Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

martedì 30 settembre 2014

1964, PRIMO OTTOBRE

Allora, in quel tempo lontano, le vacanze estive dalla scuola erano veramente lunghe, quasi tre mesi e mezzo, e finivano insieme al mese di settembre. Il primo di ottobre, San Remigio, si ricominciava ed i bambini che per la prima volta varcavano la soglia delle elementari venivano pertanto detti “remigini”; questo fino a quando, in Italia, non fu approvata la legge n.517 del 4 agosto 1977, e l’inizio delle scuole fu anticipato a metà settembre.
Il mio primo giorno da remigino, appunto, cadde esattamente mezzo secolo fa, 1 ottobre 1964! … non ricordo molto di quel giorno, avevo solo cinque anni appena compiuti; immagino che mi accompagnarono in classe i miei genitori, insegnanti, quindi presenti in quel luogo anche per motivi di lavoro, che mi consegnarono al collega a cui ero stato destinato, il carissimo e compianto Maestro Francesco Broccoli, raccomandandomi di fare il bravo, stare a sentire il maestro con attenzione e bla, bla, bla… intanto per me nell’arioso edificio di via Marconi era iniziata una nuova era, una nuova fase della mia giovane esistenza, destinata a concludersi circa vent’anni dopo con l’esame di laurea nella Reggia borbonica di Portici.
Classe rigidamente maschile, come si usava allora, i caratteristici banchi di legno (monoblocco seduta e scrittoio) che recavano ancora il tipico buco destinato ad accogliere il calamaio, nonostante si fosse già da tempo diffuso l’uso delle biro; e tra i banchi i miei compagni, conosciuti in quel lontano primo ottobre di mezzo secolo fa: e quelli sì, che li ricordo ad uno ad uno! … di ognuno ricordo il volto da bambino , e nelle attuali sembianze degli uomini maturi che sono diventati, riesco ancora a scorgere quelle gentili fattezze, anche se in parte corrotte e cambiate dal tempo. Vestivamo in modo semplice: calzoni corti anche in inverno, scarpe lise dall’iperattività frenetica e dai giochi, grembiule nero e fiocco bianco; chi abitava in campagna recava quasi sempre con se un forte e caratteristico odore di stallatico, ma nessuno ci faceva caso: la cosa veniva considerata più che normale. Sono oggi diventati padri di famiglia, imprenditori, operai, professionisti di successo, ma comunque tutti “uomini”, persone cioè in grado di interpretare ed assumersi responsabilità a vari livelli, sempre onerose e connotate dal sacrificio: come si usa dire dalle nostre parti “hanno fatto una buona riuscita”.
Pensate che con tre di loro: Vinicio, Enzo e Fernando il cammino comune è durato fino ai tempi della maturità … Quanti ricordi, quante storie allegre, quante fragorose risate che ancor oggi ci coinvolgono quando (raramente) ci ritroviamo insieme a raccontarci e raccontarci ancora i ricordi di quel tempo felice.
Tra noi, due o tre ci hanno già lasciato da tempo per una malattia, per un incidente sul lavoro, o per altro e sempre perché la Dea Bendata quel giorno si era distratta e non era rimasta accanto a loro: li rimpiango, e sono triste quando ci penso, perché con essi è andata perduta una parte del mio essere fanciullo.
La scuola: un mondo di cui ho respirato profondamente l’aria e il cui retaggio di valori, insegnamenti, sentimenti, regole e sistemi ancora scandisce i miei giorni, da quell’inizio cinquant’anni fa, fino ad oggi.

sabato 27 settembre 2014

SAGRA: PRIMUM PHILOSOPHARE DEINDE EDERE

La Sagra al Borgo, per le peculiarità insite nell’evento e per l’importanza ai fini della valorizzazione e lo sviluppo del territorio, rappresenta un momento clou dell’estate pietramelarese, e pertanto merita sicuramente attenzione ed approfondimento.
“PRIMUM EDERE DEINDE PHILOSOPHARE” (prima mangiare e poi pensare, ndr) sentenziavano i nostri progenitori latini, ma sono convinto che, al contrario, qui si debba prima di tutto “filosofare”, ed allora.. quale la filosofia su cui basare i menù da proporre ai numerosissimi avventori attesi?
Essa è molto semplice, se non addirittura ovvia: focalizza l’attenzione sulla riscoperta e riproposta dei piatti della tradizione contadina sette - ottocentesca, tradizione che è andata sempre più affievolendosi con le migliorate condizioni economiche generali, ma anche grazie all’avvento ed alla diffusione di nuovi modelli alimentari “di importazione”, proposti dai mass-media. La cucina dei nostri nonni, povera, ma allo stesso tempo ricca per fantasia e sensazioni indotte, non ricalca in tutto e per tutto la tanto celebrata “alimentazione mediterranea”, per vari motivi: in primo luogo per il clima, a volte rigido e freddo, mancano, perciò, preparazioni a base di pesce fresco, è forte, invece, la presenza di piatti basati sulle carni suine, molto di più che nel napoletano e dintorni; non va dimenticato, a tal proposito, che ci troviamo nella zona di origine della nobile razza suina “casertana”, sempre più alla moda fra allevatori, ristoratori e consumatori. A causa di quel freddo pungente nelle giornate d’inverno e della forte calura nelle lunghe giornate estive, dalle nostre parti l’alimentazione assumeva in passato connotati di spiccata stagionalità: la pasta, le carni, i salumi durante l’inverno, accompagnati da generosi rossi, insalate di pomodoro, cetrioli e fagiolini per l’estate con qualche bicchiere di un frizzante e leggero bianco.
Ciò premesso, la nostra Sagra non può fare a meno di presentare e proporre ai suoi ospiti “cavati” al sugo, pasta semplice a base di acqua e farina, fatta in casa e condita con ragù consumato per ore nel tegame di terracotta, “carna saucicciara”, polpa di maiale tagliata a tocchetti e conciata come per il ripieno delle salsicce, con l’aggiunta di sale, peperoncino e finocchietto selvatico, non possono mancare, inoltre, spezzatini di bufala, in bianco ed al pomodoro, e la mozzarella, in ossequio al comparto dell’allevamento bufalino, robusta realtà economica del territorio, interessante ed in espansione.
Visitando la nostra sagra mai a nessuno dovranno essere proposti wurstel, hot dogs, birra ed altre assurdità del genere, come se ne vedono in giro in abbondanza, perché la manifestazione deve essere e funzionare prima di tutto come volano di sviluppo per l’intero territorio e valorizzare le risorse ambientali, monumentali e agroalimentari insite in esso.
Una filosofia molto “slow food” – allora – in linea con le più attuali linee di tendenza della moderna enogastronomia.

sabato 20 settembre 2014

DA MOZART AGLI ALUNNI DEL SOLE

Esiste la musica classica, la leggera e quella pop? O molto più semplicemente, come ha sottolineato un politico presente alla serata, esiste la “musica” ? Saranno stati questi i pensieri del Maestro Caiazza, nel momento in cui ha elaborato il programma del concerto a cui abbiamo assistito ieri sera.
Emozioni, divertimento, bella musica, parterre importante, questi gli ingredienti della serata vissuta nell’antico borgo di Riardo ieri sera, tra cultura, socialità e rilancio del nostro territorio; il sagrato della chiesa di Santa Maria a Silice, location quando mai indovinata ed insolita, si è trasformato in un magico palcoscenico dotato di caratteristiche acustiche che pochi tra i presenti si aspettavano. Il programma ha spaziato tra domini musicali distinti e distanti fra loro, ma fusi insieme con sapiente armonia e seguendo il filo rosso dell’amore, declinato in ogni diversa accezione, insieme ad una particolare attenzione alla musica napoletana e della terra campana. Musica da camera, lirica, fino a giungere, senza apparenti soluzioni di continuità, alle colonne sonore di grandi film e persino agli intramontabili Beatles e… per finire un gruppo italiano del passato forse immeritatamente dimenticato come “Gli Alunni del Sole”. Questo particolare è stato molto gradito a chi - come me- ha più di un capello bianco sulle tempie: ascoltare “Concerto”, di quel gruppo, è stato come rivivere un emozione legata ai bei giorni dell’adolescenza e della gioventù; ed è evidente che della cosa se ne sia accorto il maestro che, al momento di concedere il bis, ha pensato a riproporre tale brano, già in scaletta.
Protagonista indiscusso della serata, il Maestro Ivano Caiazza, vanto della sua Riardo e grande risorsa culturale attinta a quel ricco giacimento chiamato Alto Casertano: si tratta di un compositore, direttore d’orchestra, violinista, ricercatore e musicologo di scuola napoletana. Un percorso di contaminazione, quello tra classico e moderno, intrapreso già da tempo, insieme ai suoi talentuosi musicisti, che anche ieri sera hanno seguito con intensità e concentrazione ogni minima vibrazione della bacchetta che li dirigeva.
L’evento, di singolare suggestione, è stato concluso dai saluti di politici locali e regionali, e dal direttore della Ferrarelle, Ingegner Cerbone, azienda leader del nostro territorio, che ne è stata anche principale sponsor. Alla prossima, dunque, con Ivano e la sua musica!

mercoledì 17 settembre 2014

LA PARTE PIU' IMPORTANTE DI PIETRAMELARA

A volte, quasi per gioco o per curiosità del passato mi metto a scartabellare fra le varie cartelle e sottocartelle del mio Hard Disk; l’ho fatto anche oggi e… per puro caso, mi sono balzati agli occhi vecchi pezzi dedicati al tema dell’edilizia scolastica nel nostro comune, pubblicati nei bollettini del gruppo “uniti per rinascere”, in seno al quale il sottoscritto si occupava della comunicazione; con il senno di poi e, a distanza di quasi un decennio, mi sembra che mentre li scrivevo qualche forza sovrannaturale mi abbia conferito il dono della profezia, leggete un po’ la parte conclusiva di un articolo, datato 30 novembre 2006:
“(…) La recente scelta di realizzare una nuova scuola elementare, solo apparentemente condivisibile, genera perplessità in chi approfondisce la conoscenza della problematica. La spesa per realizzarla in tempi brevi non è sostenibile, basta vedere in che condizioni versano le finanze comunali, pertanto i ragazzi continueranno ancora per decenni a frequentare l’edificio di Via Marconi, le cui condizioni peggiorano sempre più. Per sistemarlo basterebbe solo una piccola parte della spesa occorrente per la nuova scuola, e nelle aule in soprannumero si sarebbe potuta ospitare anche la tanto attesa scuola superiore”
Che dire poi di quest’altro passaggio tratto da un pezzo datato 2008 :
“(…) Ciò che preme comunicare, purtroppo, è che i nostri bambini saranno costretti, se tutto va bene, a frequentare ancora fino al 2010-2011 edifici scolastici fatiscenti e privi degli adeguati standard di sicurezza”. Come avrete costatato le stime temporali di allora si sono dimostrate anche troppo ottimistiche e fiduciose, visto che l’anno scolastico 2010/2011 si è chiuso da un pezzo, e che oggi a pochi giorni dall’apertura dell’anno scolastico 2014/2015 la situazione ristagna sempre allo stesso modo! Le scelte politiche sbagliate hanno condizionato più e più volte la vita della nostra comunità e, nel caso di quelle operate per l’edilizia scolastica, hanno inciso anche sul futuro delle generazioni di scolari e studenti, la parte sicuramente più importante di Pietramelara.


giovedì 11 settembre 2014

TEOREMA... DELLA RAGNATELA

Una questione anima con frequenza crescente tanto i capannelli della piazza quanto le discussioni più impegnate: quali sono le vere cause del declino del nostro paese?
L’analisi storica di un settantennio, quello che ci separa dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale, ci consegna un paese dalla straordinaria voglia di risorgere, che si esprimeva con uno sviluppo dei commerci e dell’economia reale senza precedenti, insieme ad un parallelo ad un diffuso innalzamento culturale.
Date tali premesse, era facile prevedere, negli anni sessanta e settanta, che, di li a poco, Pietramelara si sarebbe dotata di infrastrutture, servizi per il cittadino, scuole e tutto quant’altro distingue una piccola città da un paesone cresciuto disordinatamente. Quali sono, allora, le cause che hanno ostacolato il concretizzarsi di quelle verosimili aspettative? Sono frequenti le risposte riferibili a una posizione geografica defilata, o al ridotto peso del corpo elettorale, o ad ambedue le cause combinate. Ritengo che si tratti di motivazioni semplicistiche, che solo in parte sono in grado di spiegare il fenomeno. La vera “chiave di volta”, a mio parere, risiede nei comportamenti di una classe politico amministrativa che, se nell’ultimo decennio ha dato il peggio di se stessa sotto ogni profilo, già da molto tempo prima mostrava scelte ed obiettivi lontani dall’interesse comune. Inoltre, se si esclude qualche raro quinquennio di interruzione, non si può ignorare che, in pratica, l’oligarchia al potere è rimasta sempre la stessa. La fitta ragnatela di parentele, ascendenze e collateralità fra amministratori del passato e del presente, è stata il vero freno allo sviluppo!
Il ricambio reale nella classe dirigente, bloccato di fatto dalle dinastie che hanno retto il nostro Ente Comunale, non è stato tale da assicurare quella alternanza democratica che ovunque è garanzia di progresso. Due le considerazioni a margine del ragionamento. La prima riguarda la grande responsabilità storica di partiti e gruppi (in particolare quelli riferibili al centro-sinistra pietramelarese): aver assecondato e favorito tale stato di cose. La seconda richiede un’impellente voltar pagina, un segno netto di discontinuità col passato che costituisca il punto fermo da cui ripartire.