Eppure non si tratta di patologie oncologiche ad averne causato il decesso; in tal caso sarebbe stato ugualmente doloroso dare loro un addio, ma si sarebbero potute avere le solite spiegazioni e/o ipotesi, legate all’inquinamento del suolo, dell’aria, delle falde, cosa che di solito viene fatta in tali casi, oppure ancora a rischi contratti nell’attività professionale. Ma qui è diverso, qui no: perché si tratta di morti improvvise. Ed allora null’altro rimane a chi resta, e viene mutilato negli affetti familiari, che spiegare il tutto con lo stress che comunemente ci attanaglia, non concedendo un solo attimo di respiro; o, come nel caso della carissima Rosa, con il dolore che, nonostante gli anni ormai trascorsi, è sempre presente e che ti logora come una candela che bruciando si consuma. La rassegnazione, per chi è stato colpito duramente, sicuramente con il tempo giungerà, e si potrà “farsene una ragione”, come si suol dire. A noi che scriviamo (o scribacchiamo) e assistiamo, testimoni muti, a questi lutti, non rimane che rinnovare il cordoglio personale, insieme a quello dell’intera comunità, di cui ci sentiamo parte.
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