Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

lunedì 17 gennaio 2022

SANT'ANTUONU. SEGNI ED USANZE

 

Stamattina, era ancora scuro il cielo, passando per la periferia di Riardo, sono rimasto scosso da colpi rumorosi, credendo di aver urtato qualcosa con l’auto mi sono guardato intorno ma… niente. Ho fatto mente locale, allora, e mi sono ricordato della data 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, che in quel comune si festeggia ben due volte nell’anno: in questo giorno e poi nella Domenica in Albis (Sant’Antuonu roppu Pasqua), si trattava solo di colpi scuri che aprivano i festeggiamenti del Santo; è questo il segno di una devozione sentita e diffusa, che ben valica i confini di Riardo.
Sant'Antonio Abate, da non confondere con Sant'Antonio da Padova, è stato un monaco eremita vissuto in Egitto nel IV secolo dopo Cristo. Isolandosi dal mondo cercava un rapporto più diretto con Dio. Questa originale scelta di vita contribuì alla diffusione di numerose leggende e devozioni popolari, come ad esempio quella che vuole S. Antonio Abate capace di far ritrovare gli oggetti smarriti ("Sant'Antonio di velluto, fammi ritrovare quello che ho perduto”).”). Ai bambini che perdevano i denti di latte, dalle nostre parti, veniva fatta ripetere la filastrocca: “Sant’Antuonu, Sant’Antuonu pigliete ju viecchiu e ramme ju nuovu”, invocando  così il santo a far ricrescere subito il dente definitivo
I suoi seguaci usavano curare piaghe e ferite utilizzando il grasso di maiale. Per questo motivo, S. Antonio Abate veniva invocato come taumaturgo e raffigurato in compagnia di un maiale. La fama popolare lo innalzò a protettore degli animali domestici che accompagnavano la vita dei contadini e degli allevatori.
E’ forse quest’ultimo il motivo della diffusione del culto di S. Antonio Abate: la forte presenza dell’agricoltura, attività economica assolutamente preponderante nella civiltà rurale dei secoli passati, ha fatto di questo santo una quasi divinità a cui rivolgersi per invocare grazie e favori.
In Campania, come si è detto sopra, la devozione a S. Antonio Abate è molto radicata in alcuni contesti rurali, in Terra di lavoro, in Irpinia, nel Salernitano dove si svolgono riti secolari all’insegna del fuoco, della musica, della convivialità. I significati simbolici sono evidenti: il fuoco rappresenta il calore della nuova vita e la luce della speranza nei giorni più freddi ed oscuri dell’inverno; la musica è rito collettivo che scaccia i demoni e i cattivi pensieri; la convivialità del vino e dei prodotti genuini della terra sono un fiducioso auspicio di prosperità. In particolare Macerata, comune dell’hinterland casertano, ha sempre rinnovato il rito delle “pastallesse”, che di sicuro deriva da culti precristiani, protagonisti ne sono i “bottari” che producono un ritmo ossessivo ed assordante con martelli lignei su botti vuote e falci che risuonano.
Anche nella nostra Pietramelara non mancano segni esteriori del culto del Santo: la presenza di pregevoli gruppi scultorei lignei sia in San Pasquale che in Sant’Agostino (cfr. foto di copertina), la cappellina di Sant’Antonio Abate, sita a metà dell’omonima strada, tenuta in costante lustro delle pie donne locali, ci confermano che un tempo la gente che si recava in campagna passando per quel posto buttava lo sguardo verso la cappellina e l’effige del santo ivi presente, recitando a mente una preghiera che disponesse bene una dura giornata di lavoro. Si è ormai persa da decenni l’usanza del "Puorcu r’ Sant’Antuonu", che vagava per le vie del borgo e veniva alimentato e trattato come una sorta di animale sacro, dalla gente, che lo  chiamava affettuosamente 'Ntonio .