Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

lunedì 26 dicembre 2016

MISERIA E NOBILTA'

“Miseria e nobiltà” è un film del 1954 diretto da Mario Mattoli, tratto dall'omonima opera teatrale (1888) di Eduardo Scarpetta, che ha come protagonista il grande Totò. E’ noto a chiunque perché trasmesso con elevatissima frequenza , specie da alcune TV locali del nostro Meridione. Ho un legame ed un ricordo particolare di questa pellicola: con la visione di essa, infatti, feci le ultime grandi risate insieme a mio padre, nel giorno di Santo Stefano di trentun’anni fa; dopo qualche giorno venne la sua fine.
Si tratta della vicenda di uno squattrinato divorziato della Napoli del 1890, Felice Sciosciammocca, che vive alla giornata facendo lo scrivano e condividendo la casa con l'amico Pasquale, di professione fotografo ambulante , e le rispettive famiglie.
Gli espedienti a cui costoro devono ricorrere per sopravvivere li costringono in una serie di esilaranti disavventure: un giorno il marchesino Eugenio Favetti, chiede a Felice e Pasquale con moglie e figlia di travestirsi e fingere di essere i suoi nobili familiari, e di presentarsi con lui a casa di Gemma, ballerina che ama, perché il padre di lei, un arricchito, vuole conoscerli per acconsentire al fidanzamento.
Ciò che ne deriva è tutto un susseguirsi di gags memorabili, rese tali dalla straordinaria comicità di Totò : il linguaggio da finti signori, la fame atavica che traspare da ogni loro comportamento, l’imprevedibile entrata in scena di personaggi secondari che complica fortemente l’intreccio, tipico della farsa portata dal teatro al grande schermo.
Ritengo però che il tratto saliente della vicenda, che attenua la grande comicità, è la morale che se ne può trarre: nella scena finale, svelati del tutto gli inganni e i raggiri ai danni dell’ingenuo padre di Gemma, Totò/Sciosciammocca, rivolto al pubblico esclama “La vera miseria è la falsa nobiltà”.
Attualissima ancor oggi, dopo ben sessantadue anni, è il paradigma di coloro che ad ogni costo, non si accettano e vogliono apparire diversi da quelli che effettivamente sono. Si tratta di figure patetiche, prive di dignità ed identità, spinte nel loro comportamento da questa società dell’immagine, che pone la “visibilità” al primo posto fra i valori. Costoro venderebbero anche la madre per una macchina nuova, o per un capo di abbigliamento da “grande firma”, e non vorrebbero mai mancare alle occasioni che contano, in cui sono inevitabilmente relegati a ruoli di gregario. Attivi nella politica di oggi, anche senza avere un credo ed un ideale, cambiano senza alcun problema lo schieramento al variare dei risultati elettorali.

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