Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

giovedì 19 aprile 2012

PICCOLE COSE

Le mie piccole cose sono come me. Riflettono una luce un’allegra luce, sempre soffusa di malinconia.
Mi guardo intorno, vedo la mia terra, poco generosa in quanto a frutti, ma sempre pronta ad accogliermi e a rigenerarmi, ad offrirmi silenzi e concentrazione. La mia macchina, bella e scattante quanto si vuole, ma perennemente sporca ed infangata per gli usi impropri che esigo da essa. La mia bicicletta, compagna inseparabile di mille giri a zonzo, senza una meta, splendente al sole per le tante cromature, ma con qualche immancabile punto di ruggine. La mia moto, vecchia di quasi trent’anni, ma capace ancora di comunicarmi un senso di libertà infinita e di gioventù che tarda a passare, nonostante i decenni. La mia cartella, fatta di un cuoio duro e resistente ma, allo stesso tempo, morbido al tatto, non la potrei immaginare senza tutti quei graffi ed abrasioni, segno di un uso intenso e vissuto. I miei libri: seri, allegri, romantici, compagni di viaggio, o rimedio di una notte insonne.
Le mie piccole cose riflettono, in se stesse, le contraddizioni che caratterizzano il mio essere.

sabato 14 aprile 2012

“sott’ a’ preula”

Chi, come me, ha avuto la fortuna/sfortuna di aver viaggiato in due galassie, chi cioè ha vissuto l’infanzia e la maturità attraversando mondi opposti, (vedi su questo blog “Due Galassie” , 30 ottobre 2011), ricorderà che in quelle masserie vecchie, ma tanto singolari nell’architettura, lontane lontane dal paese, anche se a poco più di un chilometro dal paese, vi era, immancabilmente, un luogo destinato al riposo estivo. Dico lontane lontane perché, nonostante la distanza minima, secondo criteri attuali, erano unite all’abitato da vie fangose in inverno ed incredibilmente polverose d’estate, così da essere giudicate, dai più, quasi sempre difficoltosamente percorribili.
Il lavoro dei campi, fino ad un quarantennio fa, era veramente duro, la meccanizzazione agricola era solo agli albori e la maggior parte delle operazioni era condotta manualmente, e questo, d'estate,con il caldo, poteva anche rappresentare una dura prova.
Allora, appena si poteva, ci si rinfrancava dalla fatica: un pezzo di pane, un povero companatico ed un bicchiere di vino, per una colazione da consumare fuori, magari insieme ad un compagno di lavoro. I luoghi destinati a tale funzione erano principalmente due: o “sott’ a’ preula” o “mmiez’ all’aria” (sotto la pergola o in mezzo all’aia, NDR).
La pergola era una pensilina viva, fatta intrecciando i tralci della vite, sostenuti da pali di legno; in genere era l’uva fragola, con il suo inconfondibile ed intenso profumo, la varietà di vite scelta per tale funzione. Mentre l’aia era uno spiazzo pavimentato circondato da un muretto, che assolveva anche ad altre svariate funzioni; il fresco, in tal caso, era assicurato da un frondoso gelso oppure da una centenaria quercia.
Confortevoli, perché caratterizzate da frescura delicata anche nelle estati più torride, “sott’ a’ preula” o “mmiez’ all’aria” erano luoghi deputati, anche ai contatti sociali: i visitatori della masseria, signori o cafoni che siano stati, secondo le rigide stratificazioni sociali dell’epoca, venivano ricevuti e fatti accomodare in tali precarie strutture e ivi si discuteva, si ragionava, si contrattavano affari e matrimoni, si osservava il cielo di giorno per le previsioni del tempo, o di notte per verificare le fasi lunari.
A ragion veduta, secondo il mio personale metro di giudizio, l’aia e la pergola sono state i luoghi che hanno visto nascere la “filosofia del pensiero debole”.

mercoledì 4 aprile 2012

INSONNIA

E’ una disavventura ricorrente, la mia insonnia! No, non è un ulteriore segno dell’età che avanza: potrei giurarvi che da sempre ho dovuto fare i conti con essa. Di notte girarsi e rigirarsi avendo cura di non infastidire chi ti sta accanto: le dita delle mani incrociate tra la nuca ed il cuscino, lo sguardo fisso verso l’alto, ma… ciò che vedi non è affatto una volta imbiancata da cui pende un lampadario. Le immagini che ti si susseguono agli occhi ed alla mente sono talmente realistiche da superare la realtà stessa; non c’è verso di riaddormentarsi ed allora ti alzi, giri per casa, dai uno sguardo alla TV, mangi qualcosa senza fame, ritorni a letto e… si ricomincia.
Ti frulla un’idea in testa, sei impegnato a pensare, ideare, progettare. Un pensiero ti arrovella la mente e quanto più lo vuoi scacciare tanto più insistente si ripresenta.
Tra le varie congetture e ricordi, ecco che la memoria richiama le Sliding Doors, le porte scorrevoli del famoso film, in cui il destino della protagonista prende una piega diversa in dipendenza della chiusura di esse e del fatto che sia potuta salire o meno, a volo, sulla metropolitana (perché quelle porte scorrevoli si chiudono un istante prima che essa possa salire).
Ed i fatti della vita, alla stregua di quelle porte, aperte o chiuse, ti inducono a dubitare: se quel giorno, nella medesima situazione, non avessi detto quelle parole, le cose si sarebbero potute mettere diversamente? E se, invece, ne avessi detta qualcuna in più?
Se in quel contesto mi fossi comportato in modo opposto, forse l’obiettivo diveniva molto più facilmente conseguibile, ed invece…
I numerosi decenni vissuti, come in una moviola al massimo della velocità, ti scorrono davanti in meno di un attimo.
E mentre il tempo passa, comincia a farsi giorno, ti assopisci un poco e la sveglia suona, perentoria ed intransigente. Mentre ti alzi pensi di avere vissuto un poco di più, rimanendo sveglio quella notte, e finisci per affezionarti anche alla tua insonnia.