Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

mercoledì 17 aprile 2024

UNA MISTERIOSA MALEDIZIONE

 


Cosa sta succedendo qui da noi? Sembra che Pietramelara sia stata colpita da una misteriosa maledizione! Prima Riccardo, poi Vittorio ed infine Rosa; tre esistenze che avevano ancora tanto da dare in termini di affetto ed impegno, spezzate all’improvviso. La vita è mediamente divenuta più lunga, e definire ancora “giovane” chi ci ha lasciato non sembra assolutamente fuori posto, ed inoltre rende ancora più doloroso il distacco.
Eppure non si tratta di patologie oncologiche ad averne causato il decesso; in tal caso sarebbe stato ugualmente doloroso dare loro un addio, ma si sarebbero potute avere le solite spiegazioni e/o ipotesi, legate all’inquinamento del suolo, dell’aria, delle falde, cosa che di solito viene fatta in tali casi, oppure ancora a rischi contratti nell’attività professionale. Ma qui è diverso, qui no: perché si tratta di morti improvvise. Ed allora null’altro rimane a chi resta, e viene mutilato negli affetti familiari, che spiegare il tutto con lo stress che comunemente ci attanaglia, non concedendo un solo attimo di respiro; o, come nel caso della carissima Rosa, con il dolore che, nonostante gli anni ormai trascorsi, è sempre presente e che ti logora come una candela che bruciando si consuma. La rassegnazione, per chi è stato colpito duramente, sicuramente con il tempo giungerà, e si potrà “farsene una ragione”, come si suol dire. A noi che scriviamo (o scribacchiamo) e assistiamo, testimoni muti, a questi lutti, non rimane che rinnovare il cordoglio personale, insieme a quello dell’intera comunità, di cui ci sentiamo parte.

lunedì 1 aprile 2024

FRATI A SAN PASQUALE: 2024, FINE DI UN’ERA

 


La notizia già ventilava nell’aria da qualche settimana, purtroppo nella mattina di Pasqua c’è stata la conferma ufficiale: dopo più di quattro secoli i frati non celebreranno più in San Pasquale. Di origini tardo rinascimentali, il Convento (cfr. foto di copertina) prese dapprima la denominazione e la dedica a “San Francesco”, e così viene riportato sulla cartografia e la documentazione storica ufficiale, fino al XIX secolo. Più recente la denominazione attuale "San Pasquale”, che poi ha dato nome alla contrada circostante e alla strada che congiunge il paese al convento. Grande è il legame della comunità pietramelarese con i frati, fatto di usanze e tradizioni, sopravvissute da secoli e secoli. Tanto per citarne qualcuna la benedizione degli animali, nel giorno di S. Antonio Abate, il rito (precristiano) del “fuoco di Natale”. Va citata inoltre l’accoglienza ai pellegrini che, dapprima a piedi, e più recentemente automuniti, si recavano al convento da Sant’Elia Fiume Rapido, vicino Cassino, per la festa di San Pasquale, a cui erano devoti.   Il ricordo dei guardiani Padre Eustachio, Padre Ludovico, del serafico Padre Benigno, fino all’ultimo Padre Angelico, perito tragicamente negli anni novanta, è ancora vivo nella popolazione e nei numerosi adepti.
Terminata, con quel tragico evento, la secolare residenza dei frati in San Pasquale, la provincia francescana dispose che le funzioni religiose fossero continuate ad officiare da parte dei Frati del Convento di Sant’Antonio in Teano, chiuso anch’esso recentemente, e poi, in ultimo, da quelli del Convento di Santa Maria dei Lattani, in Roccamonfina. Chi fra i miei quattro lettori voglia approfondire può consultare sullo stesso blog scribacchiato “LA FESTA DI SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/05/la-festa-di-san-pasquale.html), “SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2019/12/san-pasquale_23.html).
L’annuncio del dover lasciare per sempre il nostro convento e la nostra chiesa, lo ha dato la mattina di Pasqua nel corso della Messa delle sette e mezza, il guardiano dei Lattani, Padre Adriano, che con voce emozionata, ha riferito che il Vescovo Cirulli disponeva che i frati fossero sostituiti nella celebrazione dal parroco di Sant’Agostino, e che in nome del voto di obbedienza tale disposizione fosse osservata. Lo stesso sacerdote ha sottolineato inoltre di essere estremamente dispiaciuto di non poter più celebrare per i numerosi fedeli che, come il sottoscritto blogger, frequentavano quella Messa alle sette e mezza del mattino domenicale, e che il volontariato diffuso che anima la Chiesa e quel che resta del Convento, è encomiabile, fatto che distingue ancora una volta Pietramelara dalle comunità analoghe dei paesi vicini. Il carissimo Gianni Ionata, presa la parola per ringraziarlo e salutarlo, con tono deciso ha lasciato trapelare il suo personale dissenso nei confronti delle decisioni prese dal vescovo, peraltro condiviso da ognuno dei suoi amici che, con abnegazione e sacrificio, si dedicano alla sopravvivenza della devozione a San Pasquale.
La mia personale opinione è che tale decisione è figlia dei tempi, della penuria di vocazioni, e del dover assicurare la presenza di almeno un sacerdote per comunità di fedeli: dalla più piccole, a quelle di dimensioni maggiori. Resta comunque un senso di amarezza, nel dover rinunciare a una tradizione plurisecolare che ha fuso la devozione dei pietramelaresi alla pietà dei frati, che si interrompe adesso per sempre, a causa di disposizioni (forse un po’) affrettate.  

sabato 23 marzo 2024

UNO STRUMENTO PRESTIGIOSO

 

“Uno dei punti di vanto di cui i pietramelaresi possono andar fieri è senz’altro l’organo monumentale della Chiesa di San Rocco: lo storico strumento musicale, realizzato intorno al 1911 dalla ditta Inzoli di Crema, dopo un lungo periodo di quasi abbandono, fu restaurato negli anni ’80 dalla stessa ditta”, iniziava così un breve articolo sul grande strumento, che pubblicai sul Corriere di Caserta nel settembre del 2006. Tale incipit, devo riconoscerlo, conteneva un’imprecisione, in quanto la realizzazione è di dieci anni prima, trattandosi dell’opera 254 di Pacifico Inzoli (vedi foto di copertina), organaro di Crema (CR) che progettò e realizzò il grandioso strumento musicale. Da uno scritto di Domenico Caiazza apprendo che la chiesa di San Rocco, dalla sua stessa fondazione è stata dotata di un organo a canne; quello di Inzoli fu costruito ed inaugurato nel 1901, poco dopo l’ennesimo restauro della Chiesa, dovuto a crolli parziali della volta, e dovrebbe essere il terzo, infatti il primo risale alla fondazione della chiesa nel tardo ‘500, il secondo sostituì il primo intorno al 1750.
Nell’ autunno del 1878, si verificò un ulteriore crollo della volta che non danneggiò l’organo a canne ivi esistente; da una nota inviata nel 1901 dall’allora Arciprete Angelone all’Inzoli apprendiamo che: “L’organo che di una certa importanza è grande: fu scampato in occasione della rovina della chiesa e dopo vari anni di abbandono vuolsi ora restaurare”. Giunto a Pietramelara, sembra evidente che recuperare quello strumento, sopravvissuto a crolli ed abbandono, non apparve possibile all’Inzoli, che si espresse per una realizzazione ex novo, riutilizzando del vecchio organo solo dodici canne in legno. L’Inzoli era un vero specialista nel campo, basti pensare che tra i circa 400 organi da lui ideati e costruiti, vanno ricordati quello della Cattedrale di Cremona, del Santuario di Loreto e quello di Pompei. L’attuale organo di San Rocco vanta ben 1087 canne sonore, ed è racchiuso in un’elegante cassa lignea (vedi foto n. 2).
La ditta Inzoli, ereditata dai suoi discendenti, si occupò anche del restauro dell’organo, all’indomani della riapertura della chiesa di San Rocco, dopo circa un triennio di chiusura per il terremoto del 1980. Tale lunga e meticolosa opera, che durò circa un anno, comportò lo smontaggio completo di ogni parte, disinfestazione delle stesse con stuccatura dei fori dovuti a i tarli, verniciatura protettiva, lavaggio e rimessa in forma delle canne in metallo, ricostruzione di alcuni registri eliminati in seguito ad interventi inappropriati, quali Tromba 8’, Oboe 8’ e Voce Umana 8’. Alcuni tasti furono sostituiti mantenendo la placcatura originale, i registri tutti vennero reincisi con le proprie diciture, infine le pelli dei mantici che immettevano aria nelle canne furono completamente sostituite.
La Chiesa madre di San Rocco ricca di opere, bellezza e storia, giace oggi chiusa da lungo tempo per indugi vari delle istituzioni coinvolte, tuttavia da tempo si è sviluppata la tradizione di concerti organistici in essa, alla cui importanza culturale, si somma il fatto che Pietramelara, paese di grandi risorse, ma alquanto defilato dal punto di vista geografico, viene proiettato in un circuito di eventi che tocca realtà urbane di importanza ben maggiore, tra cui si cita, ad esempio, Sorrento, con la partecipazione di concertisti provenienti da ogni angolo del mondo, che si esibiscono insieme all’organista ufficiale, professoressa Andreana Pilotti.
 

Bibliografia: D. Caiazza: “Il restauro dei dipinti di S. Rocco in Pietramelara”, origini e vicende di una chiesa e del suo patrimonio artistico, 1989, ed. Banca Popolare Nicolò Monforte

venerdì 8 marzo 2024

40 ANNI DI ACQUA CON IL CONTAGOCCE

 

Sembrano sopite le forti polemiche di qualche mese fa sulla pressione idrica ridotta (o nulla) al rubinetto di casa. Meno male! ... me ne sono tenuto a debita distanza, e adesso con il clima più sereno si possono fare delle considerazioni in merito. Nel luglio del 2005 scrivevo sul Corriere di Caserta: “si sa che durante questa stagione aumentano i prelievi a carico delle falde, ma gli apporti, al contrario, diminuiscono fino ad annullarsi. A Pietramelara, tuttavia, il quadro non dovrebbe mai manifestarsi a tinte tanto fosche: i pozzi realizzati negli anni ’80 dalla Protezione Civile, insieme al capiente serbatoio di Monte Maggiore, nonché la possibilità di attingere direttamente dall’Acquedotto della Campania Occidentale, dovrebbero - in teoria - scongiurare in modo assoluto uno stato di carenza di acque potabili. Ciononostante, da circa un mese siamo costretti ad assistere ad una riduzione generalizzata della pressione dell’acqua erogata dai rubinetti, con tutti gli altri inconvenienti connessi: mancanza d’acqua ai piani superiori degli edifici e malfunzionamento delle caldaie per la produzione di acqua calda. Molti lavoratori hanno, ad esempio, lamentato che al ritorno a casa, la sera, si ritrovano nell’impossibilità di una doccia!”. 
Visto?...Un problema sentito dalla popolazione che, a mia memoria, risale ai primi anni ’70:  allora la propaganda faziosa aveva fatto circolare la voce che erano le bufale di una certa azienda agricola, a privare i cittadini di un bene di necessità inderogabile come l’acqua; uno “sfioro”, assolutamente indispensabile nel punto più alto del percorso della condotta pantani/monticello, era al centro di quelle polemiche, l’acqua che fuoriusciva nei momenti di maggior pressione finiva in un abbeveratoio, altrimenti avrebbe dovuto ruscellare e perdersi.
Le bufale non pascolano più da anni in quel punto, ma il problema si è acuito…a chi addossare la responsabilità allora? Da allora ad oggi, si sono avvicendate almeno sei/sette amministrazioni diverse (in uno o più mandati), e lo scenario purtroppo non tende a modificarsi, e se prima si soffriva per ridotta pressione solo in estate, ahimè attualmente il disagio è diffuso nell’intero anno. Sommessamente ritengo che la continua espansione della rete idrica, che ha raggiunto ogni più remoto angolo del territorio comunale, in mancanza di un sensibile aumento della quantità di acqua immessa in rete, è semplice demagogia amministrativa! Come potrebbe lo stesso corpo idrico di quaranta anni or sono, alimentare una rete che nel frattempo serve un numero di utenze ed una superficie più che raddoppiati? Inoltre la rete è vetusta, essendo stata realizzata tra gli anni ’50 e ’60, e si rompe se la pressione viene aumentata, anche di poco.
Tale situazione di disagio, viene vissuta in modo particolarmente drammatico soprattutto nei quartieri più alti: il “Rione Svizzero” ed il Borgo sono, come al solito, i più penalizzati, insieme ai piani superiori dei condomini sorti nel frattempo.  Senza assolutamente addentrarci nel complesso e spinoso campo dei tecnicismi, allora il problema è  essenzialmente di natura politica. La politica politicante, che ha voluto affidare la gestione del servizio idrico a enti, come E.I.C.Idrico Terra di Lavoro S.p.A., non ci fa sperare nulla di buono neanche per il futuro prossimo!

venerdì 1 marzo 2024

UN RESTAURO E I SUOI PROTAGONISTI

 

Non si sa ancora, dopo più di un anno, se, come e quando riaprirà la nostra Chiesa di San Rocco, maggiore edificio di culto del nostro paese, descritta tempo fa tra le pagine di questo blog scribacchiato (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2018/02/la-chiesa-di-san-rocco.html); ritengo inutile ricercare le responsabilità di tale situazione, tra le istituzioni ecclesiastiche e/o tra quelle civili; oggi invece vi voglio parlare di come si affrontavano i problemi nel passato recente, a proposito della rimozione e restauro della croce sommitale della chiesa di San Rocco, appunto.
Un restauro resosi necessario per le ingiurie del tempo, quello operato alla croce nel ormai lontano 2006, ne parlai in un pezzo pubblicato su “Il Corriere di Caserta”, nel dicembre del 2006. Questo l’esordio dell’articolo: “La grande croce metallica che sovrasta la Chiesa di San Rocco ha dimensioni veramente notevoli, 3 metri di altezza per 2 di apertura, anche se –forse- guardandola dalla piazza non ci si fa troppo caso. Realizzata in ferro nei primi anni del XX secolo, ha una struttura con cellule illuminate da lampade elettriche. Nel corso di un recente sopralluogo, operato nello scorso autunno, l’ardito tecnico che si avventurò a varie decine di metri di altezza sul punto sommitale della facciata, poté notare che l’opera era in uno stato di deterioramento avanzato, che la ruggine l’aveva aggredita in vari punti e che nelle cellule che ospitano le lampade si erano insediati nidi di vespe ed altri insetti”.
foto n. 2
Don Roberto, allora parroco anche in quella Chiesa, non era il tipo che rimanda la soluzione dei problemi! ... si mise immediatamente al lavoro ed in breve tempo individuò due artigiani locali, Giulio Tabacchino e Salvatore Mormile, con la fattiva collaborazione di Antonio Corsaro (insieme in foto 2) e ci aveva visto giusto… costoro in un breve lasso di tempo furono in grado di poter riportare la grande croce, simbolo della nostra religione, al primitivo splendore: essa, infatti, fu rimossa dalla facciata con una potente gru (nella foto di copertina), inoltre fu ripulita, ed allo scopo, poi, di proteggerla nel tempo dalle intemperie, sottoposta a zincatura. A lavoro di restauro terminato fu possibile ammirare l’opera “da vicino”, adagiata sul basolato di piazza San Rocco, i numerosi fedeli o semplici curiosi, erano fortemente meravigliati di quanto grande fosse l’opera, che osservata dalla base dello scalone non sembra affatto tale.

venerdì 23 febbraio 2024

ALESSANDRA NASKA'



Scrivevo già così in un articolo pubblicato nel Marzo 2007 sul quotidiano “Il giornale di Caserta”, ultima mia esperienza sulla carta stampata: “Per un piccolo paese partorire un’artista in grado di giungere a calcare scene e portare a compimento opere che lasceranno il segno, è sempre motivo di grande orgoglio: parliamo di Naskà, al secolo Alessandra Merola, che proprio in questi giorni ha fatto uscire il suo primo album, “Dimmi amore”.
Scambiai con lei, allora all’inizio della carriera, due chiacchiere:” Sono felicissima di aver potuto realizzare quello che per me fino a poco tempo fa appariva come un sogno. Di tutto ciò voglio ringraziare la mia preziosissima famiglia, Violet, la pazienza e l’esperienza di Ferd Ghidelli, tutti i musicisti con cui sono cresciuta in questi anni, tutti gli amici che mi hanno s(o)upportato, persone, storie ed eventi che hanno ispirato i miei testi, le mie musiche, le mie gioie, la mia chitarra, il mio mondo…”.
Sono passati anni ed anni, la carriera di Alessandra è andata avanti con forza e determinazione, da tempo non risiede più a Pietramelara, ma la si incontra spesso, nei momenti più autentici, l’ultima volta ci salutammo al mercato, tra le bancarelle dei “panni americani”. Del nostro paese ha conservato indelebili ricordi, come la profonda amicizia che la legava a DoPa, scomparso improvvisamente e troppo presto; in un post su FB per salutare Domenico scriveva: “amico mio, non sto scrivendo a te, tu sai già tutto. Ma a quelli che come me, hanno compreso l’essenza della tua vita e del tuo sorriso. Tutti quelli che hanno percepito quel “genio affamato” e innamorato della vita, tra le montagne grandi del suo amato paese”
Vale la pena ricordare che ha scritto diverse canzoni per la sua amica Emma Marrone - da 'Adesso' a 'Schiena', e spesso ne ha aperto i concerti, con la sua inseparabile chitarra, come nella foto di copertina, rubata da Facebook.  
Le piace ricordare i momenti spensierati accanto alla famosissima cantautrice nata a Firenze, ma di origini salentine; nel frattempo Alessandra è divenuta una donna ed artista matura e sicura di se, e nel commentare le serate nei locali più cool, bevendo vodka e cocktail, dice di non rimpiangerle: “Nel frattempo ho imparato ad apprezzare le tisane e le persone che sanno attendere sorridendo anche quando c'è davvero poco da ridere”.


venerdì 16 febbraio 2024

MDOV: UN UOMO, UNA FIRMA

 

Sono trascorsi venti lunghi anni da quel tragico mercoledì 18 febbraio 2004, quando la vita di Mimmo D’Ovidio, giornalista del Corriere di Caserta, si spezzò contro un palo maledetto a Piedimonte Matese. Ho cercato sul web qualcosa che lo descrivesse: può apparire strano ma, le ultime ore della sua vita D’Ovidio le trascorse in un ristorante di Piana di Monte Verna, il Love Story, leggendo alcuni passi della Bibbia. Quella sera Mimmo era lì non solo per mangiare una pizza, ma soprattutto per lavorare. C’erano le elezioni comunali in paese e Mimmo curava la pagina Piedimonte Matese – Caiazzo. Questo è quanto riportato in un articolo pubblicato sulla pagina del Corriere CE, che porta la data del 18 febbraio 2008.
Diciamo che a Pietramelara tutti lo chiamavano con il suo nome di battesimo Domenico, e che Mimmo è stato un vezzo, una sorta di nome d’arte giornalistico; altri si rivolgevano a lui dandogli del “cavaliere”, altri ancora lo chiamavano “Rummenigge”, come il famoso calciatore tedesco, per la sua grande passione per il calcio.
Ma chi è stato per Pietramelara Domenico? Cosa sopravvive di lui? Certo che dopo un ventennio i ricordi si affievoliscono, e con il ricambio generazionale la memoria a volte si dissolve. Domenico, figlio di Matteo, proveniva da una famiglia contadina, con tutto il portato di valori che la cosa comporta: rispetto, volontà di progredire ed evolversi, umiltà, legame stretto con la famiglia; era gemello di Franco, due vere “gocce d’acqua”, come si suol dire. Ricordo e, chi ha la mia stessa età ricorda la sua ironia, la giovialità, il suo saper mettere a proprio agio coloro che intervistava, e il suo modo di fare stampa, sempre corretto. Studiò da Perito Agrario e conseguì il suo diploma, ma non esercitò mai quella professione. Una grande passione per lo sport, specie per il calcio. Cominciò a farsi strada nel giornalismo locale, con qualche apparizione anche in video per le emittenti del territorio, fino a divenire una delle firme più seguite da coloro, come il sottoscritto, interessati alla vita politica in provincia di Caserta e nell’Alto Casertano; gli articoli che pubblicava recavano la sua sigla “Mdov”.   Le sue cronache hanno sicuramente conferito visibilità al nostro paese un po’ defilato. Nel commentare la sua tragica fine Gianluigi Guarino, scriveva di lui “eravamo fieri di essere “gente di paese” in rapporto a questa arena di livori, colpi bassi e slealtà con cui eravamo costretti a misurarci ogni giorno. Ci piaceva un mondo sentirci contadini, gente abituata a confrontarsi lealmente, guardando negli occhi il proprio interlocutore”
Sembra che in quella drammatica sera d’inverno, a Mimmo toccò di leggere questo passo biblico: “Fatevi trovare pronti, quando il signore vi chiamerà, perché non ci sarà alcun preavviso. Ed allora le vostre opere saranno valutate tutte, sia nel bene che nel male!”. Mimmo incredibilmente si commosse, ma poi riavutosi continuò a mangiare il soffritto di maiale preparato per l’occasione, ed ebbe ad esclamare “Non mangiavo del soffritto così buono da quando la buon’anima di Mamma mia me lo cucinava!” A mezzanotte e mezza Mimmo lasciò il locale e rifornì l’auto di carburante, subito dopo partì per il suo più lungo e intenso dei viaggi!

lunedì 12 febbraio 2024

ANTONIO, SCULTORE PENSIONATO


Scartabellando fra i miei archivi ritrovo un pezzo dell’ormai lontano luglio 2005, scrivevo allora per il “Corriere di Caserta”; l’obiettivo costante del mio scrivere è stato sempre quello di dare lustro a Pietramelara nei monumenti, nei paesaggi, nelle tradizioni e negli uomini: in tale spirito, profittando di una sua breve sosta in paese, intervistai Antonio Laurenza (vedi foto di copertina), scultore allora già affermato.
Una tecnica originale, la predisposizione conferitagli dalla natura, un vissuto articolato trascorso fra Italia, Svizzera e Portogallo: queste le caratteristiche di un singolare artista che ritorna spesso e volentieri a Pietramelara, per ritrovare la madre e gli altri affetti di famiglia, ma anche e soprattutto per dare ulteriore linfa vitale alla propria ispirazione ed estro. Oggi Antonio ha qualche anno in più, e non pratica più la nobile arte del modellare; Pietramelara è comunque orgogliosa di annoverarlo fra i propri figli che gli hanno dato lustro, anche oltre i confini nazionali. Dall’intervista emerse una personalità orgogliosa, ma allo stesso tempo desiderosa e disponibile nell’ esprimere i concetti che sono alla base della propria arte. Donò a Pietramelara un piccolo crocifisso posto attualmente sull’altare maggiore del nostro cimitero. 
Da quanto tempo ti sei dedicato alla scultura, e la consideri una professione? 
“Dalla più tenera età ho modellato la materia, si pensi che, con i fili di ferro arrugginito, da bambino confezionavo le statuine per il presepe; non considero questo mio modo di esprimermi una professione, mi diverte molto farlo e perciò, adesso che ho dovuto lasciare il mio lavoro per un incidente, mi dedico a tempo pieno alla scultura”
Qual è la tua tecnica, e quali materiali impieghi? 
“Per modellare impiego l’acciaio al Nichel, che sciolgo con una saldatrice ad Argon, tecnica che ho appreso perché lavoravo come saldatore per conto di una ditta specializzata in costruzione e manutenzione di centrali nucleari; il metallo così trattato assume una consistenza liquida ed io posso modellarlo a mio piacimento”
Hai mai pensato di studiare arte e quali sono state le tappe più importanti della tua carriera? 
“Sono un autodidatta, non ho mai intrapreso gli studi artistici. Considero come mio debutto la mostra che allestii nel ’82 presso il Museo Cantonale di Aarau, dopo di essa ne ho fatte tante altre, ma quella che considero più importante è quella del ’93 allestita presso la Galleria “6” di Aarau; le mie opere sono presenti in Belgio, Germania e, soprattutto, in Svizzera; in Italia vi sono solo le opere che ho donato ai miei familiari. Ultimamente ho cominciato a conferire alla scultura una nota di impegno sociale e politico, infatti nei miei lavori più recenti si intrecciano i temi dell’emigrazione, dell’ambientalismo e così via”
Conti di ritornare in Italia? 
“Ci sto pensando, vorrei stabilirmi in Toscana, antica terra pregna di arte e cultura, penso che in quel contesto potrei al meglio estrinsecare le mie doti”.
Come dicevo sopra Antonio oggi non scolpisce più, sentito da me, mi ha comunicato che le difficoltà per tenere un atelier, per un artista operante fra tre nazioni, sono molteplici, e poi si considera adesso un tranquillo pensionato

venerdì 9 febbraio 2024

FELICE LEONARDO, VESCOVO

 

“Quando dio ha soffiato sul mio fango per infondergli la mia anima, egli ha di certo soffiato troppo forte. Non mi sono mai ripreso da questo soffio di Dio...”, in queste parole si potrebbe condensare la filosofia di vita e quella pastorale di un uomo che trascorse l’ultimo segmento di vita in Pietramelara, anche se poi morì a Roccamonfina. Parliamo di Mons. Felice Leonardo, Vescovo Emerito di Cerreto Sannita, nato a Pietramelara il 9 marzo 2015. Personalità controversa, pur essendo stato sempre scevro da ogni populismo e poco incline alle esternazioni, riscuoteva simpatia fra la gente comune. Le sue origini non furono particolarmente altolocate, e di sicuro avanzò nella gerarchia ecclesiastica per la sua intelligenza e cultura approfondita con lo studio.
Aveva superato il secolo di vita e, pensando ai lunghi anni di Mons. Leonardo, si capisce che la legge ecclesiastica non riuscì mai ad accantonarlo: chi è incline naturalmente al lavoro non è costretto ad andarne in cerca, lo trova ovunque e sempre. Anche da ultranovantenne studiava sempre i testi sacri, aggiornati o meno che siano, continuava ad incontrare amici, sacerdoti e fratelli che beneficiavano della sua saggezza, della sua dottrina e con i quali – come ha sempre fatto-   amava condividere l’esperienza della vita ed il pane del sapere.
Allo scoccare del novantesimo anno, nell’aprile 2005, le diocesi di Teano-Calvi e di Cerreto Sannita vollero solennemente sottolineare il percorso di vita di un pastore singolare e carismatico, ed anche Pietramelara, città che si onora di avergli dato i natali, volle tributargli un doveroso omaggio: con una solenne concelebrazione officiata dal vescovo di Teano di quel tempo, Mons. Francesco Tommasiello, che era stato suo fedele discepolo, e dal clero locale e diocesano, con le autorità civili.
Come detto in premessa di questa nota, morì a Roccamonfina, il 15 aprile 2015, aveva da poco compiuto un intero secolo di vita, e le solenni esequie si tennero nella Cattedrale di Cerreto Sannita, diocesi che aveva retto dal 1957 al 1991, officiate da Mons. Crescenzio Sepe, allora arcivescovo di Napoli, ed alla presenza delle più alte cariche ed autorità ecclesiastiche, civili e militari, e con la grande partecipazione di gente comune.

venerdì 2 febbraio 2024

SO' F'NUTI KIGLI TIEMPI

 

Nel mio paese “antico ed estinto” i personaggi dai caratteri singolari non sono mai mancati, da sempre. Le pagine di questo blog scribacchiato ne hanno descritto a più riprese i caratteri, e adesso vi voglio parlare di un uomo che ci lasciò circa un ventennio fa.
Carmelindo M., si spense improvvisamente nel dicembre del 2006, privando il paese di un personaggio particolare, polemico e irriverente, ma senz’altro simpatico a tutti, per quel suo modo vociante di manifestare il suo dissenso netto di fronte a fatti, situazioni e personaggi locali. Immigrato in Svizzera da giovane, negli anni ’50, e qui sposato con una donna del luogo, aveva fatto ritorno in paese dopo una trentina d’anni. Si professava marxista e non credente, e nella sua giornata un appuntamento fisso era quello del prendere il suo giornale, “L’Unità”, la mattina presto in piazza: lo si sentiva da lontano arrivare con l’immancabile bicicletta, cantando a gran voce, e Rocco il giornalaio, personaggio altrettanto mitico, si affrettava a portargli il quotidiano fuori, per evitare eventuali alterchi con altri avventori, proprio all’interno dell’edicola. Il suo tormentone, il suo mantra era diventato: “Sò f’nuti  kigli tiempi!” (letteralmente: sono tramontati quei tempi, il passato non ritorna! ndr), quasi ad esprimere un’irriverente insofferenza nei confronti di quella società da cui, in gioventù, si era dovuto e voluto allontanare. Era soddisfatto che quella stratificazione sociale era stata ormai superata, e odiava (o quantomeno diceva di odiare) i preti e tutti coloro che un tempo gestivano il potere; andava anche dicendo che organizzazioni internazionali, tra cui la C.I.A., il controspionaggio americano, lo seguivano e pedinavano, convinte della sua pericolosità rivoluzionaria. Tuttavia era profondamente legato alla sua Italia, e si vantava di aver rifiutato la cittadinanza svizzera che gli era stata offerta da quel paese che lo aveva accolto in gioventù e, ogni anno, con composta fierezza, partecipava alla cerimonia del 4 novembre.
Ricordo bene il suo funerale assolutamente laico, anche se poi il grande Don Roberto, senza paramenti sacri volle assistere alla sepoltura e recitare una silenziosa preghiera per quell’uomo che, più di una volta aveva polemizzato ed inveito anche contro di lui.

 

sabato 27 gennaio 2024

UN PAPA BUONO E VANDALIZZATO

 

Foto 1

Il “comune sentire” di Pietramelara si concretizza in vari segni, esterni e tangibili, a volte legati alla natura stessa degli uomini e delle donne che fanno parte della comunità, in altre occasioni alla devozione popolare. In occasione del Giubileo 2000 le compiante sorelle Rossana e Maria D’Agostino acquistarono una statua “a grandezza naturale” del Papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli, detto anche il “Papa Buono”; fecero poi edificare un piedistallo nello spiazzale antistante il Convento di San Pasquale e si curano di sistemare anche la zonetta di terreno circostante. Si trattava e si tratta di un simbolo di benvenuto, all’ingresso del paese. 
Dopo qualche anno, l’increscioso episodio che il sottoscritto descrisse in un articolo su “Il Corriere di Caserta” di domenica 9 gennaio 2005, che riporto in stralcio: “Gravissimo atto vandalico nella nottata fra sabato e domenica, lungo la provinciale Riardo-Pietramelara. La statua raffigurante Giovanni XXIII, sita in prossimità del Convento di San Pasquale, è stata divelta dal piedistallo. Il simulacro raffigurante il papa santo era stato posto in quella località in occasione dell’ultimo giubileo, a devozione delle sorelle D’Agostino, che si erano accollate anche l’onere della sistemazione dell’area prospiciente. A una prima ricostruzione dei fatti, qualcuno in nottata ha dapprima legato con una corda la statua ad un’automobile e poi l’ha trascinata. L’episodio è l’ultima triste conferma che la microcriminalità in paese alza sempre più la testa”. I danni riportati dalla statua furono giudicati talmente ingenti da rendere antieconomico qualunque restauro; il piedistallo, rimasto intatto allo scempio perpetrato dagli ignoti vandali, giacque muto testimone dei livelli di abominio raggiunti. Una sensazione di sdegno generale si diffuse all’indomani dell’atto vandalico.

Foto 2
Le sorelle D’Agostino, dispiaciute profondamente per l’accaduto, proposero a varie associazioni di carattere laico ed ecclesiastico di farsi promotrici di una sottoscrizione per restituire alla devozione la venerata immagine di quel grande protagonista della storia del XX secolo. L’appello fu raccolto dal Circolo “L’Arco” di Piazza San Rocco, all’epoca presieduto dal sottoscritto, che in breve tempo raccolse la somma necessaria all’acquisto di una nuova statua da riposizionare nello stesso luogo, questa volta di dimensioni leggermente minori rispetto all’originaria immagine. Fu semplice la cerimonia di inaugurazione, di cui riporto alcune foto, con essa si ebbe il riposizionamento della nuova statua, con una breve processione e la benedizione. La data del riposizionamento  fu il giorno 8 ottobre dello stesso anno, appena nove mesi dopo l’increscioso episodio.

sabato 20 gennaio 2024

CINQUANT’ANNI DI CALCIO FEMMINILE

 

Foto 1

Il calcio, si sa, a Pietramelara come altrove ha una valenza importantissima, e non esagera chi lo definisce uno sport universale. Sulla scorta di tale valenza, si generò un fenomeno che è ricorso nella storia della nostra comunità: il calcio femminile. Si parte da lontano, si era all’inizio degli anni ‘70; ragazze volitive, come sanno esserlo le giovani donne di Pietramelara, che si auto organizzarono e si ritrovarono sul nostro vecchio campo sportivo, per tirare i loro primi calci. Dalla foto di copertina n. 1 si riconoscono, accanto a Franco Vitale e il compianto Peppe Colapietro: Rossana Rozzi, Amalia Campanile, Pina Russiello portiera dall’altezza fuori dell’ordinario per quei tempi, Pina Nicolò, Immacolata Leonardo, Rosaria Guadagno, Katia Stagliano, Franca Di Nuzzo, Mena Laurenza, insieme ad Anna Nigro, vera bomber (manca nella foto). La cosa suscitò scalpore e curiosità: la gente accorreva numerosa a guardarle giocare, facendo un tifo acceso e sentito.
Ho scritto all’inizio di un “fenomeno che è ricorso”, non a caso; infatti riporto lo stralcio di un mio articolo sul Corriere di Caserta dell’aprile 2005, nel quale si descriveva di un secondo gruppo  di ragazze (Foto n. 2), coordinate da un uomo che il calcio lo ha nel sangue: Salvatore Vitale, allenatore e direttore sportivo.
“Carmela Mancini, Concetta Colapietro, Angela Sangermano, Elena Loffredo, Laura Sabino, Lucia Santangelo, Emilia Comparone, Antonella Leardi e Marina Lombardo potrebbero essere un normale gruppo di amiche, dedite alle consuete occupazioni delle ragazze della loro età, se non le legasse la comune passione per il calcio, che praticano con un livello di agonismo degno di particolare nota. Queste ragazze, (…) militano, con la Polisportiva Pietramelara, nella Serie B regionale del Campionato di Calcio a 5 femminile, ma   il traguardo della serie A, si intravede ormai “a distanza ravvicinata”. 
Foto 2
Nell’articolo si celebra la vittoria in casa, finita 5 a 2, contro la pur agguerrita formazione dell’Ariano Irpino, in cui le ragazze misero una seria ipoteca sulla promozione, con la chiosa di mister Vitale, che dichiarava  emozionato e felice: “I tre goals della Lombardo, con la doppietta della capitana Comparone, sono la dimostrazione più evidente del livello di preparazione atletica e tecnica raggiunto dalle ragazze; il tutto, unito alla prontezza della portiera Mancini, ci rende di sicuro la “squadra da battere”.
In un contesto in cui l’emancipazione femminile è sulla bocca di chiunque, Pietramelara come al solito ha precorso i tempi. Tuttavia, a cinquant’anni dalla prima formazione femminile e venti dalla seconda, si sente ancora molto parlare di calcio in piazza e nei capannelli di amici, ma gruppi di ragazze interessate a giocare a pallone ormai non se ne vedono più! Segno dei tempi, del mutamento della mentalità giovanile e degli interessi, chissà? … O, forse, solo la mancanza di qualcuno che sappia mettere in atto potenzialità inespresse da parte di una o più giovani donne di Pietramelara?

sabato 13 gennaio 2024

QUATTU GELI PRIM' E NATALE

 

Siamo ormai entrati nella fase centrale dell’inverno, caratterizzata ordinariamente da freddi pungenti, cieli grigi e a volte da nevicate, più o meno abbondanti. Il fenomeno tipico di tale periodo è però la presenza di gelate mattutine, con il termometro che scende abbondantemente sotto lo zero. La cultura popolare, a tal proposito vuole che “hann’a carì quattu geli prim‘e Natale” (devono verificarsi quattro gelate nel periodo prenatalizio, ndr). Non ho contato quante gelate vi siano state effettivamente tra novembre e dicembre ma, di sicuro, più di un mattino ci siamo svegliati con la campagna circostante imbiancata e un sottile velo di ghiaccio sulle auto rimaste per strada durante la notte. La gelata, va detto, ordinariamente non è un fenomeno notturno, ma si verifica all’alba. I meteorologi definiscono il fenomeno “inversione termica”, molto frequente durante la stagione invernale; si dice “inversione” perché è una condizione in cui l’andamento della temperatura lungo la verticale si “inverte”, ossia aumenta al salire della quota, anziché scendere come di consueto.
Per avere inversione termica anzitutto dobbiamo trovarci in condizioni di alta pressione, ossia in condizioni di correnti discendenti. Perché dunque l’aria è più fredda in basso che in alto? Perché in condizioni di alta pressione, con cielo sereno e vento calmo, il raffreddamento del terreno è massimo. Ma l’aria fredda è più densa e pertanto diventa più pesante rimanendo incollata al suolo.  Sopra inoltre c’è l’alta pressione, dove l’aria scende dalle alte quote e si scalda per compressione creando una sorta di coperchio che divide l’aria calda in alto da quella fredda in basso. Solo un energico rimescolamento dei bassi strati potrà sbloccare questa situazione.
I fattori predisponenti sono innanzitutto la presenza di montagne e colline; nelle vallate la ventilazione debole permette un irraggiamento migliore e l'aria più fredda staziona facilmente nei bassi strati.
Altri fattori importanti sono la lontananza da isole di calore (in città la temperatura è più elevata rispetto alle zone di campagna), e la distanza dal mare.
Il nostro territorio comunale e, nello specifico, la parte che riguarda l’abitato è circondato da alture: Monte Maggiore a Sud, le montagne di Roccaromana ad est, il Monticello a Nord Ovest, inoltre a pochi chilometri in linea d’aria il Matese è frequentemente ricoperto di neve. Tali condizioni rendono, per Pietramelara e dintorni, particolarmente frequente il fenomeno delle gelate, anche se va detto che negli ultimi anni la frequenza è divenuta sensibilmente minore. Tuttavia le gelate e le basse temperature, se si verificano nel periodo in cui sono tipiche, hanno importanti effetti positivi: morte di insetti svernanti nel suolo e nella corteccia delle piante, soddisfacimento del naturale “fabbisogno in freddo” delle piante, che nella successiva primavera rifioriranno e fruttificheranno più abbondanti. Da temere invece le gelate tardive, quelle si, esse si verificano in marzo/aprile e portano al disseccamento di gemme e rametti verdi, morte dei fiori e dei frutticini appena formati.
 
 

giovedì 11 gennaio 2024

UNA NOMINA CON RIFLESSI TERRITORIALI

 


La nomina a Vicario generale delle diocesi di Teano-Calvi, Sessa aurunca ed Alife, da parte del Vescovo Giacomo Cirulli (cfr. foto di copertina) perverrà a Don Luigi De Rosa con effetto dal 17 gennaio, giorno che la liturgia dedica a Sant’Antonio Abate.
Il vostro blogger si è voluto di persona complimentare per questo importante incarico con Don Luigi, il quale ha voluto sottolineare, insieme alla soddisfazione e alla gratitudine, lo spirito di obbedienza insito nell’accettazione di una responsabilità tanto gravosa, che va a sommarsi con quelle già in atto per lo stesso sacerdote, parroco in Vairano Scalo e Marzanello. Conosco da sempre Don Luigi, che nei primi anni di sacerdozio ha officiato anche in Pietramelara, prima come diacono e poi come viceparroco in Sant’Agostino e ne condivido lo spirito aggregativo, che lo porta a un’attività pastorale frenetica ed ininterrotta.
La nomina verrà accompagnata da quelle conferite Don Angelo Salerno (Celebrazioni Liturgiche) e Don Angelo Palazzo (Evangelizzazione e catechesi), Don Osvaldo Morelli (Testimonianza cristiana), Don Roberto Guttoriello (affari amministrativi), Don Emilio Salvatore (Cultura e comunicazioni sociali) Don Enrico Passaro (vicario giudiziale). Ognuna di esse avrà carattere interdiocesano, proiettate in un futuro più o meno prossimo, nel quale ognuna delle tre Diocesi, dalla storia più che millenaria, saranno unificate in una macro area comprendente l’intero settentrione della provincia di Caserta; in tale contesto Don Luigi apparirà come una sorta di “primus inter pares” tra i sunnominati sacerdoti investiti dalle nomine episcopali.
Il nostro territorio e la nostra diocesi vivranno, allora, una visibilità accresciuta in un territorio vasto che va da Mignano Monte Lungo a nord, fino a Pignataro a sud e dalla costa a occidente fino al caiatino a oriente, contrassegnato da vasta estensione e bassa densità di popolazione. Sono infine sicuro che, data la profonda integrazione di Don Luigi fra la sua gente, essa sicuramente non sarà trascurata dal suo parroco.
Complimenti ed auguri a Don Luigi.

 

lunedì 1 gennaio 2024

70 ANNI DI RAI

 

Un 2024 molto speciale per la Rai Radio Televisione Italiana. Un annata molto speciale perché nel 2024 la Rai celebrerà il compleanno della televisione e quello della radio. La Tv, come sappiamo, è nata il 3 gennaio del 1954, mentre la radio ha preso il via trent’anni prima, cioè il 6 di ottobre del 1924. Due compleanni molto importanti che saranno celebrati a dovere dalla Rai attraverso tutta una serie di iniziative che culmineranno con una giornata specialissima il prossimo mese di ottobre, dalla celebre “Nuvola” di Fuksas a Roma.
E naturalmente con la RAI prendeva vita anche l’Italia televisiva; nel ’54 non esistevano le televisioni private, oggi chiamate “reti commerciali”, che si sarebbero sviluppate a partire dai primi anni 80. Fino a quel momento la Rai esercitava un monopolio assoluto dell’informazione e dell’intrattenimento. A tale monopolio si contrappose, quasi subito dopo, la Fininvest (poi divenuta Mediaset) che creò tre reti: Canale 5, Italia 1 e Rete 4, in grado di trasmettere su tutto il territorio nazionale. A questo proposito va sottolineato il carattere profetico di una sentenza della Corte Costituzionale del 1960, in cui si giunse alla conclusione che, alla lunga, si sarebbe prodotto un accentramento monopolistico in mani private (con tutte le conseguenze del caso).
Grande è stato il ruolo della televisione nel completare il processo di unità nazionale, iniziato novant’anni prima della nascita della RAI. La televisione con i propri programmi educativi e culturali, ha “alfabetizzato” e dato una lingua comune a decine di milioni di italiani; mi piace ricordare a tal proposito la trasmissione pomeridiana di Alberto Manzi “Non è mai troppo tardi”, di cui ho scribacchiato su questo blog (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/02/non-e-mai-troppo-tardi.html).
A casa mia la televisione entrò nel 1957, in coincidenza con la nascita della mia sorella maggiore; ritengo che sino ad allora in paese gli apparecchi televisivi si potevano contare sulle dita di due mani. Alcune ragazze del vicinato avevano preso l’abitudine di venirsi a guardare la TV, quella mezz’oretta dopo cena, e in quell’occasione si sono rinsaldati vincoli di amicizia, non ancora sciolti dopo tanti decenni. Inoltre ricordo il ragazzo che di sera veniva a consegnare la bottiglia di latte appena munto, che si doveva fermare dieci minuti/un quarto d’ora a guardare la trasmissione che era in onda in quel momento, era evidente il suo forte desiderio di possedere un televisore anche per la propria famiglia.
Certo esisteva anche qualche televisore nei locali pubblici, tra cui quello mitico nella sezione della Democrazia Cristiana, in via Roma (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/06/via-palazzo.html). Già da allora, noialtri della generazione “a letto dopo carosello” ci legavamo sempre di più a quel mezzo di comunicazione di massa, anche grazie alle trasmissioni pomeridiane della “TV dei Ragazzi”, che ricordo con profonda  nostalgia; solo per citarne qualcuna “I ragazzi di Padre Tobia”, “Giovanna la nonna del Corsaro Nero”, “Chissà chi lo sa” e tante altre.
Buon compleanno RAI, allora, anche senza nutrire alcuna avversione preconcetta per le reti commerciali.