Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

lunedì 27 marzo 2023

UNO SCRIGNO A POCHI PASSI

A volte non ci si crede: fare pochi chilometri ed imbattersi in uno scrigno di tesori dell’arte! E’ successo al vostro blogger scribacchiante domenica pomeriggio, giungere a Venafro per un caffè e approfittare della cosa per visitare un monumento di cui si è sentito parlare. Venafro, fino all’unità di Italia, importante comune di Terra di Lavoro, e oggi ai confini fra Campania e Molise, in provincia di Isernia… ed a Venafro il Castello Pandone: orgoglio venafrano (cfr. foto di copertina). Inserito tra i 20 castelli più belli d’Italia, esso si erge maestoso ai piedi del Monte Santa Croce e deve il suo nome alla famiglia, originaria di Capua, che vi abitò dal 1443 fino al 1528. Nel 1443 Francesco, il capostipite della famiglia, ottenne il castello direttamente da Alfonso d’Aragona come riconoscimento delle sue valorose imprese militari in difesa del Regno di Napoli. Ma è con Enrico che il castello fu trasformato in un elegante Palazzo signorile. Attualmente nelle sale del secondo piano è stata allestita una pinacoteca che accoglie, oltre a sculture e tele molisane, anche tele provenienti dal Museo di Capodimonte, da Palazzo Barberini (Roma) e dal Palazzo Reale di Caserta. Opere che vanno dall’età longobarda fino al ’600 e ‘700 napoletano. Tuttavia la particolarità più notevole del castello sono le raffigurazioni dei Cavalli ritratti a grandezza naturale, con la particolare tecnica dell’affresco su intonaco a rilievo; tali raffigurazioni ritraggono i destrieri che il conte Enrico Pandone regalava o vendeva ai suoi nobili amici. Figlio di Ippolita d’Aragona, Enrico fu educato sin da bambino all’arte della cavalleria, diventando così abile guerriero e sempre più innamorato dei suoi cavalli. Una grande passione che egli ha voluto immortalare sul piano nobile del castello, infatti le pareti erano affrescate con circa 25 ritratti dei migliori cavalli delle sue scuderie. Dei venticinque cavalli affrescati con una particolare tecnica a rilievo oggi ne sono rimasti solo 9 perché, dopo la famiglia Pandone, il castello fu abitato anche da altre famiglie della nobiltà meridionale (come i Lannoy, i Peretti-Savelli, i di Capua) le quali inevitabilmente modificarono alcune sale del castello. Sotto ognuna della raffigurazioni dei cavalli vi è un’iscrizione che ne indica la razza, l’età e la data degli affreschi, realizzati dal 1521 al 1527, ultimo anno di vita del conte Enrico, che, passando dalla parte aragonese a quella angioina, fu giustiziato a Napoli nel 1528 per tradimento. Oggi si possono ammirare nel loro splendore la sala dei cavalli da passeggio e la sala dei cavalli da guerra dove imponente, in fondo alla parete, spicca il cavallo che Enrico regalò all’Imperatore Carlo V d’Asburgo nel 1522 (cfr. foto n.2).
Ottima l’organizzazione museale: se ci si prenota, il sig. Nicandro, volontario dell’Associazione Carabinieri, accompagnerà volentieri i visitatori e, con la chiarezza e la dialettica tipica di chi ha a cuore la propria terra e i tesori che contiene, metterà in luce tutte le particolarità delle opere esposte e delle raffigurazioni dei cavalli. Una passeggiata a un vero e proprio “tiro di schioppo” dalle nostre abitazioni e che veramente consiglio a chiunque.