Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 14 ottobre 2017

1496 - PIETRAMELARA DOPO IL SACCO

Molti conoscono, anche grazie alla celebrazione del cinque centenario avvenuta venti anni or sono, l’episodio del passato più cruento vissuto da Pietramelara e dalla sua gente: il sacco e la distruzione del 12 marzo 1496. Si sono poi succeduti altri eventi, visite guidate ed altro che hanno tenuta viva la memoria di quel giorno così triste. Al riguardo, il documento più importante è costituito da una pregevole monografia data alle stampe nel 1892, ad opera di Raffaele Alfonso Ricciardi, storico di Roccaromana, dal titolo “Pietramelara e la sua distruzione nel MCCCCXCVI”, peraltro distribuita in forma di “ristampa anastatica”, proprio in occasione del citato cinque centenario. Per avere un’idea del dramma riporto il racconto di Giacomo Gallo, cronista del tempo, secondo il quale più del 75% della popolazione fu uccisa e il resto venduta come schiavi a Napoli.
Ciò che pochi sanno o immaginano, invece, è il modo ed il tempo in cui Pietramelara è risorta come comunità. Leggendo la pregevole opera del Ricciardi vi sono due cose che mi hanno colpito, riferite alla vita di Pietramelara in tempo successivo alla distruzione.
In primo luogo: non si sa quando la comunità si riorganizzò, ad ogni buon conto il Ricciardi annota: “Mezzo secolo dopo, nel 1546, a causa della numerazione dei fuochi, la prima che esista per questo paese , i suoi abitanti non ascendevano che a appena 546 individui”. I cognomi vengono elencati e non è raro imbattersi in qualcuno ancora esistente: De Angelis, Montanaro, Peluso, La Villa , Lombardo, Regna , Riccio, Conte, Mancino, Caiazza , Bassi, Perrotta, Izzo. E’ evidente che vi furono dei sopravvissuti alla strage, o fuggiti perché avvertivano l’imminente pericolo, o perché dimoranti in campagna, oppure ancora trasferiti da altri luoghi e stabilitisi in paese.
La seconda cosa riguarda un colorito episodio: la contesa di una campana, prelevata dalla chiesa di Sant’Agostino, allora Santa Maria della Carità, ad opera dei Roccaromanesi, appena dopo la distruzione e il sacco, e posta da costoro nella chiesa dell’Annunziata, nei pressi del vecchio ospedale: un vero e proprio atto di sciacallaggio! I sopravvissuti di Pietramelara, chiesero al Re Federico d’Aragona con ripetute suppliche la restituzione della campana, ma costui non solo non volle intervenire, ma si dimostrò anche abbastanza seccato, confermando al donazione a favore dell’Annunziata di Roccaromana. Il carteggio reca date che vanno dal novembre 1496, pochi mesi dopo il sacco, al luglio 1497 e, a parere di chi scrive stanno a dimostrare il carattere combattivo della nostra gente, anche dopo aver subito una storia tanto tragica. La campana contesa va vista, a mio parere, come simbolo aggregante di una comunità che, sebbene sconfitta militarmente e decimata, sa ritrovare intorno ad essa il motivo e la ragione per guardare avanti.

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