Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

domenica 31 agosto 2014

SAGRA: STORIA DI UN QUARANTENNIO

Lo ricorderà chi ha vissuto più o meno i miei anni: la “Sagra al Borgo” nacque intorno alla metà degli anni ‘70 ad opera della nascente Pro Loco Pietramelarese. Il progetto, l’idea giunse dal primo gruppo che coordinò l’associazione. Tanto per fare qualche nome: Carmelo Marsocci e Gabby Bassi, compianti presidenti, Domenico Caiazza, storico locale a tutti noto, Elio Barriciello, studioso di gastronomia e tradizioni contadine., e tanti altri uomini e donne che collaborarono al decollo dell’evento. In tempi in cui “enogastronomia” era un termine sconosciuto ai più, a latere, una vera e propria scuola di cucina tradizionale tenuta dalle due maestre zì Cuncettina e zì Catarina; ed ancora il recupero dei canti e dei balli della tradizione contadina che videro protagonisti gli indimenticati ed indimenticabili Peppino Casillo e consorte, Gioconda, Putenzina. Partita bene la prima edizione, le successive furono ancora più articolate e visibili, recensite nelle TV locali e anche in numerose testate giornalistiche, con iniziative rivoluzionarie a corollario (per i tempi), come ad esempio il campo di lavoro allestito per svuotare la torre dei detriti che la riempivano e per renderla visitabile.
Il cosiddetto boom economico era terminato, e l’Italia stava per entrare in quel periodo buio denominato “anni di piombo”. Gli echi di tali negatività, tuttavia giungevano in paese abbastanza attutiti e regnava ancora un clima abbastanza sereno, di forte coesione sociale: in tale contesto la Sagra finì con il divenire uno delle tante cose di cui il popolo pietramelarese a buon diritto poteva definirsi orgoglioso. In pochi anni le varie sagre paesane cominciarono a spuntare qua e la, nei dintorni come altrove e gli organizzatori di tali eventi guardavano al nostro come un sicuro punto di riferimento. Tale nota storica per quanto sintetica permette un confronto abbastanza agevole con quello che la sagra è diventata nell’arco di un quarantennio, fino a giungere alla novità di ieri sera con una sagra che continua a chiamarsi “al Borgo” ma che, ormai, dal Borgo è del tutto slegata. Ritornare sulle motivazioni del “trasloco” sarebbe ripetitivo e poco piacevole piuttosto, a beneficio dei miei “quattro lettori”, ed anche allo scopo di iniziare un dibattito, ritengo opportuno illustrare il mio modo di vedere la Sagra al Borgo.
Nulla di nuovo, va benissimo il modello adottato tanti anni fa, però con un solo obiettivo da tenere presente in ogni modo e ad ogni costo: alleviare il degrado estremo di alcuni punti del borgo e rilanciare la funzione di valorizzazione dell’enogastronomia e dei monumenti del centro storico. Al conseguimento di tale obiettivo dovranno tendere tutte le forze in campo, grazie ad una sorta di “accordo di programma” fra Comune, Pro Loco e le varie Associazioni che operano sul territorio e che, proprio in questi giorni, hanno dimostrato di saper far bene il proprio lavoro. Non bisogna essere puristi: la sfilata in costume, il bando della festa ed altri adempimenti possono essere benissimo tenuti fra Piazza Sant’Agostino, il Palazzo Ducale e Piazza San Rocco, ma il fulcro della manifestazione deve essere e restare il borgo. Pertanto va pensato un itinerario guidato che si svolga fra gli appartamenti del Palazzo Ducale, le cucine nei tradizionali punti (muro scassato, ‘ncoppa a corte, ecc.) e la Torre Normanna che da sempre ha rappresentato il baricentro del millenario borgo. La sagra deve rappresentare la celebrazione e la riscoperta della civiltà contadina che ha regolato la vita di queste terre fino a un cinquantennio fa; pertanto le preparazioni alimentari, i costumi, le esposizioni di artigianato tipico e quant’altro vanno sempre riferite ad essa, in un quadro di coerenza storica che non dovrebbe guastare. Ben vengano allora le attività della vita contadina di un tempo, le botteghe degli antichi mestieri, il tutto assicurando grande e diffusa visibilità dell’evento, e coinvolgendo la stampa, il Web e tutti gli altri strumenti di comunicazione.

venerdì 29 agosto 2014

DEGRADO DEL BORGO: CAUSA O EFFETTO?

Non condivido del tutto l’articolo apparso su paese news dal titolo “Crolla il Borgo Antico…” (http://www.paesenews.it/?p=44612), anche se mi trovo d’accordo con la scarsezza di attenzione, generalmente riservata dalle varie amministrazioni comunali al problema. Ma… andiamo con ordine! E’chiaramente una nota di colore giornalistica la notizia che il Borgo si stia sbriciolando; il verbo sbriciolarsi sta ad indicare una situazione di precarietà e degrado diffusa e generalizzata, mentre, a rigore, i fenomeni di degrado sono concentrati nella parte più alta del Borgo e interessano un certo numero di immobili di cui si conoscono i proprietari in maniera certa. Tale parte del borgo, per intenderci quella che va dalla Torre Normanna alla piazzetta “ncoppa a corte”, è interessata ormai da circa un quarantennio da un fenomeno di abbandono e spopolamento totale, ma … qui come altrove, non giova a nessuno il catastrofismo mediatico. Il nostro borgo vanta una storia più che millenaria: non si è sbriciolato sotto i colpi degli stradiotti veneziani nel marzo 1496, che pure lo misero a “ferro e fuoco”, non si è sbriciolato con i bombardamenti subiti durante l’ultimo conflitto mondiale, non si è sbriciolato, infine, con il nefasto terremoto del Novembre 1980.
Eppure a voler sentire la stampa locale (senza eccezioni), sembra che ormai i problemi del nostro paese si esauriscano in qualche lesione o in qualche cornicione che va messo in sicurezza. Lo zelo di chi “dovrebbe” controllare il nostro territorio si ferma tra i vicoletti e gli angiporti del borgo; quale attenzione viene dedicata, ad esempio ai fuochi che con cadenza quotidiana vengono accesi in periferia, diffondendo dappertutto un odore acre e serie minacce per il nostro apparato respiratorio? Qual è stato l’ impegno per contrastare l’andamento dell’economia locale, a dir poco disastroso? Tanto, per citare solo qualche problema tra quelli di più stretta attualità.
Per tornare al borgo sono del parere, e smentitemi se sbaglio, che la causa sia stata confusa con l’effetto, mi spiego: dall’articolo citato leggo testualmente “Anche la tradizionale Sagra al Borgo sentirà gli effetti tanto che una parte della manifestazione potrebbe svolgersi nella parte bassa del paese”; mi chiedo allora: atteso che dopo le tante negatività che ho elencato sopra e a distanza di circa un quarantennio dall’inizio dello spopolamento del borgo, nulla di nulla è successo (mai un’ordinanza di sfratto, mai per fortuna un ferito), non è che il degrado del borgo sia stato preso a pretesto più opportuno per spostare la Sagra altrove, annullandone del tutto ogni funzione di valorizzazione e recupero del borgo?
La Sagra pietramelarese (non vale più nemmeno la pena di chiamarla “al borgo”) ha fatto storia, è stata la prima nell’alto casertano a coniugare le locali eccellenze enogastronomiche con quelle monumentali; sembra che questo concetto sia sfuggito ai vertici della locale Pro Loco. Pertanto chi minimizza affermando che ci saranno comunque le visite guidate al borgo o è in malafede, oppure ignora che l’evento in ogni sua parte deve essere celebrato nel borgo, altrimenti ogni sinergia positiva tra i vari pezzi della manifestazione si annulla. E’ passato solo poco più di un anno ma… quanto lontani sembrano i giorni di chi, con un sparuto gruppo di amici, e munito di un’assortita cassetta di attrezzi, dedicava tempo libero ed energie personali per rimuovere criticità e preparare al meglio l’evento, ben convinto che solo e solamente quella poteva essere la location. Ma è successo quello che è successo… tant’è!
Gli interventi di risanamento statico degli immobili in situazione critica o li fanno i proprietari o li fa il comune “in danno” degli stessi, cioè facendosi rimborsare le spese sostenute per l’intervento; ci vorrebbe però un’Amministrazione con le p…e , fortemente motivata al recupero del borgo e non tesa al consenso ad ogni costo. Ma questa è un’altra storia… ne riparleremo a breve.

Sullo stesso tema in questo blog:
“UNA PRO LOCO IN CRISI” mercoledì 30 luglio 2014
http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2014/07/una-pro-loco-in-crisi.html

martedì 19 agosto 2014

FESTE DI PIAZZA

tutto è finito, si smonta il palco in fretta
perchè anche l'ultimo degli addetti ai lavori
ha a casa qualcuno che l'aspetta...

Restano sparsi disordinatamente
i vuoti a perdere mentali
abbandonati dalla gente...

Si tratta delle ultime due strofe di un pezzo bellissimo ed amaro della mia adolescenza, fine anni settanta, l’autore Eduardo Bennato, il titolo “Feste di Piazza”. Mi sono ritrovato stamattina in una piazza San Rocco ancora semideserta e mi sono ritornati alla mente questi versi e ho considerato quanto ancora siano attuali; ed allora mi è ripassato nella mente San Rocco e i suoi festeggiamenti a Pietramelara: un appuntamento immancabile a cui nessuno di noi vuole o può sottrarsi! La festa è finita, le luminarie stanno per essere smontate, rimane – si - qualche appendice festaiola, ma qualche bilancio lo possiamo pur fare.
L’aspetto religioso e liturgico, bisogna riconoscerlo, ha mostrato il meglio di sé, con il clero locale e l’inossidabile Don Roberto: messe solenni, processioni, il panegirico hanno visto una partecipazione di pubblico forte e costante nel tempo.
Le manifestazioni tradizionali “ a latere” , come l’offerta dei ceri votivi , hanno confermato il loro radicamento nella popolazione e nelle istituzioni, con una diffusa partecipazione, forte la valenza folkloristica; ritengo solo che vada un attimo stigmatizzato l’atteggiamento “auto celebrativo” di qualcuno in tale frangente.
I momenti di spettacolo non sono mancati: una bella serata di musica la sera dell’Assunta, in pieno clima “ferragostano”; una banda musicale, quella della vicina Ailano, in grado di soddisfare, la sera del sedici, in modo sufficiente i musicofili locali, generalmente molto severi. I fuochi d’artificio, belli e suggestivi, bagliori colorarti in grado di rischiarare la notte, tuttavia leggermente ripetitivi. E veniamo all’evento clou, il “concertino”: dopo qualche anno di stanca, con l’episodio della Parietti stonata a segnare il momento in cui il fondo si è toccato, esso ha cominciato a risalire la china; quest’anno poi, le vedettes proposte sono state veramente interessanti ed in grado di farsi apprezzare. La voce squillante della cantante dei Jalisse e, a seguire un Francesco Baccini in forma ed auto ironico, hanno dato vita ad una serata di musica leggera universalmente apprezzata. Artisti di indubbia fama e qualità hanno rappresentato per il San Rocco 2014, il colpo d’ali in grado di farsi universalmente apprezzare; chi era tra il pubblico, la sera del diciassette ha potuto notare moltissime persone, mai viste a Pietramelara, evidentemente attirate da un nome che dalle nostre parti non si è mai visto ne sentito; a far da contraltare i tanti altri “cugini” riardesi, rocca romanesi e di altri paesi limitrofi che hanno onorato la piazza con la loro gradita presenza.
Il comitato dei festeggiamenti, quest’anno in parte integrato con qualche new entry, ha fatto la sua parte; ritengo che tali persone vadano apprezzate e ringraziate, anche perché solo grazie a loro, al loro sacrificio e all’attaccamento alla tradizione, la festa sopravvive .

Sullo stesso tema, in questo blog 23 agosto 2011 “Ferragostane considerazioni” e 13 agosto 2011 “San Rocco. Cos'è cambiato? “

sabato 9 agosto 2014

... APPEN' A VER'

Nello studio del nostro dialetto ci si imbatte, spesso e volentieri, in espressioni colorite e curiose, parto della saggezza popolare: proverbi, modi di dire e nomi, alcune particolarmente in grado di stuzzicare e stimolare la fantasia. A volte tali espressioni arrivano a trascendere e superare anche quella proverbiale soglia di pudicizia nel linguaggio che usualmente nelle zone rurali veniva praticata, e di cui ho già scribacchiato su questo blog qualche tempo fa (cfr. “parlenn cu rispettu (o della pudicizia rurale)” - 9 giugno 2013).
A tal proposito vorrei additare ai miei “quattro lettori” un proverbio risalente di sicuro a qualche secolo fa, esso recita: “Ju culu ch’ n’ha vista mai a cammisa, appena ‘a ver’ s’a caca” (trad. Il sedere che non ha mai conosciuto un indumento intimo che lo ricoprisse, appena ne viene a contatto lo sporca di cacca). E’ evidente l’origine antica del detto, a quei tempi non si conosceva e non si usava biancheria intima e, a contatto con le parti anatomiche “sulle quali non batte mai il sole”, per la povera gente vi era solo qualche straccio sporco e liso; i signori e le persone benestanti invece, vestivano in modo ricercato e, al posto di quei poveri stracci, indossavano “a’ cammisa “: si trattava di un camicione multifunzione a blusa o chiuso con allacciatura anteriore, che copriva le spalle, il torace e arrivava ben al di sotto della cintola, avendo anche funzione (non secondaria) di “intimo”; essa veniva confezionata con stoffe ricercate e morbide, particolarmente adatte al contatto con certe parti delicate; una vera e propria discriminante sociale, quindi, consisteva nell’indossare la “cammisa”: se eri signore o ricco l’avevi e la portavi, altrimenti … Ma, fuori dalle disquisizioni etimologiche e filologiche, atte a collocare nel tempo e nel costume le origini del detto, esso, antico o moderno che sia, è oggi più che mai attuale!
Si tratta, è ovvio, chiaramente di una metafora partorita dalla saggezza popolare, il cui significato ironico è il seguente: vi sono uomini e donne non avvezzi a incarichi, onori, responsabilità ed opportunità varie che, appena ne vengono investiti (quasi sempre per fortuna o caso), per imperizia, superficialità, cattiva volontà ed ignoranza adottano una condotta rovinosa, che inevitabilmente produce risultati disastrosi. Basta girarsi intorno per rendersene conto, senza allontanarsi di un passo dal nostro beneamato paese.