Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

martedì 31 dicembre 2013

Lasciate che io brindi con voi

Lasciate che io brindi con voi al 2014 che arriva, carissimi miei quattro lettori! Lasciate che l’allegria ci pervada almeno per un giorno, che la speranza di un anno e di un domani migliore torni ad impossessarsi di noi. Nel corso del 2013 per troppo tempo la mala sorte, la tristezza e la depressione hanno giocato da protagoniste: basta guardarsi appena un po’ indietro, ruotando il capo di qualche grado, per vedere quali sciagure abbiano prodotto, anche nel nostro paese. Il terremoto di domenica sera ha poi rappresentato “il canto del cigno” di questo 2013.
Ma oggi “non è cosa di questo” (ho volutamente utilizzato un’espressione dialettale): bisogna essere ottimisti e guardare in avanti con coraggio e determinazione. Lo so: il divertimento è una categoria dello spirito e quindi non ci si può divertire “a comando”, solo perché termina l’anno. Ma i brutti musi, no, quelli, almeno oggi, non li voglio proprio vedere!
Amate i vostri uomini e le vostre donne, colmate di affetto i vostri figli, sono un dono di inestimabile valore; il lavoro rimanga il vostro faro, nulla è più prezioso, esso conferisce dignità a chi lo esercita e i suoi frutti danno sostentamento e benefici sociali. Tutto il resto è “inezia pura”, pulviscolo che si disperde al primo alito di vento: accumulo di patrimoni e ricchezze, visibilità sociale, carriera, tutto si dissolverà in meno di un istante. A tal proposito,scusatemi, ma a chi esercita a propri fini il potere dico: l’amore di una donna va conquistato e non comprato, facendo semmai leva su situazioni di bisogno.
Siate filosofi “del pensiero debole” quanto chi scrive: innamoratevi di un tramonto, cercate la compagnia degli amici, trascorrendo tempo con loro, anche nell’ozio, ritrovate la vostra vera identità più vera, riappropriandovi del dialetto e della cultura locale.
BUON ANNO

giovedì 26 dicembre 2013

FAVOLA DI NATALE


“In un Natale di tanto tempo fa Gesù Bambino, travestito da piccolo mendicante si aggirava per le vie di una città, chiedendo un poco di elemosina: non era il certo il bisogno a spingere a tanto il Re dei Re, si sa che avrebbe potuto aver tutto, ma si muoveva solo per conoscere il vero animo degli uomini.
Bussò per prima ad una dimora ricca, di veri signori: vistolo così malconcio si infastidirono e lo scacciarono in malo modo, minacciandolo anche di percosse se avesse solo provato a ritornare. Si incamminò di nuovo, e provò in una casa di un artigiano, ma le cose per costui e la sua famiglia non andavano bene, pertanto si erano chiusi nell’egoismo, ed alle richieste del Piccolo Mendicante si schernirono, dissero che anche loro versavano nel bisogno, e lo invitarono a passare più avanti.
Il freddo era pungente e cominciava anche a nevicare, le povere scarpe ai piedi del Bambino si erano quasi disfatte nel fango, ma nonostante questo Egli continuava, di casa in casa, e riceveva solo rifiuti. Giunse infine nei pressi di una casa semidiroccata, in evidente rovina, abitata da una vedova poverissima che doveva provvedere anche ad un figlio, “Fatemi la carità, sono infreddolito ed affamato”: implorò rivolto a costei. La povera donna si mosse a pietà, lo fece entrare, lo riscaldò accanto ad un fuocherello e tirò fuori da una credenza un tozzo di pane duro: era tutto quello che possedeva, ma era disposta a dividerlo. Lo mangiarono insieme lei, il figlio e Gesù. Dopo aver consumato il povero pasto, Gesù disse: “Ho ancora fame”, ma la povera donna rispose che tutto quello che aveva era stato già mangiato; l’Onnipotente, allora, ancora sotto le sembianze del piccolo mendicante le chiese di scendere per strada, di raccogliere gli escrementi di alcune mucche che erano passate di la ritornando dai pascoli alla stalla, e di cuocerli sotto la cenere calda del focolare. La donna era incredula, ma qualcosa le diceva di fidarsi e di fare ciò che il miserabile bambino le chiedeva; ed infatti, dopo poco tempo da sotto quella cenere, meraviglia delle meraviglie, uscì un pane fragrante, dolce e profumato, invitante al punto di far venire l’acquolina in bocca a chiunque si fosse trovato a passare nei paraggi: si era compiuto un miracolo, la Carità aveva vinto sull’egoismo, e solo allora Gesù si rivelò alla povera donna facendosi riconoscere”.
E’ questa una favola, un “cunto”, che la mia carissima Nonna Peppinella amava raccontarmi, quando da piccolo mi intrattenevo con lei, e si vede che la cosa stuzzicava non poco la mia fantasia; il racconto, forse anche per il modo di pormelo, mi affascinava in modo particolare, perché più e più volte le chiedevo di ri-raccontarla; si tratterà sicuramente del riadattamento, operato dalla cultura popolare, di un episodio evangelico (o tratto da qualche apocrifo?); tante altre me ne avrà raccontate, la cara nonna, ma la semplice vicenda che trasformò la più umile delle materie in una prelibata leccornia, mi dovette colpire a tal punto, che a distanza di oltre un cinquantennio sono qui, miei cari quattro lettori, a raccontarvela ,a mia volta: è il mio piccolo dono di Natale per voi!

mercoledì 25 dicembre 2013

BUON NATALE

Auguri, auguri, auguri
miei carissimi compaesani; utilizzare i mezzi messi a disposizione dalla moderna tecnologia, conferisce alle espressioni augurali un carattere nuovo sicuramente, ma non in grado di offuscare l’autentico significato insito nell’espressione “auguri”. Pietramelara la si vive in piazza, per le strade, nei locali e nei ritrovi, ma da qualche tempo i Pietramelaresi (quelli vicini e quelli lontani) hanno aggirato le barriere “fisiche” delle distanze transoceaniche e si sono riuniti in una comunità virtuale che li rende più vicini nelle emozioni, nei sentimenti e negli antichi legami e relazioni, stabilite tempo fa. Il vostro blogger “scribacchiante” non ha fatto altro che approfittare di tale situazione di fatto, di per sé molto positiva: dalla finestra virtuale del mio PC sento ora di comunicare a voi tutti, vicini e lontani, il mio affetto insieme all’intimo piacere di dialogare con voi.
Il Presepe Vivente al Borgo di domenica scorsa, la cena della Vigilia tra gli affetti della famiglia, la Messa di mezzanotte a San Rocco, celebrata da un inossidabile Don Roberto, capace anche nella senilità di suscitare con le proprie parole, dotte ed accessibili allo stesso tempo, buoni sentimenti e richiami al vivere da cristiani, tanti giovani esultanti nella gioia davanti al grande fuoco a San Pasquale: è questo il Natale di Pietramelara e dei Pietramelaresi, una magia particolare che anche il 2013, che ci lascia, non ci ha fatto mancare.
Vogliamoci bene, carissimi, ed vogliamo bene alla nostra Terra: essa ci ha generato, nutrito, allevato ed accoglie le ossa delle persone che abbiamo amato; è pertanto degna di ogni rispetto!
Voialtri pietramelaresi lontani, che ci leggete dalle pagine di fb o dai miei pezzi scribacchiati, siete più vicini di quanto pensassimo e, forse, nella vostra lontananza, amate Pietramelara più di noi che, per destino o fortuna, siamo rimasti qui. Prendiamo esempio da voi, dalla nostalgia che traspare forte dai vostri post, dal fatto che appena potete salite su un aereo e coprite migliaia di chilometri per tornare a calpestare queste pietre, per girarvi intorno e osservare una natura generosa, per mettere un fiore sulla tomba di una persona cara. Spinti dal bisogno, da necessità varie, a volte da un amore lontano, avete lasciato per sempre il nostro amato paese, ma il ricordo sopravvive in voi sempre forte e sempre presente; siamo grati a tutti voi per questo esempio di “pietramelaresità” che sopravvive a tutti i costi! BUON NATALE
Vs. aff.mo FRANCESCO, filosofo del “pensiero debole”

sabato 21 dicembre 2013

ASPETTO IL NATALE

Aspetto il Natale, mi preparo al Natale, chiudo il 2013 e, con esso, un ciclo. Chi mi conosce sa che questo non è il periodo dell’anno che preferisco, tuttavia devo dire che quest’anno avverto una serenità migliore rispetto a quella dei Natali che hanno preceduto. Uno degli obiettivi che mi sono posto da sempre è la realizzazione di una rete di relazioni, sia nel campo lavorativo/professionale che in quello affettivo/familiare, e devo dire che questa, anche se paragonabile ad una tela che non finirò mai di tessere, comincia a far sentire i suoi effetti positivi.
Mi hanno proposto ed ho ottenuto ulteriori responsabilità: la cosa mi ha gratificato non poco, ma ha anche accresciuto l’onere di giornate lunghissime che cominciano al mattino col buio e finiscono a tarda sera, con altrettanto buio. Ciò ha finito per erodere il mio “tempo libero”, gli hobbyes che coltivo: la scrittura, la cura del piccolo podere e dell’orto, la socialità tutta rurale che si vive in piazza, nelle ore intorno alla sera. Ma… tant’è: l’ho voluto e me lo tengo!
Finalmente, con la Vigilia inizierà il beve periodo di riposo e di vacanza che mi sono concesso, fino alla conclusione del 2013: riposerò nella maniera che mi piace, rimanendo (a oltranza) in casa: ritroverò la mia famiglia tra le mura domestiche e uscendo insieme, cercherò la compagnia degli amici con cui sto bene. Mi piacerà dedicare un po’ di tempo a me stesso, alla salute del corpo e dello spirito. Ho delle “cosuccie” da sbrigare, di quelle considerate poco importanti ma che, trascurate a oltranza, potrebbero causare fastidi.
Nello spirito natalizio più autentico (a mio modo di vedere), rigenererò me stesso e quanto mi gira intorno.
Dopo si potrà anche ricominciare a parlare di treni in perenne ritardo, delle difficoltà e delle preoccupazioni per i figli che crescono, del servizio reso ad una utenza dell’ufficio esigente e mai contenta, di un sistema che poco considera il merito e l’impegno.
Si… ma dopo!

venerdì 13 dicembre 2013

GI'UANNI A' MONDIALPOL

A Pietramelara I personaggi singolari non sono mai mancati! Affabulatori, matti, sedicenti poeti e via discorrendo: persone che nella vita sembra non abbiano avuto altro scopo all’infuori del far parlare di se e delle proprie azioni; va detto che, a volte, ci sono anche riusciti, tanto che a distanza di decenni il loro ricordo è particolarmente vivo non solo nella memoria di chi, come il sottoscritto, è notoriamente affetto da una grave forma di “pietramelarite acuta”, ma anche, e questo è molto indicativo, nella memoria collettiva di questo popolo.
E’ il caso che vi voglio raccontare: si tratta di un certo Giovanni (Gi’uanni), emigrato in quel di Milano e, dopo aver cambiato vari lavori, assunto in una famosa società di vigilantes, la Mondialpol. Eravamo tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli ottanta, il mio paese non aveva ancora dismesso del tutto il suo aspetto rurale e la piazza era ancora luogo di incontro, occasione di svago e di impiego del tempo libero.
Chi è andato via per bisogno, se non è dotato di cultura e formazione in modo adeguato, in genere quando ritorna in paese assume un aspetto vagamente spocchioso e saccente, ed in alcuni casi la cosa si acuisce fino a sfiorare il curioso (se non il ridicolo). Il modo di vestire e l’aspetto la dicevano lunga: addome prominente, capelli “alla mascagna” sempre in ordine, pantaloni a zampa d’elefante, camicie a fantasie vistose portate fuori della cintola, immancabile borsello di cuoio a tracolla, destinato a contenere la Smith & Wesson a tamburo d’ordinanza. Il nostro si considerava un arrivato, vantava lauti guadagni, ed il massimo per lui era sottolineare la distanza che intercorreva tra se stesso e coloro che, per volontà o destino, erano rimasti in paese. Era solito tirar fuori dal borsello foto che lo ritraevano in divisa, a qualcuno mostrava la Smith & Wesson; gli piaceva suscitare interesse in piazza e a volte, attorno a lui, nelle sere d’estate si raccoglievano anche venti/trenta tra uomini e ragazzi che ascoltavano divertiti i suoi racconti, zeppi di enormità. Naturalmente fra i curiosi era solito infiltrarsi qualche buontempone in vena di sfottò, particolarmente abile nel porre domande al limite tra il provocatorio ed il surreale, la natura delle quali era nota a tutti gli astanti, meno che a chi venivano rivolte; se tirava fuori la solita foto in divisa con il berretto ottagonale, di foggia tipicamente americana, qualcuno di essi, con espressione seria, arrivava a domandare: “Gi’uà, ma rent’a quale banda ‘e musica stai?” (Giovanni ma in quale banda musicale suoni?) . Il nostro allora faceva per scocciarsi, per fingere di abbandonare il gruppo nel frattempo formatosi, ma si vedeva che ci teneva a rimanere al centro di quell’attenzione, per cui quella riunione estemporanea, dopo innumerevoli interruzioni del genere, durava fino a notte fonda. La Mondialpol per lui più che un datore di lavoro era divenuta una sorta di divinità materiale da idolatrare, e ne parlava in continuazione, tanto che per tutti in paese era divenuto “Gi’uanni a' Mondialpol”.
La voglia di rivalsa e di visibilità avevano prodotto in lui un senso di avversione profonda verso coloro ai quali si parlava ancora con il “Don”, non tanto i signori e i preti, ma soprattutto verso coloro che, a suo modo di vedere, non meritavano tale deferenza; allo stesso tempo si vedeva con chiarezza che quel “Don” lo pretendeva per se e che desiderava tanto essere chiamato “Ron Gi’uà”; qualcuno del suo estemporaneo seguito lo capì e da allora, in sua presenza, il “Don” veniva dato più o meno a tutti, passanti, massaie, operai e addirittura a bambini in tenera età, mentre al nostro era riservato sempre il solito vocativo: “Gi’uà”; per tale motivo in un momento di stizza, davanti a tanti “Don”, se stesso escluso, ebbe ad esclamare scocciato: “Chistu è proprio ju paese r’i priev’ti” (questo è il paese dei preti).
Gi’uanni a'Mondialpol, una delle infinite note di colore di quella Pietramelara che anche se non esiste più nella realtà, continuerà ad esistere per sempre nella memoria mia e di quelli come me.
FRANCESCO

sabato 7 dicembre 2013

SABATO MATTINA

Il giorno è bello e luminoso, stamattina, anche se il freddo si fa sentire pungente. Sono combattuto tra il rimanere a casa, a curare le mie cose, sistemare i miei archivi, corrispondere con amici, oppure staccarmi da questo PC e andare in campagna, godere del sole che nel frattempo avrà intiepidito l’aria.
Chissà… prevarranno le carte, gli scritti, le idee oppure l’operosità contadina che vive in me giorni di alterno vigore? In campagna, dopo questa intera settimana di pioggia e venti intensi, sicuramente qualcosa sarà successo, qualcosa richiederà di essere risistemato. Non so, a volte la pigrizia vince e il solo pensiero di dover indossare abiti da lavoro mi fa inorridire, freddi come sono. Finirò per andare, vestito come per casa, dare una fugace occhiata tutt’intorno e ritornare sui miei passi, come ordinariamente faccio di questi tempi. E’ stata questa una settimana particolarmente impegnativa per me e sono molto stanco: si usciva la mattina di notte e… auto, treno, bicicletta, ore ed ore in ufficio; al ritorno poi bici, treno ed auto e rivedevo il mio paese quando il sole era già calato da un pezzo. Ma… tant’è! Con chi prendersela se non me stesso? Il mio impegno prolungato nel tempo, il mio ritorno serale a casa mi hanno impedito persino di andare a fare “un’affacciata”. Il sabato di solito serve a questo, recuperare ciò che in settimana è stato impedito dal lavoro e dalla responsabilità.