Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 23 aprile 2021

TRIC TRAC (eccetera eccetera)

C’è un momento nelle vicende di una famiglia che induce sempre qualche problema: la successione e divisione ereditaria. Nel caso della mia, come in tante altre, d’altronde, le cose si sono risolte in breve tempo, grazie al buon senso dei contendenti/coeredi, in altri casi, al contrario, si sfocia prima in acredini, liti, e poi addirittura in cause giudiziarie. Basta fare un semplice giro del vicinato per averne contezza.

Dividere un patrimonio ereditato dopo che termina la vita di un genitore, infatti, aggiunge al dolore per la dipartita di una persona cara, anche il fastidio di discussioni interminabili, puntigli che impegnano in trattative lunghissime ed estenuanti, prima di giungere ad un risultato soddisfacente. Si ha notizia che le controversie si sono trascinate in alcuni casi per anni interi, a volte decenni, con il risultato che, tra spese legali e giudiziarie, perizie e scartoffie varie, gran parte dell’eredità si volatilizza. Va detto che in talune situazioni le ingiustizie possono provenire proprio dal testatore, il quale, nel dividere il patrimonio, si fa guidare più dalle preferenze e simpatie che da un criterio equo, nel vero senso della parola.

Anche in questo ambito la saggezza popolare ha detto la sua: l’eredità, secondo coscienza, va divisa in parti uguali! C’è una curiosa espressione nel nostro dialetto, utilizzata sino a qualche decennio fa ed oggi forse dimenticata, che si riferisce proprio a tale criterio di equità nella divisione ereditaria… l’avete sentita, la conoscete? “Tric trac, tant’ a parte”. I botti di Natale non c’entrano affatto: essa vuol dire, in altre parole che ogni quota dell’eredità deve assumere per ciascun coerede un valore congruo ed equivalente. Non conosco la derivazione e/o l’etimologia della cosa: azzardando una spiegazione il tric dovrebbe essere un parametro indefinito, una sorta della "X" in algebra, la cui entità economica deve essere pari (o quasi) al trac, altro parametro indefinito, da cui la volontà del testatore di non commettere ingiustizie, nei confronti di chi gli sopravvive. Se il tric equivale a un mezzo, un terzo (e via dicendo) dell’eredità, altrettanto varrà il trac.

 

sabato 17 aprile 2021

E... IMMEDIATAMENTE DOPO: VACCINAZIONE

Ci risiamo… è già la seconda volta che mi succede in meno di un paio di mesi! Una telefonata o una fredda mail mi avvisano di aver avuto contatti con una persona risultata positiva. Le sensazioni che si susseguono nell’animo sono tante e diverse: emozione, timore di essere stato contagiato, fiducia nella buona sorte che fino a quel momento ti ha assistito.
La prima volta si trattò di un’accidentale visita in un ufficio in cui uno degli operatori era risultato positivo, ieri si è trattato di un collega di lavoro che usualmente frequento. Allora devo restare isolato per una decina di giorni, e non posso fare un tampone perché nell’immediatezza le eventuali positività o negatività potrebbero essere non veritiere. Togliersi un dubbio che ci attanaglia indurrebbe chiunque ad affrontare la realtà sottoponendosi ad un test ma, come detto, non è ancora possibile; la voglia di correre verso uno dei laboratori specializzati è tanta, e la spesa da sostenere non frena affatto. Mi sento bene come non mai, vorrei uscire, lavorare, recarmi in ufficio, ma non si può.
In tutto questo l’hobby della campagna è stato ed è di grande aiuto: nella scorsa primavera, nonostante il lockdown totale a cui siamo stati sottoposti, non ho trascorso mai un intero giorno in casa, allo stesso modo quello che mi succede, la notizia di cui sono stato fatto partecipe, mi lascia quantomeno tranquillo. Nelle ore in cui non sarò al PC per sbrigare in Smart Working le faccende dell’ufficio potrò, nonostante tutto, evadere, uscire, dedicarmi all’orto, all’oliveto, alla piccola casa. Trascorrerò, come già faccio, interi pomeriggi in totale isolamento, la strada asfaltata dista varie centinaia di metri, e il traffico di auto e mezzi agricoli, già di per se poco intenso, giunge alle orecchie quasi gradevole, il vento, poi, intrufolandosi fra i rami produce una sorta di melodia. Le piante sono immobili e non emettono suoni (o almeno noi non siamo in grado di avvertirli), tuttavia si instaura dopo anni con ognuna di esse un rapporto diretto, particolare, una corrispondenza biunivoca che ripaga con grandi soddisfazioni tutto il lavoro ed il sudore che si versa.
A presto, miei cari quattro lettori di questo blog scribacchiato, e spero di comunicarvi che si è trattato ancora un volta solo di una precauzione e… immediatamente dopo: vaccinazione.

martedì 13 aprile 2021

CASE A UN EURO

Si tratta della prima ed unica iniziativa concreta per il recupero delle parti private del nostro Borgo, dal momento in cui è cominciato l’abbandono (inizio anni ottanta), ad oggi. Parlo del cosiddetto Progetto “Case a un euro nel Borgo di Pietramelara (CE)”, di recente messo in cantiere dall’attuale Amministrazione Comunale. Secondo tale progetto “I proprietari che intendono cedere i propri immobili disabitati situati nel centro storico manifestano adesione all'iniziativa dichiarando la volontà e la disponibilità alla cessione al prezzo simbolico di un euro dell’immobile dandone comunicazione scritta al Comune di Pietramelara “. Nella parte comunicativa del progetto si elencano gli obblighi che gli eventuali acquirenti si impegnano ad osservare, nonché il ruolo che l’Ente Comunale dovrebbe giocare.
Sottolineata la sostanziale positività dell’idea, peraltro in linea con tanti altri comuni che come il nostro dispongono di un patrimonio abitativo non più adeguato alle esigenze della vita moderna, ma comunque bisognoso di manutenzione, restauro e rifunzionalizzazione, ritengo che qualche perplessità in merito vada espressa.
Orbene, nel manifesto affisso domenica scorsa riportante, per grosse linee, le direttrici del progetto, si illustrano due possibilità per i proprietari di immobili in condizioni di scarsa sicurezza per l’incolumità pubblica e siti nel Borgo: Ipotesi A – provvedere con urgenza all’eliminazione dei pericoli incombenti, o, in alternativa, Ipotesi B- dichiarare di essere disposto alla cessione gratuita dell’immobile ad eventuali richiedenti.
La prima perplessità riguarda il fatto che, anche evidenziandosi un pericolo per la pubblica incolumità, ed individuando nei proprietari degli immobili la responsabilità di eventuali incidenti e danni, non si prevede alcun tipo di contromisura nei confronti di coloro che non aderiscono all’iniziativa, scegliendo né l’ipotesi A, né tantomeno la B.
La seconda perplessità riguarda gli immobili oggetto di simbolica compravendita. Le case del Borgo vantano una storia plurisecolare ma, nonostante ciò, fino a qualche decennio fa non hanno destato pericoli né immanenti, né futuri; neppure il terremoto del 1980 produsse danni degni di nota, soprattutto perché lo sperone calcareo su cui il borgo venne edificato ha assicurato nel tempo stabilità e sicurezza ai residenti.  Le lesioni, i calcinacci e i crolli derivano piuttosto dall’incuria di coloro che erano tenuti dalla vigente normativa ad assicurare sicurezza: da una parte i proprietari, dall’altra il Comune che doveva vigilare sull’inosservanza degli obblighi a manutenere gli immobili. Dall’ottanta ad oggi le varie amministrazioni succedutesi, per il timore dell’impopolarità, hanno contribuito a produrre lo stato di cose che osserviamo. D’altronde lo stato di degrado dei fabbricati non è omogeneo: alcuni presentano solo tegole sconnesse in procinto di cadere al suolo, altri lesioni più o meno evidenti, in altri già sono avvenuti crolli di solai e coperture; appare evidente che gli immobili più degradati sono quelli più bisognosi con urgenza di interventi ma, allo stesso tempo meno appetibili da parte di eventuali interessati, e tale fatto è in grado di compromettere seriamente l’efficacia del progetto. Inoltre il costo delle opere edili nel borgo è sensibilmente superiore all’ordinario: nessuno, nel pieno delle facoltà mentali, si accollerebbe una spesa di centinaia di migliaia di euro per recuperare un fabbricato semi crollato, ma sono questi   proprio gli immobili che destano più preoccupazioni!
Terza ed ultima perplessità, l’assenza dall’idea progettuale di un attore fondamentale: il delegato al Borgo in Consiglio Comunale; la sua conoscenza dei luoghi, delle problematiche e delle esigenze dei residenti avrebbe senz’altro potuto dare un’accelerazione   alle azioni di recupero.

venerdì 2 aprile 2021

RIARDO/PIETRAMELARA. SEPARAZIONE CONSENSUALE


E’ una vecchia storia quella che descrive i rapporti tra Riardo e Pietramelara, fatta di rivalità ataviche, di campanilismo, di ironia, ma anche di stime reciproche, matrimoni misti, di amicizie che durano una vita. Sono certo, con la consapevolezza derivante da sei decenni di vita, e posso affermare che elementi buoni e cattivi, positivi e negativi sussistano in ambedue i paesi: in definitiva credo che si tratti di due “popoli fratelli”, con i pregi e i difetti tipici dei borghi rurali. Ma, come erano nel passato regolati questi rapporti?  
Ero impegnato tempo fa in una ricerca via web relativa a documenti custoditi presso l’Archivio di Stato di Caserta, e per pura casualità ho avuto contezza di una vicenda inizi ottocento, riguardante la separazione amministrativa tra i due comuni confinanti. Si tratta di un carteggio risalente all’epoca della monarchia murattiana, che va dal 1812 al 1813.
Ritengo che l’annessione di Riardo a Pietramelara sarà stata cosa di qualche anno, non di più; sono portato a pensarlo perché da varie fonti emerge che l’Università di Riardo (questo il nome che assumevano i comuni nel medioevo e rinascimento) è sempre esistita; e va detto che emerge con chiarezza che, anche nel periodo dell’annessione, la comunità riardese ha sempre goduto di ampia autonomia. Una parentesi, quella dell’annessione, dovuta a qualcuno dei frequenti cambi di dinastia nel regno di Napoli: è costume diffuso che chi subentra al potere, al posto di qualcun altro, desidera, sempre e comunque, lasciar segni di cambiamento e di razionalizzazione (vera o presunta) della macchina amministrativa. Dovette essere così, forse proprio nel periodo murattiano, che a qualcuno venne lo schiribizzo di riunire sotto la stessa amministrazione le due comunità che, comunque, continuarono a camminare ognuna per la propria strada. Va detto che Gioacchino Murat, per la propria formazione militare, tenne sempre presente il rigore finanziario ed amministrativo, cosa che lo indusse a sopprimere quelle autonomie amministrative ritenute “minori”.
Dal carteggio, in una supplica indirizzata al Sotto Intendente di Gaeta (funzionario sotto la cui giurisdizione ricadeva il territorio), trasmessa con nota dell’eletto di Riardo Gaetano Zona, datata 12 settembre 1812, “i sottoscritti Cittadini del Comune di Riardo supplicando espongono alla vostra Giustizia, qualmente è pervenuto a loro notizia che dalla Comune di Pietramelara siasi ottenuto che essa di Riardo resti a quella definitivamente unita. Non senza raccapriccio si è intesa e si intende tal novità per tutta la popolazione, la quale quando sperava di essere esonerata da tale schiavitù, dietro gli reclami fatti per una simile pretenzione, si è visto invece punito il giusto ricorso” nella supplica a firma dei sigg. Rocco Di Nuccio, Pietro Zeppetella Tommaso Caiazza ed altri, si lamenta che anche avendo le due comunità ruolo fondiario e bilanci separati, nel decurionato di Pietramelara (attuale consiglio comunale) un solo posto era stato riservato a Riardo. Con nota data in Capua il 12 gennaio 1813 l’Intendente di Terra di Lavoro (il capoluogo fu spostato in Caserta solo nel 1818) comunica al Sotto Intendente di Gaeta che “Il sig. Ministro dell’Interno si è compiaciuto di approvare che il Comune di Riardo rimanendo disunito da Pietramelara, formi un amministrazione sola ed indipendente” ed inoltre dispone che si formi il buggetto (bilancio di previsione) del comune distaccato, e che si nomini sindaco il sig. Tommaso Caiazza, primo eletto Rocco Di Nuccio, secondo eletto Pasquale Spaziano e Gennaro Santagata cancelliere (forse una sorta di segretario comunale di allora). E’ curioso    che tali nomine abbiano interessato proprio i primi firmatari della supplica.
Come fu sentita la cosa a Pietramelara? ... dallo stile delle note presenti nel carteggio noto una certa freddezza, i toni sono estremamente pacati nell’accettazione di quanto disposto dal potere centrale, tant’è che Vincenzo Papa, sindaco di Pietramelara, con nota del 24 gennaio 1813 comunica al Sotto Intendente di Gaeta che “Non prima di questo giorno ho potuto recarmi in Riardo per l’esecuzione  della vostra n. 231, giacché il sig. Tommaso Caiazza , eletto di colà, si era da me spedito in Capoa…”, la nota continua poi con l’elencazione degli adempimenti amministrativi relativi al distacco dei due comuni.
Sono certo che, neanche allora, nel periodo in cui vigeva l’annessione, nessun pietramelarese abbia ritenuto Riardo un “popolo vassallo”. Una separazione “consensuale”, quindi priva di risentimenti da ambedue le parti, forse proprio perché calata dall’alto senza alcuna sollecitazione locale.