Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

giovedì 22 settembre 2016

LA CHIESA DI SANT'AGOSTINO

E’ tra i luoghi da me più frequentati nell’infanzia ed adolescenza, vi ho trascorso tante serene ore in allegria con gli amici di un tempo, a vigilare su di noi e sulla nostra esuberanza la figura severa ma bonaria di Don Pasqualino. Sto parlando della Chiesa di Sant’Agostino, edificio di notevoli dimensioni che accoglie, fra l’altro, opere d’arte di grande importanza.
Fu costruita nel 1420 per volere di Giovanna di Celano, signora di Pietramelara e, insieme all’annesso convento, attuale palazzo municipale, prese il nome di Santa Maria della Carità. Nel 1461 ci fu un primo restauro ad opera dei Padri Agostiniani, che ne presero possesso e ne cambiarono il nome in Sant’Agostino. Con il sacco di Pietramelara e le relative distruzioni, avvenute nel marzo del 1496, anche questa chiesa fu saccheggiata dalle truppe mercenarie al soldo degli aragonesi. A latere di tale tragico episodio storico, l’appropriazione di una campana ad opera dei rocca romanesi, sottratta a Sant’Agostino ed utilizzata a corredo della Chiesa dell’Annunziata di quel paese confinante; i pochi supersiti della distruzione di Pietramelara chiesero allora al Re Federico d’Aragona la restituzione della campana ma, con due note regie, costui ne confermò la donazione a favore della Chiesa dell’Annunziata di Roccaromana, respingendo anche con un certo fastidio le suppliche pervenute da Pietramelara dopo il primo diniego.
Rinata Pietramelara, nei secoli seguenti la comunità agostiniana era notevolmente costituita e possedeva anche un patrimonio di una certa importanza: da documenti di archivio è emersa infatti la presenza un tempo di una “masseria degli Agostiniani”, ubicata in contrada pescara .
Nel 1808, epoca della monarchia murattiana, il convento fu espropriato agli Agostiniani e destinato ad ospitare il Municipio, e la Chiesa venne concessa alla Congregazione “Ave Gratia Plena”, ancora esistente e volgarmente detta “cungrega r’i signuri”, perché raggruppa le famiglie nobili di Pietramelara. Poco prima dell’Unità d’Italia, al passaggio dei garibaldini, la chiesa fu occupata da costoro ed utilizzata quale temporaneo accampamento.
Il corpo dell’aula è a navata unica, con tre cappelle per lato; unico nel suo genere il campanile di stile orientaleggiante, con il tetto a pagoda, il cui progetto è dovuto, forse, a qualche monaco agostiniano missionario, di ritorno dalla Cina ed evidentemente suggestionato dalle architetture di quei posti. L’interno ospita grandi tele settecentesche e un gruppo scultoreo in legno raffigurante l’Addolorata con il cuore trafitto, Gesù morto in grembo ad essa e San Giovanni Apostolo. L’opera di raffinata fattura, realizzata dallo scultore partenopeo Arcangelo Testa, fu donata dal Canonico Don Vincenzo de Ponte nel 1854, che all’epoca espletava le funzioni di “penitenziere” nella Diocesi di Teano; costui a proprie spese, fece celebrare una festa per l’Addolorata sino alla sua morte, avvenuta nel 1884 . A tale donazione si può ricollegare l’origine del culto dell’Addolorata in paese e quella del pellegrinaggio a Castelpetroso (cfr. su questo blog “Castelpetroso un po’ di storia”, 7/05/2011 - http://scribacchiandoperme.blogspot.it/2011/05/castelpetroso-un-po-di-storia.html). La parrocchia che vi aveva sede fino a qualche decennio fa era intitolata a San Lorenzo Martire, oggi a Sant’Agostino.
La chiesa rimase chiusa, per seri danni e lesioni riportati in seguito al terremoto del novembre 1980, fino al 1984.
Questa breve nota storica, che ripercorre circa sei secoli, è stata scritta attingendo a fonti bibliografiche e documenti vari di cui ho potuto prendere visione, ed è legata alla memoria che mi lega a quel luogo; è per me, infatti, sempre un’emozione forte ritornare fra quelle mura, quando posso : immediatamente mi ritornano alla mente i giorni felici dell’infanzia, il catechismo ( ‘a luttrina), i giochi, le funzioni della settimana santa, Don Pasqualino e la sua infinita pazienza ; quello che mi ha sempre colpito, allora come oggi, è la luce particolare che vi domina, intensa ma allo stesso tempo discreta, particolarmente adatta al raccoglimento e alla preghiera.

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