Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 27 gennaio 2017

'E RUTTI

In quel punto,sito sul versante ovest della montagna, meta di tante passeggiate, uscite scolastiche, scampagnate di lunedì in albis, sorge il più importante complesso archeologico della piana di Pietramelara e dell'intero Montemaggiore: le Grotte di Seiano.
Da un pregevole scritto ripreso dal web, di Valerio Caiazza, giovane storico di Pietramelara, apprendiamo che: “Il complesso è costituito da rovine di epoca tardo-repubblicana (II-I sec. a.c.) collassate probabilmente poco dopo l’edificazione, anche se vi sono tracce di una certa continuità di vita ( una piccola masseria cresciuta tra le rovine,tuttora esistente, è stata abitata fino a qualche decennio fa. ). Le prime notizie delle Grotte di Seiano sono quelle che fornirono gli eruditi del XVIII sec. tra cui il Sacco che nel 1795 scriveva di una grotta antica appellata di Seiano, la quale è di una sorprendente struttura,ed è divisa in cinquanta piccole camere. Particolarmente curiosa è l'opinione dell'Abate Mattia Zona,che probabilmente non dovette mai recarsi sul luogo o ne ebbe un'impressione tristissima poichè le descrive come un locus horridus: quelle orride spaventevoli grotte, dette oggi Grotte di Seiano, dalla banda di Pietramelara. (…) Il sito però già da secoli eccitava la fantasia popolare e, come spesso accadeva nelle leggende di fondazione delle mura megalitiche, ne attribuiva la costruzione alle fate. Altri invece asserivano che vi fossero profondissime cavità sotterranee che conducevano a Capua oppure al Castello di Roccaromana, mentre per altri era sicuro smarrirsi in quel labirinto!!
La zona archeologica è racchiusa da un quadrato di mura di circa centro metri di lato, suddiviso in due terrazzi, di cui il più grande è quello ad Est di un paio di metri di livello superiore all'altro. Più a valle vi sono altri due circuiti murari, meno conservati ma sufficientemente visibili. Le Grotte vere e proprie, ovvero il vasto complesso sotterraneo (…) lungo circa 30 metri per lato, è percorso da nove gallerie che si distribuiscono in senso Est-Ovest. Le gallerie sono interamente voltate. (…) Non è chiara la funzione del complesso superiore: si oscilla tra l’ipotesi che si tratti di una villa e quella che vi vede le sostruzioni di un tempio. Anche qui solo lo scavo potrà chiarire i dubbi, in attesa mentre alberi e radici sgretolano i resti, dopo secoli rimane il mistero sull’antica funzione delle Grotte. Queste restaurate e rese visibili e visitabili potrebbero degnamente porsi quale obiettivo di turismo archeologico”
.
Le conclusioni del giovane Caiazza, promettente figlio d’arte, sono particolarmente condivisibili, perché è vero che le Grotte potrebbero degnamente fungere da attrattore; ancora una volta, tuttavia, chi scrive questo blog scribacchiato è costretto a denunciare il disinteresse nei confronti di tale monumento, non ascrivibile a questa o quella amministrazione, perché nessuno, dal dopoguerra ad oggi, ha mai pensato di intervenire. La costruzione della panoramica Pietramelara/Rocchetta e Croce, iniziata nei primi anni 70 del secolo scorso accese qualche speranza in tal senso, che la storia successiva ha dimostrato mal riposta. E’ vero: l’area è privata (o quasi) e per procedere ad una campagna di scavo essa dovrebbe essere acquisita al patrimonio, ma non penso che la proprietà, in presenza di un’offerta ragionevole, rifiuti di cederla.
Il tempo dei sogni è finito, e chi vuole indurre sviluppo economico consistente e duraturo deve fondarsi esclusivamente sulle risorse locali. Le Grotte o “e rutti” , per dirla alla pietramelarese, se valorizzate, potrebbero costituire insieme al borgo medioevale ed ai rigogliosi boschi del Monte Maggiore, un’attrattiva di forte interesse, magari inserite in un itinerario monumentale dell’Alto Casertano.

domenica 22 gennaio 2017

AMBIENTE E TERRITORIO: SOLO BELLEZZE?

Il territorio rurale è la parte più ingente del nostro comune: da una stima su base cartografica fatta dal sottoscritto qualche tempo fa, non più di due chilometri quadrati sono stati antropizzati, cioè destinati ad abitazioni e/o infrastrutture; ciò premesso visto che la superficie totale territoriale ammonta a ben 24 chilometri quadrati, significa che oltre il 91% del nostro comune è ancora (per fortuna) occupato da campi, boschi, siepi, fossi e rivoli. Una situazione ideale, direte voi… non penso!
La gestione di un patrimonio tanto ingente genera una serie di problematiche la cui risoluzione è ardua, e delle quali abbiamo solo una lieve percezione, attenuata dall’enorme massa di questi beni. Utilizzazioni improprie hanno dato luogo ad emergenze che, per quanto puntuali, non possono essere ignorate, soprattutto da coloro che si propongono o si proporranno alla gestione del nostro comune.
Bisogna constatare che l’incivile usanza di smaltire nei fossi elettrodomestici fuori uso ed altri “ingombranti” persiste, e non costituisce certo una giustificazione l’inefficienza dimostrata anche in tale ambito da parte di coloro che ci hanno amministrato nell’ultimo ventennio.
Anni ed anni di mancata programmazione hanno indotto lo spostamento nelle zone rurali di attività artigianali ad alto potenziale inquinante; la cartiera sorta in località Pantani è stato l’ennesimo miraggio occupazionale ed ha lasciato sul campo solo un enorme scatolone di cemento, insieme a innumerevoli delusioni; le zone PIP, di insediamento produttivo/artigianale, che dovevano nascere almeno trent’anni fa, hanno costituito solo un inutile e costoso palliativo ad una situazione di fatto, già di per se patologica. L’ennesima ferita, quella del “canalone”, opera idraulica quanto mai inutile e dispendiosa, non ha migliorato per nulla l’equilibrio idrogeologico , prova ne sia il fatto che l’alveo per la maggior parte del tracciato è invaso dalla vegetazione: segno che di acqua ne corre poco o nulla.
Un territorio rurale come il nostro, dotato di spiccate caratteristiche di multifunzionalità (funzione produttiva, di riequilibrio ambientale, di richiamo turistico) merita maggior rispetto da parte delle istituzioni, in primo luogo, e della cittadinanza.
La politica in questo ambito, come in altri, deve avere il coraggio dell’impopolarità, acuire la sorveglianza, specie all’indomani della soppressione della stazione forestale, essere più attenta nel rilascio di permessi a costruire, punire esemplarmente gli sversatori. Infine si deve far leva realmente sulla funzione di richiamo turistico, esercitata da un territorio denso di beni ambientali e monumentali, frutto di una civilizzazione che dura da tre millenni.
Direttamente connesso con questo è il discorso opere pubbliche: per troppo tempo è stato vigente il concetto, secondo il quale “abbiamo la disponibilità di un finanziamento - realizziamo un’opera- che ce ne frega se è inutile”; ad esso va sostituita la filosofia “abbiamo un problema – individuiamo la soluzione – cerchiamo un finanziamento per attuarla”. Senza tale evoluzione di atteggiamento anche le istituzioni saranno responsabili della trasformazione dell’ambiente, del territorio,del paesaggio in una serie di brutture messe una accanto all’altra, e avranno perso irrimediabilmente anche la funzione di richiamo e i relativi ritorni economici.

mercoledì 18 gennaio 2017

SERVIZI: UN EQUIVOCO STRATEGICO

Avevo anticipato ai miei quattro lettori, in vista delle prossime elezioni di primavera, di voler trattare le varie problematiche vecchie e nuove del nostro amato a paese e, dopo l’emergenza centro storico, nell’ambito dell’oneroso carico di lavoro per l’amministrazione comunale prossima ventura (cfr. http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2017/01/la-scoperta-dellacqua-calda.html) , questo blog scribacchiato passa adesso all’assenza (ahimè) quasi assoluta di servizi fruibili da parte della nostra comunità. E’ fin troppo evidente che la popolazione pietramelarese, per accedere ad un livello di qualità della vita adeguato ai tempi, deve oggi sostenere un costo decisamente superiore a quello di tante altre comunità confinanti con la nostra, e che l’attenzione da dedicare ai servizi deve aumentare.
Per chi ha qualche capello grigio sulle tempie non è difficile ricordare, ad esempio, quanto la situazione dei trasporti pubblici sia stata migliore qualche decennio fa rispetto ad oggi; ciò costringe le famiglie a possedere almeno due auto, con relativi annessi e connessi: bolli, assicurazioni RCA, manutenzione ecc. Certo non è più proponibile, al proposito, soprattutto per il costo eccessivo, un autobus ad ora per Caserta o per Napoli, comunque la razionalizzazione di un servizio di trasporto per la stazione di Riardo o per il centro di Vairano, risolverebbe moltissimi problemi per anziani o persone in difficoltà, e non avrebbe un costo insostenibile. Le soluzioni da individuare sono svariate : si potrebbe pensare all’acquisto di un pulmino, mettendo su, anche in partenariato con Roccaromana e Riardo, una piccola impresa “in house”.
La sanità pubblica continua a destare preoccupazioni, ed in corrispondenza con le frequenti urgenze legate al periodo invernale, in un paese fortemente senilizzato, le attese delle ambulanze a volte durano lunghissimi ed interminabili minuti; a ciò si aggiunga che l’ambulanza che staziona a Roccaromana non è medicalizzata, e che ciò ovviamente si riflette sul livello dei soccorsi che possono apportare i volontari. L’ambulanza di Caianello, invece, dotata di medico a bordo, impiega mediamente 15/20 minuti per individuare il luogo da cui proviene la chiamata e raggiungerlo: minuti preziosi quando si tratta di salvare delle vite umane. A quanto mi risulta non sono state esercitate le necessarie pressioni politiche affinché anche l’ambulanza di Roccaromana venga medicalizzata, e sarebbe pertanto opportuno ed urgente cominciare a farsi sentire anche sotto tale fronte.
L’assistenza ad anziani ed infermi è all’anno zero, ed anche il poco che si faceva fino a qualche anno fa ormai è solo un ricordo, con la giustificazione frequente della mancanza assoluta delle necessarie risorse economiche. Il centro di aggregazione di via S. Antonio Abate è poco frequentato perché fuori mano, ma anche perché mancano animatori in grado di intraprendere iniziative che realmente possano attirare la fascia più anziana della popolazione.
Le numerose famiglie che vedono al loro interno mamme lavoratrici sono costrette a forti sacrifici economici per pagare una baby sitter, oppure a indurre la forzata rinuncia ad un lavoro a volte duramente conquistato. L’istituzione di un asilo nido è divenuta pertanto un’esigenza indifferibile, anche perché i locali da destinare ad esso ormai non mancano.
Ripensando a tali cose l’opinione che si forma nella mente e che l’equivoco “strategico” nel quale sono cadute le amministrazioni dell’ultimo ventennio consiste essenzialmente nell’aver individuato solo nelle opere pubbliche un fattore di qualità, anche laddove esse potevano risultare inutili o addirittura dannose; la vera e più moderna qualità di un amministratore consiste, invece nel saper creare opportunità di servizi da far fruire ai propri concittadini.

mercoledì 11 gennaio 2017

LE VIZZOCHE

Nel mio “paese antico ed estinto”, che sopravvive solo nella memoria di quelli come me, esistevano delle figure, degli stereotipi, alcuni dei quali (pochi) ancora sopravvivono, mentre altri sono stati definitivamente soppiantati dalla modernità.
Di questi utlimi faceva parte sicuramente la figura della “vizzoca”: donna di età matura, non sposata, dedita alla frequenza della chiesa e dei luoghi sacri. Le vizzoche cercavano di sbarcare il lunario alla meglio: alcune ricamavano, altre si dedicavano a piccoli lavori di sartoria e qualcuna preparava i bambini alla prima comunione, con un catechismo del tutto personale.
Secondo un’attendibile etimologia scovata sul web “Vizzoca e/o Bizzoca" è la parola abbreviata nelle parlate meridionali (bezzoca, bizzoca) di "bizzocchera"; i bizzoccheri erano frati terziari francescani di una setta chiamata dei "fraticelli" che si distinguevano per le loro pratiche dichiarate eretiche; secondo D'Ascoli, "il termine sorge come dispregiativo di una setta di frati minori terziari condannati da Bonifacio VIII e si potrebbe pensare a derivazione dal latino volgare "bicius" riferito al grigio degli abiti; per il Devoto, invece, il termine è "incrocio di bizarro e sciocco".
Secondo i miei ricordi, però, questa storia delle limitate facoltà mentali, tra l’altro sottolineate dal Devoto, era più che altro dichiarata ma non effettiva, una sorta di difesa preventiva nei confronti di una società rurale che aveva relegato ai margini le vizzoche. La lunga esperienza di vita, a volte condotta fra mille difficoltà, aveva reso infatti qualcuna di queste donne particolarmente furba e reattiva, e a volte tale furbizia degenerava in vera e propria cattiveria.
Una figura controversa quella della vizzoca, dedita si alla pratica religiosa, ma in modo molto personale: insieme ad altre amiche curavano il decoro delle chiese, conoscevano un sorta di latino “maccheronico” imparato e mandato giù a memoria, per tradizione orale, quello delle preghiere. Quei versetti non di rado, in pubblico ed in privato, venivano distorti e corrotti, tanto da degenerare nel ridicolo assoluto. Ad esempio l’invocazione a Maria “Regina santorum omnium” (trad. Regina di tutti i santi), veniva a tal punto distorta da trasformarsi in “Reggìna santi r’mmòni” che, tradotto letteralmente dal nostro dialetto, vuol dire più o meno “regina dei demoni santi”, oppure il “Requiem Aeternam” diventava “Requia materna”, ancora il “Requiescat in pacem, amen” (riposi in pace) dell’Eterno Riposo, poteva essere trasformato in un improbabile “Requia e schiatt’ in pace, ammèn”… un vero spasso ascoltarle, per chi aveva un minimo di dimestichezza con la lingua di Virgilio.
Figura diversa dalle vizzoche, ma analoga e collaterale ad esse era quella della “monaca di casa”. Si trattava di religiose, che avevano regolarmente preso i voti, provenienti da famiglie nobili, e obbligate a tanto per non suddividere fra più eredi il patrimonio di famiglia; vicende diffuse e mirabilmente descritte dal Manzoni, a proposito della arcinota Monaca di Monza, comuni un tempo anche da noi. Erano state dispensate dal vivere in convento e vestivano l’abito talare in casa; la buona educazione ricevuta in gioventù permetteva loro di insegnare musica, arti femminili come il ricamo, e a volte anche di dare lezioni private ; a tal proposito qualche ultraottantenne sporadico lettore di questo blog scribacchiato ricorderà Suor Crocifissa, che abitava nel borgo.
Un “mondo piccolo” perduto nei meandri del tempo, ove ogni figura, dalla più umile alla più altera, era in grado nella propria identità, di contribuire a caratterizzarlo.

martedì 10 gennaio 2017

LA SCOPERTA DELL'ACQUA CALDA

L’agenda dell’amministrazione che andrà ad insediarsi a breve sugli scranni del nostro comune è densa di impegni pressanti ed emergenze da risolvere. Proverò con questo pezzo e qualche altro, ad indicare, cercando di non essere saccente, quale sia il mio punto di vista relativo ad essi.
Partiamo dal “centro storico”: e quando dico centro storico non mi riferisco solo al millenario borgo, bensì a quella vasta porzione di paese inclusa nell’immaginario quadrilatero (cfr. immagine di copertina) che si estende da via Europa a sud fino a via Matese a nord, e che va da via San Giovanni a occidente fino a via Marconi e la piazza ad oriente. Fino a qualche decennio fa tale parte rappresentava la quasi totalità del paese, in essa si concentravano le attività economiche più importanti: artigiani e commercianti costituivano il lievito che manteneva viva l’operosa gente pietramelarese. Oggi, al contrario, è in essa che si concentrano le problematiche urbanistiche più impellenti: spopolamento progressivo, degrado degli immobili, elevata quota di volumi inutilizzati, delocalizzazione quasi completa delle attività produttive.
Il miglioramento delle condizioni economiche generali, verificatosi dopo la metà del secolo scorso, ha dato luogo alla realizzazione di interi quartieri, sorti in quel periodo, caratterizzati da un’edilizia di tipo residenziale, a volte di gran pregio. Purtroppo, siccome nel frattempo la popolazione non è cresciuta, si è assistito al fenomeno del progressivo trasferirsi di interi nuclei familiari dalla parte più vecchia a quella, sicuramente più comoda e vivibile, di recente edificata. La delocalizzazione del mercato domenicale, insieme a quella di numerosissime attività economiche e commerciali ha fatto il resto. L’immagine che ci si offre è quella di uno spopolamento, ormai quasi completo nel borgo medievale, ove sopravvivono solo una decina di famiglie pietramelaresi; tuttavia tale abbandono è ormai diventato sensibile anche nella direttrice via Roma/piazza San Rocco, e non mancano immobili disabitati da anni neppure in via San Giovanni (fore san Giuanni), Via Marconi (fore carpene) o in via Matese (pe ttuornu a' terra).
Tale problema per il nostro comune, anche se di carattere privato, assume connotazioni pubbliche di forte emergenza, dal momento che avere una sensibile parte di territorio comunale a grave rischio di spopolamento, proprio al centro del paese, comporta negatività di ogni genere. Su questo blog, circa un anno fa ebbi a scrivere: “La risultante dei fenomeni descritti, in estrema sintesi, è un paese già alle sette di sera deserto da far paura (…) un paese abbandonato a se stesso è vittima di furti, spaccio e degrado da ogni altro punto di vista” (cfr. http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2016/03/pietramelara-una-malattia-asintomatica.html)
Purtroppo per quanto si possa scrivere, a volte volutamente calcando sugli accenti, chi di dovere di rado recepisce gli appelli. Quali allora le direttrici di intervento? … prima di tutto restituire a tale parte del paese la dignità perduta, individuando le modalità di ritorno del mercato domenicale nel centro storico nel rispetto delle vigenti norme, favorendo le poche attività economiche ancora ivi presenti con sgravi fiscali e quant’altro possa rendere loro la vita più facile. La rinfunzionalizzazione dell’edificio scolastico dismesso di via Marconi sia anch’essa condotta secondo tale filosofia. Sul borgo medievale, emergenza monumentale di singolare bellezza e suggestione, si intervenga in modo puntuale, su piccola scala, senza eccedere, ma in modo da dimostrare quanto grande sia l’attenzione dedicata: defiscalizzazione totale per le poche famiglie rimaste, approvvigionamento idrico costante e attenzione all’igiene urbana, acquisizione al patrimonio di immobili che possano costituire pericoli per la pubblica incolumità e relativa messa in sicurezza, incoraggiamento per quelle forme di imprenditorialità che volessero ivi svilupparsi (ospitalità, ristorazione), implementazione di eventi di richiamo turistico.
Una ricetta ovvia e facile da attuarsi, quasi la proverbiale “scoperta dell’acqua calda”, ma proprio per questo stranamente non fatta propria da chi si è avvicendato nell’ultimo ventennio alla guida del paese.

giovedì 5 gennaio 2017

E DOPO TRENT'ANNI, STESSE EMOZIONI

Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca.
Senti: una zana dondola piano piano.
Un bimbo piange, il piccol dito in bocca;
Canta una vecchia, il mento sulla mano.
La vecchia canta: intorno al tuo lettino
C'è rose e gigli, tutto un bel giardino.
Nei bel giardino il bimbo si addormenta
La neve fiocca lenta, lenta, lenta.

“Orfano” di GiovanniPascoli, una breve poesia imparata alle elementari che ci riporta alla bella sorpresa di stamattina: svegliarsi con la neve che fiocca abbondante, e evoca i fatti di esattamente 32 anni or sono.
La mattina della Befana del 1985 la sveglia era stata fissata per le cinque: bisognava accompagnare mia sorella a Cassino che ritornava al Nord, per lavoro. A quell’ora già fioccava debolmente a Pietramelara ma nulla lasciava presagire quello che sarebbe successo. Man mano che il giorno sorgeva la nevicata diventava più intensa. Ritornato fortunasamente a casa, in poche ore già lo strato accumulato sulle strade era di oltre cinquanta centimetri.
A detta dei meteorologi, la responsabilità fu di una massiccia ondata di gelo proveniente dalla Russia che raggiunse il mar Mediterraneo, avanzando con estrema velocità. L'ondata di gelo, in un primo momento, provocò estese nevicate su Toscana, Umbria, Marche, Lazio (Roma compresa), Campania e anche, in misura minore, in Pianura Padana (sebbene non si trattasse di fenomeni eccezionali per il clima dell'Italia Settentrionale). Le temperature minime in Toscana ed Emilia-Romagna scesero anche al di sotto di -20 °C.
Successivamente, tra il 13 ed il 17 gennaio 1985, ci fu quella che (assieme alle altre che seguirono nei giorni successivi) è ancor oggi ricordata a Milano come la nevicata del secolo o la nevicata dell'85, costituendo la nevicata più forte registrata a Milano nel XX secolo.
In una sola nevicata, che durò oltre 72 ore, caddero tra i 70 ed i 90 cm di neve. Il totale dei centimetri di neve caduti raggiunse livelli record. Nevicò addirittura a Cagliari e in tutta la Sardegna.
Vivemmo quei giorni con l’animo dei ventenni: ci si riuniva e si stava insieme accanto a un fuoco, trascorrendo il tempo con i giochi tipici del periodo natalizio, che stava per finire. Nei giorni seguenti dovevo recarmi in facoltà, per sostenere il mio ultimo esame, ma la neve era tanta, i treni circolavano a singhiozzo, l’uso dell’auto pertanto si imponeva obbligatorio, ma io con la mia 127 blu, e una buona dose di baldanza giovanile partii. Andò bene tutto sommato, anche perché appena dopo Teano la Casilina era libera quasi del tutto e l’autostrada era stata ripulita con mezzi speciali: anche l’esame andò bene e conclusi proprio in quei giorni anche il mio corso universitario.
Leggo dal web, che a cominciare dal gennaio 1929 , a seguire nel febbraio del 1956 e poi ancora gennaio 1985 si sono verificati questi eventi a cadenza pressoché trentennale, che trovano conferma stamattina, 6 gennaio 2017.
Guardare alla finestra stamattina la neve che cade senza rumore non fa altro che suscitare questi ricordi e queste emozioni, evocate dal ripetersi dopo un trentennio di una situazione per molti versi analoga, e da la conferma della periodicità trentennale di tali eventi.

mercoledì 4 gennaio 2017

VERAMENTE TUTTO TACE IN PAESE?

L’articolo apparso lo scorso 2 gennaio su V-news.it dal titolo “PIETRAMELARA. ELEZIONI AMMINISTRATIVE, TUTTO TACE IN PAESE”, riprende una diffusissima perplessità : chi saranno i candidati e i gruppi che si affronteranno nelle prossime amministrative di primavera? L’articolista riassume in tal modo lo stato delle cose: “A pochi mesi dall’appuntamento elettorale in paese, ad oggi, non si sentono particolari voci. C’è solo silenzio”.
La successione a Luigi Leonardo, che ha già espletato due mandati, lo “scisma” determinatosi nel gruppo di opposizione consiliare, l’affacciarsi sulla scena di ulteriori outsiders, il ruolo che giocherà l’unica “silenziosissima” sezione di partito, sono sostanzialmente queste le direttrici entro le quali si dovrà orientare il corpo elettorale.
Più e più volte dalle pagine di questo blog scribacchiato si è sottolineato quanto sia stata “distratta”, l’amministrazione Leonardo per ben dieci anni, non ritengo pertanto ritornare su opere pubbliche interminabili ed a volte inutili, personale sovra remunerato, scollamento dalle reali esigenze della comunità.
Sono dell’avviso, invece, che sia molto più opportuno soffermarmi sulle cause dell’insolito silenzio giustamente sottolineato dall’articolista locale. Insolito, soprattutto considerati i tempi risicati a disposizione per comporre liste che, ricordiamolo, dovranno essere in questa tornata più numerose rispetto a quella passata, del 2012.
Chi scrive è convinto che il silenzio sia causato in primo luogo dal disinteresse generale: giovani in attesa di prima occupazione, uomini e donne con responsabilità di famiglia sono, data la particolare congiuntura economica, assillati da preoccupazioni contingenti, pertanto difficilmente vanno a cimentarsi in avventure elettorali dal successo incertissimo. I media, inoltre, che riportano quotidianamente episodi di malcostume politico/amministrativo, non fanno altro che scollare ulteriormente i singoli ed i gruppi dalla gestione della cosa pubblica.
E’ difficile, oggi come non mai, raggruppare persone intorno ad una donna, ad un uomo, ad un progetto anche perché si ritiene che i propri mezzi e la propria cultura non siano adeguati alle tematiche da affrontare. E’ questo un falso problema perché il contributo che ognuno può offrire è sicuramente diversificato, come diversificati devono essere i ruoli. A tal proposito non posso fare a meno di ricordare l’apporto alle amministrazioni comunali del passato, in termini di saggezza ed esperienza, da parte di persone umili, provenienti per lo più dal mondo agricolo, che hanno inciso in modo fattivo, anche solo trincerandosi dietro una frase suggerita sottovoce, magari in dialetto stretto. E’ anche questo un retaggio del passato forse non più considerato sotto la giusta luce.
Il tentativo operato dal gruppo di giovani di ispirazione filogrillina, è senz’altro da incoraggiare; ritengo tuttavia che il criterio di selezione per entrare a far parte del gruppo sia “auto castrante”: infatti, a detta degli stessi protagonisti, chi si avvicina deve essere assolutamente slegato da un passato di canditure in seno ad altri gruppi. Tale criterio se da una parte assicura candidati privi di “scheletri nell’armadio”, dall’altro prima di tutto non rassicura in alcun modo l’elettorato sulla effettiva onestà di un soggetto mai messo alla prova, ed inoltre priva la compagine di quella esperienza politico/amministrativa indispensabile, a parere di chi scrive, per navigare in un mare tempestoso come il nostro Ente Comunale.
Non è difficile tirare le conclusioni di questo articolato discorso: il pericolo reale è rappresentato da qualche marpione locale che, constatata l’inconsistenza dei competitors, possa ringalluzzirsi e trovare spazio tra un elettorato che in passato non ha mai brillato sotto il profilo della conseguenzialità.