La Giornata Internazionale del Gatto, celebrata ogni 8 agosto, è
un’occasione non solo per coccolare i nostri amici felini ma anche per
riflettere su quanto la loro presenza possa influire sul benessere psicologico.
Il legame tra uomo e gatto, infatti, può migliorare l’umore, ridurre la
solitudine e favorire una migliore qualità della vita.
Dal punto di vista psicologico, il gatto è uno specchio silenzioso
delle emozioni umane. Riesce spesso a cogliere gli stati d’animo senza parole:
si avvicina nei momenti di tristezza, si ritira quando percepisce tensione.
Questa sensibilità invita a una maggiore consapevolezza emotiva proprio perché i gatti “sentono” ciò che spesso si ignora (McNicholas & Collis, 2006). A differenza dei cani, i gatti sanno stare da soli, scegliere quando essere presenti e quando ritirarsi.
Il nostro felino, di nome Zampo (cfr. foto di copertina), è con noi da ben nove anni; libero e viziato, è padrone della nostra casa e di molte altre del vicinato, specie quelle a destra e sinistra della nostra abitazione, disabitate nella maggior parte dei giorni, nell’anno. Sparisce e ricompare, a volte dopo giorni, destando in noi preoccupazioni circa la sua incolumità: cosa gli sarà successo? Chissà se lo rivedremo, se tornerà a farci compagnia? Miagola molto di rado, ma, nel suo silenzio, sa farsi capire ed ascoltare. La sua fame, la sua sete, le sue emozioni ce le comunica in modo ormai inequivocabile, visti tutti gli anni che abbiamo trascorso insieme. E’ la delizia delle mie figlie, quando tornano a casa… lo abbracciano, lo strapazzano e lui ci guarda con quell’espressione paziente che significa in modo chiaro: “debbo sopportarle, visto il trattamento che mi riservate”. Ha un amico della sua stessa specie, dal mantello nero, autore di alcune marachelle compiute in maniera congiunta; anche lui è un emblematico ed autentico rappresentante della specie felina domestica, si tiene alla larga da noi come per dire “godo anch’io dei vostri spazi, vi ringrazio ma… di voi non me ne frega nulla”
Questa sensibilità invita a una maggiore consapevolezza emotiva proprio perché i gatti “sentono” ciò che spesso si ignora (McNicholas & Collis, 2006). A differenza dei cani, i gatti sanno stare da soli, scegliere quando essere presenti e quando ritirarsi.
Il nostro felino, di nome Zampo (cfr. foto di copertina), è con noi da ben nove anni; libero e viziato, è padrone della nostra casa e di molte altre del vicinato, specie quelle a destra e sinistra della nostra abitazione, disabitate nella maggior parte dei giorni, nell’anno. Sparisce e ricompare, a volte dopo giorni, destando in noi preoccupazioni circa la sua incolumità: cosa gli sarà successo? Chissà se lo rivedremo, se tornerà a farci compagnia? Miagola molto di rado, ma, nel suo silenzio, sa farsi capire ed ascoltare. La sua fame, la sua sete, le sue emozioni ce le comunica in modo ormai inequivocabile, visti tutti gli anni che abbiamo trascorso insieme. E’ la delizia delle mie figlie, quando tornano a casa… lo abbracciano, lo strapazzano e lui ci guarda con quell’espressione paziente che significa in modo chiaro: “debbo sopportarle, visto il trattamento che mi riservate”. Ha un amico della sua stessa specie, dal mantello nero, autore di alcune marachelle compiute in maniera congiunta; anche lui è un emblematico ed autentico rappresentante della specie felina domestica, si tiene alla larga da noi come per dire “godo anch’io dei vostri spazi, vi ringrazio ma… di voi non me ne frega nulla”
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