Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

martedì 27 luglio 2021

GIANNI NAZZARO E LA RIVOLTA PIETRAMELARESE

 

La notizia della recente morte a Roma, al Policlinico Gemelli, di Gianni Nazzaro, cantante e attore, è giunta nella serata di ieri, 27 luglio: era gravemente malato, come confermano fonti vicine alla famiglia. Il cantante era nato a Napoli il 27 ottobre 1948, ed era   stato tra i protagonisti della musica leggera anni '70. Oltre al naturale cordoglio, il fatto però suscita in me il ricordo di un episodio vissuto una cinquantina di anni or sono in paese, che poteva assumere tratti ben più seri, se non drammatici.
Il vostro blogger scribacchiante stava per entrare nell’adolescenza: correva, se non ricordo male, l’anno 1971 o 1972, comunque eravamo agli inizi dei ruggenti anni 70; il periodo era quello ferragostano con la festa patronale di San Rocco giunta ormai al culmine. Era quella la sera del “concertino”, quella in cui si aspettava impazienti l’arrivo della vedette, del cantante di grido più volte visto in televisione. Il comitato festa, allora presieduto dall’Arciprete Regna e composto da altri maggiorenti locali, in quell’anno aveva pensato di fare le cose in grande: Gianni Nazzaro, era già da tempo famosissimo in TV, e la sua immagine era già stata affissa ai muri del paese, con grandi manifesti a colori, le sue canzoni erano canticchiate da tutti, tra i suoi successi: L'amore è una colomba (1970), Bianchi cristalli sereni (1971), Non voglio innamorarmi mai (1972). Ebbene, si era fatta già una cert’ora e gli animi si erano riscaldati al punto giusto, complice il clima ferragostano e qualche bevuta, ma Gianni Nazzaro non arrivava, l’impazienza cominciava a montare. Passata la mezzanotte i cantanti di spalla cercavano di intrattenere il pubblico ormai spazientito, ma…niente.
Alla fine, quasi all’una, spuntò da via Roma, per immettersi sulla piazza, la Mercedes rosso corallo che tutti aspettavano, con il famoso cantante seduto sul divano posteriore; al posto dell’entusiasmo e degli applausi, il cantante trovò   fischi ripetuti e grida di imprecazione rivolte verso di se, da parte della folla inferocita che si era radunata attorno alla grande auto. Qualche testa particolarmente calda arrivò quasi al contatto fisico, prontamente bloccata dalle guardie del corpo del cantante, che andarono anche abbastanza per le spicce; comunque qualcuno riuscì a strappare la camicia del cantante, che fu costretto ad esibirsi in tal modo.  
Ma cos’era successo? … gli agenti di Nazzaro tentarono di spiegare, di accollare il notevole ritardo a guasti meccanici, alla scarsa conoscenza della zona da parte dell’autista, tuttavia la verità venne a galla abbastanza presto: Gianni Nazzaro, che era contrattualizzato per il fine serata a Pietramelara, aveva optato per un’altra piazza dei dintorni, cercando di cogliere due piccioni con una fava e guadagnare due cachet, al posto di uno, quella sera. L’esibizione che seguì, senza orchestra di spalla ed evidentemente in play back, non durò che una decina di minuti, suscitando ancora di più il malcontento generale, non solo nei confronti del cantante ma anche verso lo stesso comitato. La delusione fu forte non solo per i tanti concittadini, ma anche per i tanti dei paesi limitrofi attirati dal nome di richiamo.
Una furbizia, per altri un vero e proprio imbroglio, progettato e voluto dal cantante e dal suo staff, causarono quella sera una vera e propria rivolta, con l’intervento dei carabinieri della locale stazione, allora ancora sita in piazza.

mercoledì 14 luglio 2021

BIODIVERSITA' PIETRAMELARESE

 

La biodiversità è la grande varietà di animali, piante, funghi e microorganismi che vivono intorno a noi. Una molteplicità di specie e organismi che, in relazione tra loro, creano un equilibrio fondamentale per la vita sulla Terra. La biodiversità infatti garantisce cibo, acqua pulita, ripari sicuri e risorse, fondamentali per la nostra sopravvivenza.
Tuttavia, questo fragile equilibrio è oggi a rischio a causa della nostra presenza e delle nostre attività umane, ed allora… Qual è lo stato di conservazione della biodiversità nel nostro territorio?
Il ragionamento è complesso: il territorio pietramelarese (e dei dintorni) ricomprende ambienti di pianura, destinati all’urbanizzazione e alle colture agricole, bassa e media collina, soggette ad un processo di abbandono delle colture agrarie, che tuttavia ancora resistono, accanto a boschi che man mano ne prendono il posto, ed infine ambienti di montagna ricoperti prevalentemente da boschi cedui, o da pendici denudate.
È ovvio che nelle zone urbanizzate la biodiversità sia nulla o quasi, limitandosi a qualche animale domestico e ai piccioni che da qualche anno ci hanno letteralmente invaso; negli areali agricoli di pianura   le colture agrarie, caratterizzate da lavorazioni meccaniche rumorose, impiego di fitofarmaci, presenza umana, causano fastidi alla flora spontanea ed alla fauna;  il caso del cinghiale va in controtendenza, trattandosi di un animale di elevate prestazioni riproduttive ed  assolutamente privo di nemici naturali, le incursioni di interi branchi nei campi coltivati a mais , nelle vigne e nei noccioleti, vere spine dorsali della nostra economia agricola, da tempo suscitano preoccupazioni. La bonifica dei “pantani”, da circa un quarantennio ha limitato il “passo” dei trampolieri, migranti da e per l’Africa, specie degli aironi, che un tempo erano ricorrenti. Va sottolineato inoltre che l’opera di ripulitura dei fossi e dei rivi, ha portato alla completa eliminazione della vegetazione spondale, determinando un’impossibilità materiale ad alcune specie di uccelli stanziali di nidificare, proprio in tale microambiente. Tanto premesso e   fatte le dovute eccezioni, quindi, si può dire che in pianura il livello di biodiversità sia modesto.
Diversa e migliore è invece la situazione in collina: la presenza di boschetti, accanto a colture agrarie, ha permesso lo sviluppo e l’incremento numerico per alcune specie; è questo il caso, ad esempio del gheppio comune (Falco tinnunculus) un rapace della famiglia Falconidae. Di modeste dimensioni ma dal volo estremamente elegante, la sua presenza, oltre ad essere un importante indicatore ambientale, ha limitato fortemente l’espandersi delle cornacchie, altro flagello per l’agricoltura, permettendo, ove presente, il ripristino di un equilibrio faunistico importantissimo ai fini della biodiversità. Altro “ritorno” che si comincia a notare è quello del tasso (Meles meles), dalla caratteristica mascherina nera sulla faccia bianca, specie protetta è un mammifero carnivoro della famiglia Mustelidae. Col suo metro di lunghezza e i quasi 15 kg di peso, questo animale rappresenta una delle specie di mustelidi di maggiori dimensioni. Tramite fototrappole è stato possibile, inoltre, confermare la presenza del gatto selvatico (Felis silvestris), piccolo felino, comunque di dimensioni maggiori rispetto al gatto domestico.
Gli ambienti montani, infine, sono estremamente più “biodiversi”. Il motivo è intuibile: la presenza dell’uomo sporadica e l’assenza di attività quasi assoluta, fa sì che le comunità animali e vegetali si mantengano in equilibrio fra loro.  Il nostro Monte Maggiore, d’altronde, non dispone di acque superficiali, in grado, ad esempio di sostenere la presenza di grandi ungulati selvatici, se si fa eccezione per il cinghiale che nottetempo fa incursioni in pianura alla ricerca di cibo ed acqua, e di qualche gruppo di capre rinselvatichite, anch’esse localizzate grazie all’impiego di fototrappole.  Negli anfratti dei notevoli strapiombi rocciosi di Pizzo San Salvatore e Pizzo Madama Marta, nidifica anche qualche rapace di dimensioni maggiori, falchi ed addirittura qualche aquila, la cui presenza, però, va confermata.
 
 

lunedì 12 luglio 2021

INGLESI: ANCORA AL VERTICE DI UN IMPERO?

Non sono usualmente un estimatore del calcio, tuttavia per una ragione di orgoglio identitario nazionale, ho assistito dall’inizio a tutte le partite disputate dall’Italia nel Campionato Europeo appena concluso vittoriosamente. L’epilogo con la premiazione è stato coronato da un episodio che definire disgustoso è poco! … I calciatori inglesi che si strappavano la medaglia dal collo appena ricevuta, quasi un gesto liberatorio per un’ingiustizia subita? Direi proprio di no. Avrebbero dovuto ricordare la benevolenza dell’arbitro Makkelie nel concedere un rigore dubbio se non inesistente, nella semifinale contro la Danimarca, almeno questo! La partita è stata corretta e il responso sul possesso palla chiarissimo: 65% contro un misero 35% inglese. Neppure la delusione di chi dopo due soli minuti era in vantaggio potrebbe giustificare il gesto.
Gli inglesi forse sono ancora convinti di essere al vertice dell’impero planetario conquistato fra il settecento e l’ottocento, in cui i popoli colonizzati erano costretti a vessazioni e sfruttamento economico. Un po' come quei nobili decaduti che per sopravvivere sono costretti a vendere i gioielli di famiglia, ma che comunque mantengono un comportamento sussiegoso nei confronti degli altri. L’impero britannico si è ormai dissolto, da almeno un cinquantennio!
La dice lunga in tal senso anche la decisione di quel popolo di uscire dall’Unione Europea, la Brexit; ciò, a conti fatti, ha causato danni ingenti all’economia britannica. Il primo ministro Alexander Boris de Pfeffel Johnson, ha agito sicuro di spuntare un buon compromesso con Bruxelles, ma è un fatto che ora, dei due, è il più debole: gli europei possono sostituire abbastanza bene la perdita di acquirenti britannici per i loro prodotti, mentre Londra adesso ha molti più problemi a fare a meno dei ricavi del commercio con l’Europa. Secondo le prime stime dell’Office for national statistics inglese (Ons), le esportazioni britanniche verso l’Europa sono diminuite del 75% a gennaio 2021 rispetto a dicembre 2020 per quanto riguarda i prodotti alimentari (cibo e bevande insieme), e del 25% nel settore medico.  
Il gesto poco elegante e tanto antisportivo di togliersi la medaglia dal collo si spiega quindi con un senso di diffusa superiorità rispetto al resto d’Europa, che tuttavia si scontra con la frustrazione di una realtà che nei fatti lo contraddice in modo totale. Va comunque fatto notare (per onestà) che di tale vicenda esiste anche un precedente italianissimo. Nel 2013, infatti, al momento della premiazione della squadra della Roma che aveva appena disputato la finale di Coppa Italia, con la Lazio, i calciatori della Roma, tutti con un’espressione rigorosamente funerea, venivano premiati dal Presidente del Senato. Per primo il capitano Totti e poi tutti gli altri, un attimo dopo aver ricevuto la medaglia, se la toglievano stizziti, in un gesto di evidente rifiuto della sconfitta e del secondo posto. 
Se condanna ci deve essere condanna sia per chiunque si comporti in tale deprecabile modo, entro e fuori dai confini nazionali!

sabato 3 luglio 2021

DON PASQUALINO

 

Cosa ci resta di un uomo, se non i ricordi che ci legano a lui e le cose che ha fatto per gli altri? Se costui poi, è stato un sacerdote che ha vissuto (letteralmente) in prima linea, il suo ministero, allora vale la pena di parlarne.
Don Pasqualino Izzo, (vedi foto 1) nacque negli U.S.A., a Rochester il 27 febbraio 1910, un figlio come tanti dell’emigrazione, quella iniziata appena dopo l’unità nazionale.  Tornata a Pietramelara la famiglia, il nostro frequentò il seminario e il 15 luglio 1934, all’età di ventiquattro anni fu ordinato sacerdote. Il contesto politico generale era tutt’altro che tranquillo, in pieno ventennio fascista, e l’Italia si avvicinava alla guerra, accanto alla Germania nazista. Il giovane sacerdote servì la patria con il grado di tenente cappellano, presso l’Ospedale da Campo 571, nella ex Jugoslavia a Grosuplje, cittadina dell’attuale Slovenia che dal 1941 al 1943, durante l'occupazione, ha fatto parte della Provincia Italiana di Lubiana. Con l’armistizio del 8 settembre le cose si misero male per gli italiani in divisa, e la sorte peggiore toccò a coloro che si trovavano al di fuori dell’Italia. Al proposito, dalla documentazione che mi è stata fornita dalla sig. Ada Di Lorenzo, nipote di Don Pasqualino, egli scriveva: “Quando fu compiuto l’armistizio, addì 8 settembre 1943, mi trovavo a Novo Mesto, ove mi ero recato per ragioni di servizio. Il giorno seguente partii sollecitamente. Rientrato superando non poche difficoltà di viaggio a Grosuplje, mi riunii alla mia unità, ed insieme tentammo la fuga. Se non che a Lubiana fu impossibile proseguire, e dovetti rifugiarmi presso quel centro ospedaliero, riuscendo a occultarmi ai tedeschi, che però dopo parecchi giorni mi catturarono, trattenendomi a Lubiana fino al 5 ottobre 1943. Dopo tale data mi inviarono a Verona, da cui proseguii per Roma, rendendomi irreperibile ai tedeschi, ai quali precedentemente avevo fornito falso indirizzo”
Tornato a Pietramelara, Don Pasqualino succedé a Don Michele Angelone, dapprima dal settembre 1944 in qualità di “economo spirituale” e, dal febbraio 1946 come parroco in Sant’Agostino, che allora portava la denominazione parrocchiale di “San Lorenzo Martire”.
Ma veniamo al sacerdote che ricordo io, quello dei giorni più vicini a noi. Ancor prima del compianto Don Roberto, Don Pasqualino si rese conto che la sua missione andava portata fra la gente e soprattutto fra i giovani, interpretandone le esigenze di socialità.  Si adoperò per dotare il nostro comune del primo campo sportivo, e fu tra i primi presidenti del calcio Pietramelarese. Acquisì l’ala sinistra del Palazzo Comunale, recuperando parzialmente un bene espropriato agli Agostiniani un secolo e mezzo prima, in epoca napoleonica, e parallelamente realizzò, al primo piano, la sala parrocchiale, che ospitava anche un piccolo cinema per ragazzi; qualche volta in tale sala si tenne anche qualche veglione e feste da ballo. In quegli anni, intorno al ’70, fu anche adeguato l’altare maggiore ai dettami conciliari. Erano quelli gli anni ruggenti per il nostro paese, che allora esprimeva le sue energie in senso più positivo che mai; il momento storico, il carattere sanguigno e l’autorevolezza permettevano a Don Pasqualino di dichiarare apertamente di essere democristiano, e nonostante ciò mantenere i rapporti più che cordiali con coloro i quali in paese professavano fedi politiche diverse; notoria ad esempio era infatti la sua amicizia con Gianni Sorbo,  leader socialista del tempo e sindaco negli anni settanta/ottanta.
Resse anche per qualche tempo la parrocchia di San Felice, nonostante la vecchiaia non si dimise da parroco, e festeggiò il 60simo di sacerdozio in una bella festa di popolo in piazza (vedi foto 2) il 15 luglio 1994, dopo qualche mese si spense il 20 settembre dello stesso anno.