola del Giorgione (attribuzione dubbia). La presenza di tale lavoro, di scuola veneta, del cinquecento testimonia gli importanti legami commerciali che Pietramelara svolgeva con le importanti corti rinascimentali del Nord Italia.
La testimonianza storica più preziosa e dettagliata relativa a tale edificio di culto la ritroviamo in una lettera scritta nel 1922 da Giulio Marcello, Priore p.t. della “Congregazione delli Fratelli della SSma Annunziata della Terra di Pietramellara schiavi del SS Sacramento” ed indirizzata al parroco del tempo Don Giambattista Lambiase. In tale lettera che ha la forma di sintesi di uno studio all’uopo condotto, ed il cui stile tradisce un certo attrito tra mittente e destinatario, forse a causa di una disputa legale, si comunica che una volta succeduto alla Colonna, nel Feudo, Don Paolo Mendoza, costui istituì detta congregazione. Le regole furono sottoscritte dagli adepti il 16 aprile 1619 e nel 1638 il Papa Urbano VIII la riconobbe ufficialmente con propria bolla. Passato il feudo di Pietramelara alla Famiglia Giovino, la cappella dell’Annunziata fu ceduta dal patrimonio feudale alla congregazione, che ne mantenne la proprietà fino al 1823. In tale anno il Municipio di Pietramelara, non disponendo di risorse per costruire un cimitero, chiese alla congregazione, ed ottenne, il permesso di seppellire i morti nella Chiesa dell’Annunziata, offrendo in cambio la possibilità di officiare nella Chiesa di Sant’Agostino, divenuta ai primi del ‘800, per effetto delle leggi napoleoniche, di proprietà comunale.
L’impianto architettonico dell’edificio è a tre navate: in esse vi sono tre cappelle per lato. Il bellissimo altare in onice e alabastro (si vuole estratti nel Montemaggiore) fu fortemente rimaneggiato nei primi anni ‘60 da Don Roberto Mitrano, parroco, per adeguarlo ai dettami del Concilio Ecumenico: fu eliminata la balaustra originaria e furono delocalizzate le porte laterali; in quegli anni fu altresì costruita la torre campanaria, a sinistra della Chiesa.
La storia recente della chiesa si fonde con quella di Don Roberto, per un cinquantennio parroco: furono anni di grande fermento giovanile, che si venne a coagulare intorno ad essa: le attività di animazione di quel tempo segnavano successi partecipativi di grande rilevanza, in una Pietramelara distante dall’attuale, perché connotata da un fortissimo “comune sentire”. Il Mitrano in altre parole intuì che la contestazione giovanile di quegli anni andava interpretata e (in qualche modo) gestita, facilitato nel suo intento da un tessuto rurale ancora estremamente sensibile a certi valori, anche nei più giovani ed arrabbiati.