Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

sabato 31 marzo 2012

UN BORGO MODELLATO DALLA NECESSITA'

Ieri sera ho accompagnato per le anguste vie del Borgo di Pietramelara un gruppo di turisti del T.C.I. di Capua; è stata questa l’occasione per guardare quelle pietre, quei vicoli, quei manufatti con occhio meno distratto del solito. Le città, i paesi, i borghi vanno letti, soprattutto per capire chi sono stati gli autori che man mano, succedendosi nel tempo, hanno fornito contributi per il risultato che è sotto i nostri occhi: questa è la filosofia che mi ha guidato.
Molti, quasi tutti, conoscono l’episodio storico più importante che ha vissuto il nostro Borgo: il sacco con la barbara e cruenta distruzione, subita all’alba del 12 marzo 1496, ad opera delle truppe Aragonesi, con il conseguente eccidio ed il tramonto dell’intera comunità per un lasso di tempo non quantificabile; indubbiamente tale fatto ha impresso una straordinaria impronta fisica ed urbanistica che, a distanza di 5 secoli, sebbene attenuata, non si è ancora cancellata.
Tuttavia pochi si sono interrogati invece sui mille e mille microepisodi vissuti da donne e uomini nei secoli, pietramelaresi comuni, ma anch’essi autori di caratteri speciali conferiti al nostro monumento più importante.
Ogni pietra, ogni scorcio, ogni manufatto parla di loro: il forno, presente in ogni casa, nelle dimore patrizie come in quelle più modeste, permetteva di creare una riserva dell’alimento principale dell’alimentazione della gente di questi luoghi, il pane che veniva “fatto” in media una volta a settimana; in qualche casa di famiglie benestanti, poi, è possibile vedere ancora un fornetto destinato solo a riscaldare pasti e vivande, accanto a uno di dimensioni maggiori destinato, appunto, principalmente alla cottura del pane. La cisterna per la raccolta delle acque piovane, delle dimensioni permesse dal caso e dal luogo, dalla presenza di eventuali cavità naturali: in talune case ne sono presenti anche due o tre. La stalla del maiale, che da direttamente sulla strada, delinea un esigenza di custodia di un animale che crescendo produceva alimenti preziosi, apportando preziose proteine e grassi a una dieta “da povera gente” basata per lo più su cereali e legumi vari.
In discorso a parte va fatto per lo spazio, una risorsa evidentemente da sfruttare con parsimonia; tale esigenza ha indotto a costruire case l’una sull’ altra determinando una tipicità unica per il nostro borgo: gli angiporti, cioè strade sormontante da case. In altre parole, lo spazio era ritenuto tanto prezioso da dover edificare anche immediatamente al disopra della sede stradale.
Il castello distrutto nel giorno del sacco, e di cui sopravvive ormai solo la torre normanna e le mura perimetrali, e che nel tempo è stato trasformato in giardino ed orto pensile.
Per concludere: un borgo modellato più dalla necessità quotidiana che dalla storia.
I nostri ospiti di Capua sono rimasti rapiti ed ammaliati da tanta millenaria bellezza, ma allo stesso tempo colpiti dal silenzio di un abbandono ineluttabile, determinato anche dalle esigenze della vita moderna; è tempo di conferire una destinazione al nostro Borgo, allo scopo di tenerlo in vita; tra qualche anno sarà troppo tardi!

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