Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

giovedì 31 dicembre 2020

UN OSPITE SGRADITO SE NE VA


Salutiamolo senza rimpianti questo 2020 che se ne va! ... In questi ultimi giorni lo abbiamo avvertito come uno di quegli ospiti sgraditi, quelli che puzzano, quelli che parlano troppo e non dicono niente, quelli che sappiamo si sono sempre comportati male. Eppure, almeno per noi pietramelaresi, si era presentato bene, appena giunto, era solo il 6 gennaio, vivemmo un’Epifania memorabile, piena di gioia e di soddisfazioni, per gli amici che numerosi accorsero a vedere “La Befana dei Record”, 4mila, 5 mila, forse più; il nostro piccolo paese assurse all’acme delle cronache, con l’interessamento di ogni tipo di media: carta stampata, web, radio e televisioni. Sembrava il migliore degli auspici, ma il mese dopo, appena concluso il Carnevale si abbatté su di noi la scure. Una pandemia, dicono partita da una città della Cina fino ad allora ignota ai più, cominciò a condizionarci nella socialità, nel lavoro e, per qualcuno meno fortunato, nella salute. A parte il fastidio, la perdita di libertà, il peggioramento generale dell’economia, bisogna dire che finora a Pietramelara ce la siamo cavata, via… Qualche caso, circoscritto in tempo e risoltosi in breve tempo. Altrove purtroppo non è stato così!
Con l’estate, l’anno che si conclude ci aveva dato l’illusione che tutto era finito, che era stato solo un brutto sogno: niente affatto! … Scoccato settembre ecco il riacutizzarsi dei contagi, il numero dei ricoveri che aumentava sempre di più, e il ritorno alla piena emergenza. File di auto in attesa per ore davanti ai Pronto Soccorso, con la bombola di ossigeno collegata fuori dello sportello. Credo che chi doveva gestire la situazione nelle istituzioni, anche se non ha brillato, ha fatto ciò che poteva; chiunque in quel posto non avrebbe conseguito risultati ne diversi ne migliori, al di là dello strombazzamento mediatico. 
Una campagna di vaccinazione, rapida, efficiente ed efficace è l’arma vincente, checché ne dicano i cosiddetti “no vax”, gente che ha basato la propria vita e il proprio pensiero sul sospetto, scevro da ogni base scientifica. Non approvo il loro comportamento perché il rifiuto del vaccino comporta una forte assunzione di responsabilità verso terzi, che potrebbe avere risvolti drammatici o, addirittura, tragici.
E veniamo ai giorni nostri, con il portato di episodi incresciosi e drammatici, per certi versi, di cui si è fin troppo parlato, e sui quali bisognerebbe, con il silenzio ed il rispetto, permettere a chi di dovere di esercitare le proprie funzioni: autorità civiche, forze dell’ordine, medici e magistrati, affinché il problema sia risolto e rimosso. Il diritto all’informazione è sacro, nonché garantito dalla nostra Costituzione, ma un certo tipo di giornalismo serve solo ad alimentare il chiacchiericcio.
Ciao 2020, anno bisesto e funesto, nel vero senso della parola, vedi di andartene e… a mai più rivederci.

sabato 26 dicembre 2020

UN PRETE E UN PROFESSORE


Chi a Pietramelara aveva creduto di aver visto tutto, ieri sera evidentemente si è dovuto ricredere! ... L’aggressione ad un prete nel corso di una funzione religiosa, per giunta nel Santo Giorno del Natale, ha veramente dello straordinario, nella sua drammaticità! ... Non conosco, e non credo che si conoscano ancora, i retroscena dell’insano gesto, e se questi retroscena effettivamente esistano. 
I protagonisti sono sicuramente insoliti: un parroco di un piccolo paese e un docente di liceo. Si diceva un tempo che in un paese emergono di solito tre figure: il sindaco, il prete e il maresciallo dei carabinieri. In questa semplificazione si riassume il prestigio di cui godono (o dovrebbero godere) le istituzioni civili, militari e religiose, anche nei più remoti borghi di campagna. E’ evidente che qualcosa sia cambiato, e che tale processo di cambiamento a volte dia luogo a sconcertanti episodi, come quello che si è verificato tra le quattrocentesche mura di Sant’Agostino, ieri sera (foto di copertina)
Se vogliamo i precedenti non mancano: Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, capitale di El Salvador (America Centrale), il 24 marzo 1980 fu assassinato mentre stava celebrando la messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza. Per citare un caso più vicino alla nostra realtà, il 19 marzo 1994, Don Giuseppe Diana venne ucciso nella sacrestia della chiesa di San Nicola di Bari a Casal di Principe, mentre si accingeva a celebrare la santa messa. Per (nostra) fortuna l’episodio di ieri sera, a parte lo spavento e lo sconcerto generale, non ha avuto risvolti tragici come nei due casi citati. Tuttavia quello di ieri rientra tra gli episodi che destano sdegno e reazioni contrastanti, anche perché, a guardare sui social, si è già scatenata una certa dietrologia, per precedenti di cui si rese protagonista il professore. 
Non posso che esprimere solidarietà a Don Giosuè, come tanti hanno già fatto nell’immediato. Inoltre, anche se a qualcuno può apparire come una fissazione, ritengo, ancora una volta, che questo sia l’ennesimo frutto del mondo che viviamo e del suo modo di pensare, che ha del tutto annientato la funzione dei ruoli nella società: la mancanza di rispetto nei confronti delle persone e delle funzioni esercitate, nonché dei luoghi e contesti relativi a tali funzioni, portata all’estremo, può dar luogo anche a episodi del genere. 


mercoledì 23 dicembre 2020

PROVINCE: LA CLASSIFICA DOLOROSA

 

Tra lockdown e quarantene come si misura la qualità della vita? E’ questo in sostanza l’interrogativo che si sono posti gli analisti del quotidiano   economico/finanziario “Il sole 24 ore”, per il consueto appuntamento prenatalizio con la classifica sulla qualità della vita nelle 104 province italiane. L’obiettivo quest’anno è “raccontare come la pandemia da coronavirus ha impattato in modo differente sui territori”.

E veniamo a noi…. Le aree tematiche sulle quali basare le analisi rimangono invariate: Ricchezza e consumi; Demografia e salute; Affari e lavoro; Ambiente e servizi; Giustizia e sicurezza; Cultura e tempo libero.  Una rilettura dei dati a livello della nostra provincia ci ricorda che nello scorso triennio essa ha comunque fatto timidi passi in avanti: infatti nel 2017, 107simo posto, nel 2018, 101simo posto, per passare  al 93simo posto nel 2019. La tendenza positiva, per quanto si tratti di progressi fatti nella parte bassa della classifica, tuttavia si è invertita! ... La provincia di Caserta, infatti, ha arretrato di una posizione passando quest’anno al 94simo posto.

Tanto per fare un confronto, la classifica generale ha premiato Bologna, al primo posto, che traina un po’ tutte le province dell’Emilia Romagna, di cui ben cinque su nove si incontrano tra le prime venti: oltre a Bologna, Parma (8ª), Forlì Cesena (14ª), Modena (15ª) e Reggio Emilia (17ª). Per avere un’idea la prima provincia campana, Benevento, si colloca solo al 79simo posto, seguita da Avellino al 83simo (va detto che queste due provincie l’anno scorso occupavano posizioni più arretrate rispetto alla nostra!) ... un po’ più staccate ma in posizioni vicine Napoli, al 92simo, e Salerno al 93simo. Caserta, in definitiva fanalino di coda dell’intera regione.

Per quanto attiene poi la tematica “Ricchezza e consumi”, le note diventano veramente dolenti: qui ognuno degli indicatori ci trattiene nella parte più bassa della classifica (fra il 60simo e 103simo posto); fa eccezione solo una certa vivacità del mercato immobiliare che ci colloca al 16simo posto. 

Milano è Milano! ... e chi può paragonarvisi? mi domandavo l’anno scorso: nel 2019 la città del duomo e del panettone strappò il primo posto nella classifica (prima in “Affari e Lavoro”, seconda in “Ricchezza e consumi “, terza in “Cultura e tempo libero”); oggi perde 11 posizioni. Ad essere penalizzato sono soprattutto le provincie del nord, dove si registra la diffusione più elevata del virus in rapporto alla popolazione residente. Le province lombarde sono tutte in peggioramento rispetto allo scorso anno, ad eccezione di Sondrio e Mantova.

Se nel 2019 la Provincia di Caserta conseguì un inaspettato 11simo posto per quanto attiene l’aspetto “Demografia e Società”, per il tasso di natalità, che in qualche modo contemperava il temibile fenomeno dello spopolamento, nella stessa tematica oggi siamo “sprofondati” al 63simo posto. Nonostante tutto comunque va segnalato un consolatorio indice di vecchiaia che è il secondo più basso di tutti, insieme a un tasso di natalità pari a 3,77 nati ogni 1000 abitanti, fatto che ci colloca al terzo posto in Italia. Tra i parametri demografici si segnala che nella nostra provincia, un tempo Terra di Lavoro, consumiamo pochi farmaci contro la depressione (16simo posto); tale consumo, che è tipico delle zone più progredite economicamente, colloca la capolista Bologna al 79simo posto, e la ricca Milano al 35simo. Analogo discorso si può fare per il consumo di calmanti e sonniferi: Caserta 23simo, Bologna 100simo, Milano 92simo posto. Cosa significa? … non sempre un’elevata qualità della vita genera nei cittadini un senso di appagamento e soddisfazione generale: le nevrosi e l’insonnia in tali casi sono gli indicatori più veritieri.

 

mercoledì 16 dicembre 2020

RESTANZA

 


Qualche giorno fa, rincasando in auto dal lavoro, udii alla radio per la prima volta la parola “restanza”; dal web, mia principale fonte di conoscenza apprendo che la “restanza” in senso proprio e figurato è ciò che resta e permane; anche, ciò che avanza o non si consuma. Tuttavia il concetto, fattosi strada recentemente  negli studi antropologici, con particolare riferimento alla condizione problematica del Sud d’Italia, è la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo.  Ero all’oscuro dell’esistenza di un termine che in qualche modo descrivesse il mio stato d’animo, quando esattamente il 22 marzo 2012, circa otto anni fa scribacchiai su questo blog la nota “siete di qua?” (http://scribacchiandoperme.blogspot.com/2012/03/siete-di-qua.html) , nel corpo della quale tratteggiai  le motivazioni che mi tenevano ancorato al mio paese, alla sua gente, al suo dialetto e alla sua cultura millenaria. In quel pezzo affermavo: “il profondo legame con le radici, secondo un’espressione pluriabusata, determina in me una forza in grado di resistere ad ogni sirena, anche la più allettante. Rimanere nel posto dove sono nato mi ha permesso di crescere rendendomi conto di cosa sono e dove sono”, quella forza che oggi apprendo si chiami “restanza”.

Perché è importante parlare di restanza? Perché le aree rurali sono da decenni vittime di spopolamento, cioè diminuzione della popolazione di un’area a causa dell’abbandono volontario o forzato da parte dei suoi residenti. Questo causa un invecchiamento della popolazione (sono giovani single e famiglie a partire), e un futuro fatto probabilmente   di "paesi fantasma", mentre nelle città medie e nelle metropoli non c’è spazio per la gente che vuole abitarci.

I danni non si limitano a questo: vi è una progressiva perdita delle tradizioni, aumenta il rischio di dissesto idrogeologico, specialmente nelle zone montane. Eppure è fondamentale contrastare lo spopolamento, per garantire la conservazione del patrimonio culturale dei piccoli centri, per tutelare la produzione agricola ed enogastronomica. Non solo, sarebbe anche conveniente, perché si possono trasformare certi luoghi in fruttuose opportunità turistiche.

L’antropologo Vito Teti, teorico della restanza, afferma che essa “denota non un pigro e inconsapevole stare fermi, un attendere muti e rassegnati. Indica, al contrario, un movimento, una tensione, un’attenzione. Richiede pienezza di essere, persuasione, scelta, passione. Un sentirsi in viaggio camminando, una ricerca continua del proprio luogo, sempre in atteggiamento di attesa: sempre pronti allo spaesamento, disponibili al cambiamento e alla condivisione dei luoghi che ci sono affidati. Un avvertirsi in esilio e straniero nel luogo in cui si vive…”.

Il mutamento epocale consiste in questo:  se prima vi era il coraggio e il sacrificio dell’emigrante che partiva, ad esso si è sostituito il coraggio di chi resta.

L’esperimento più riuscito di “restanza” e vicino a noi, è quello di Valogno, frazione di Sessa Aurunca, in cui Giovanni Casale, romano – ma originario del borgo – a cui si deve la rinascita del paesino attraverso l’arte dei murales,  ha deciso di lasciare Roma e di trasferirsi nella casa paterna, per aprila a tutti e farla diventare luogo di incontri, scambio di idee e di condivisione.

Restare, allora, non è uno slogan né un proclama. Presuppone sapere individuare dove soffia lo spirito del Carnevale, del rovesciamento, dell’utopia. Il paese presepe è finito, frantumato, smembrato, esploso, svuotato. Le sue schegge hanno costruito nuovi abitati, nuovi mondi. Molte di queste schegge tornano, profondamente mutate, all’indietro. Ma ogni ritorno è un nuovo inizio!

 

domenica 13 dicembre 2020

IL DILEMMA DELLA VACCINAZIONE

 


Quante volte ci siamo posti il dilemma  fra vaccinazione-si e vaccinazione-no?... e l’interrogativo diviene sempre più pressante con l’avvicinarsi dell’inizio della campagna vaccinale, con ogni probabilità nel prossimo gennaio. Personalmente, il vostro blogger scribacchiante pensa che la vaccinazione la farà, per maggior sicurezza negli spostamenti di  lavoro, e per un dovere civico di responsabilità verso gli altri. Apprendiamo dei media che la vaccinazione sarà per tutti, nel senso che chiunque vorrà potrà farla, essendo essa disponibile in grande quantità di dosi e completamente gratuita. Non si tratta di una vaccinazione obbligatoria, quella contro il COVID -19, tuttavia i più giovani tra i miei quattro lettori devono sapere che un tempo, anche non troppo lontano, le vaccinazioni contro le malattie infettive più diffuse erano obbligatorie. Ricordo di un certo numero di vaccinazioni, più o meno dolorose, “subite” nel corso della mia infanzia.

Alcuni di noi ancora recano sul proprio corpo le impronte della vaccinazione antivaiolo: il vaccino si applicava sulla pelle grazie a una specie di pennino, che la incideva lasciando con il tempo delle tipiche cicatrici cutanee rotondeggianti. La parte che più frequentemente veniva scelta per vaccinare era l’attaccatura fra braccio e spalla, e le cicatrici nel nostro dialetto venivano chiamate “jocule”, assimilandole a piastrine rotonde utilizzate per un gioco di bambini.

In Italia, fu Luigi Sacco (1769-1836) a diffondere la vaccinazione dell’ inglese Jenner; alla fine del 1799 vaccinò sé stesso e poi cinque bambini. In breve, i vaccinati del Regno d’Italia giunsero a un milione e mezzo, riducendo drasticamente la mortalità da vaiolo. A Unità d'Italia avvenuta, la vaccinazione antivaiolosa fu resa obbligatoria per tutti i nuovi nati a partire dal 1888.
L’obbligo è stato abolito in Italia nel 1981, dopo che nel 1979 l’Organizzazione Mondiale della Sanità, OMS, ha decretato eradicato il vaiolo dalla Terra.

Altre due malattie contro le quali si è dovuto per legge stabilire un obbligo alla vaccinazione sono la difterite e il tetano. I vaccini antidifterico e antitetanico, si devono al  tedesco Emil Adolf von Behring, nel 1880 .

Oggi, nonostante l'uso estensivo della vaccinazione, nel mondo la difterite non è ancora debellata completamente ed è endemica nei Paesi in via di sviluppo. In Italia, però, dove vaccinazione antidifterica è obbligatoria dal 1939, l’ultimo caso risale al 1996.

Altro flagello in cui i vaccini hanno dimostrato di essere insostituibili è la poliomelite. Nel ’64 ebbe inizio una campagna di vaccinazione di massa alla popolazione dai 0 ai 20 anni con il vaccino Sabin, con 3000 casi dichiarati in Italia. Nel 1965 l'incidenza dichiarata si limitava a 500 casi. L'ultimo caso è stato segnalato nel 1982. Ricordo la vaccinazione antipolio con molto meno terrore, essendo il vaccino somministrato per via orale: in genere alcune gocce venivano aggiunte a zollette di zucchero, da ingerirsi da parte del vaccinato.

Una storia a parte quella del colera che colpì Napoli e la Campania nel 1973, solo poche decine le vittime, nonostante ciò vi fu una grande risonanza mediatica dell’epidemia. L’improvvisa epidemia, provocata da un carico di cozze infette provenienti dalla Tunisia, colpì la città in pieno agosto. Un milione di napoletani furono vaccinati nel giro di sette giorni, anche da noi una grande mobilitazione,  i medici usavano le grosse siringhe a pistola (foto di copertina) messe a disposizione per l’operazione dai soldati nella Sesta flotta degli Usa di stanza nel golfo.

Questa breve disamina storica sulle vaccinazioni serve a comprendere l’utilità dei vaccini, oggi messa in dubbio da gruppi di cosiddetti “no vax”  che, animati da improbabili tesi complottistiche,  cercano di screditare i vaccini e la loro utilità, servendosi specialmente dei social media.

mercoledì 9 dicembre 2020

MALTEMPO: QUALI RISCHI?

 


L’andamento meteo degli ultimi giorni comincia a destare qualche preoccupazione. Si stima, infatti, che dall’inizio dei fenomeni, domenica scorsa,  a oggi siano caduti sul territorio del nostro comune circa 200 millimetri di pioggia: in soli tre giorni circa un quarto della piovosità media totale annua (700/800 millimetri), e che nel solo giorno dell’Immacolata la piovosità è stata di 80 millimetri; la fonte dei dati  sono gli esperti di meteorologia pietramelaresi. Ricordiamolo: un millimetro di pioggia equivale a un metro cubo di acqua distribuito su una superficie di un ettaro, cioè 10.000 metri quadri.

Abbiamo corso dei pericoli? … e se continua così l’andamento, li corriamo? Va detto innanzitutto che non si tratta di piovosità estreme e/o straordinarie, basta far mente locale a due eventi che ci hanno interessati appena l’anno scorso, nei giorni 16 novembre e 23 dicembre 2019, ben più intensi rispetto all’attualità. Anche in quei due episodi, non si trattò comunque di eventi “di picco”, ma di una piovosità medio/elevata protrattasi per circa una settimana, nel corso della quale la capacità del suolo di assorbire e trattenere acqua si esaurì, causando, tra l’altro, l’allagamento dei fondi siti in contrada “Pantano”, come non si vedeva da circa un quarantennio.

E’ tipico degli ultimi vent’anni che frequenti ed intensi eventi meteorologici ci colpiscano, che il vento soffi impetuoso, insieme a ripetute scariche di fulmini; ciò è dovuto all’innalzamento dell’effetto serra che determina un contenuto in energia nell’atmosfera molto maggiore, rispetto al passato.

Per ritornare alle due domande che ci siamo posti, non credo che reali pericoli si corrano, anche perché il Monte Maggiore, che ci sovrasta, è uniformemente ricoperto di vegetazione, e si sa che una buona copertura vegetale è la migliore polizza assicurativa contro frane, alluvioni e colate di fango, la pendenza dei versanti a immediato ridosso dell’abitato, tra l’altro, è minima. Siamo, cioè, in una situazione di equilibrio che ci salvaguarda. D’altro canto, come tutti gli equilibri, anche quello idrogeologico citato è molto delicato, essendo  legato a più fattori. Alla luce di questo ragionamento la recente opera di ripulitura di fossi e rivi è estremamente opportuna  e va estesa all’intera piana, risparmiando la vegetazione spondale per salvaguardare la biodiversità. Ben venga anche l’opera delle associazioni ambientaliste che si impegnano nel liberare da immondizie ed ingombranti i fossi;  gli incoscienti che le abbandonano  dovrebbero essere condannati a collaborare in questi campi di lavoro, anche perché oggi la raccolta degli ingombranti è assicurata.

Lo ripeterò fino alla noia: “chi ha la responsabilità di amministrare deve cominciare a frenare la tendenza al consumo di suolo”, specie in un paese, come il nostro, che da cinquant’anni a questa parte non cresce nella popolazione, ma è aumentato nella superficie e nel perimetro di almeno cinque volte (interi rioni vuoti e in ogni strada almeno un terzo delle case disabitate); il suolo in natura assorbe e trattiene acqua, ma quando viene impermeabilizzato dal cemento o dall’asfalto, perde del tutto tale benefica proprietà, ed allora si generano ruscellamenti, erosione, frane ed alluvioni.