Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 19 ottobre 2012

Scagnajurnata

Noto con piacere che i miei amici di facebook sorridano e si interessino molto al fatto che io riproponga, con ironia ed un pizzico di malcelata nostalgia, proverbi, modi di dire ed espressioni che fanno parte del mio dialetto: lo arguisco dai commenti, dai “mi piace”, dalle condivisioni sulle varie bacheche personali.
Il dialetto pietramelarese e la saggezza di quella antica gente contadina che lo ha usato, ci rimandano in un’altra dimensione, ormai del tutto tramontata, anche se a tratti quanto mai attuale. Il dialetto, espressione di quella civiltà contadina fatta di lavoro mezzadrile, sudore, sacrifici, a volte persino miseria, ma anche da tutta una serie di elevate positività: valori solidaristici che traspaiono da tradizioni e modi di essere.
Ho già avuto modo di parlare degli “arrusti” che si scambiavano fra famiglie nel periodo invernale, allorquando si consumava il cruento rito del sacrificio del suino di turno (*), del “frischiare” nelle serate estive, eccetera. Ma, da tante e tante ulteriori usanze e tradizioni trapela un senso di solidarietà diffusa fra famiglie, ormai perduta, diciamolo; chi, come me, ha più di un capello bianco dovrebbe ricordare, a tal proposito un’altra consuetudine dei nostri contadini, tenuta in vita sino a qualche decennio fa: lo “scagnajurnata” (scambiagiornata, ndr). Nei periodi in cui nelle nostre campagne diventava più intenso il fabbisogno di braccia e di lavoro, la mietitura, la fienagione, la vendemmia e così via, si usava che gli uomini lavorassero gratis nelle altrui masserie e venissero ricambiati con lo stesso servigio nella propria, da coloro stessi che avevano goduto di quella collaborazione indispensabile, per quei tempi. Detto così la cosa non ha nulla di speciale e pittoresco: un semplice “do ut des” lavorativo, nient’altro, cancellato definitivamente dall’avvento e la diffusione della meccanizzazione agricola! Vedete, a pensarci bene, c’è anche un risvolto sociale e sentimentale della faccenda: poteva succedere, infatti, che in questo continuo andirivieni di persone da una casa all’altra, da un’aia a quella lì vicino, il padre non poteva andare e così ricambiare il favore ricevuto e perciò, in sua sostituzione, mandava il figlio maggiore, già forte ed esperto del mestiere; si sa come vanno le cose, nella masseria vicina potevano esserci una o più ragazze in età da marito e… da cosa nasce cosa, quanti amori sono iniziati in tal modo, quanti matrimoni sono stati celebrati, quante famiglie, infine, hanno rimescolato il proprio sangue per dar luogo a quella gente meravigliosa, con il volto perennemente scottato dal sole, che abitava le nostre campagne.
(*)cfr. su questo blog “Arrustu: tra storia ed antropologia”, 15 febbraio 2011 e “Una mattina di gennaio un sacrificio pagano” 18 gennaio 2012, ndr





1 commento:

  1. Complimenti. Sono un pietramelarese restato tale, anche dopo più di un ciquantennio lontano dalla terra che gli diede i natali. Indelebile à rimasto in me il ricordo della mia ifanzia: il tempo migliore della mia vita, quello che ha plasmato la mia personalità, il mio ''sentire''. Non posso dimenticare! Non posso dimenticare quel mondo e quella civiltà agreste in cui ho vissuto e conosciuto dimensioni che tu (Se permetti ti dò del tu perché i tuoi scritti riflettono appieno quel che sento, quel che vivo. Sembra averti conosciuto da sempre, e non conosco neppure il tuo nome).Fossi a Pietramelara, forse sarei un tuo ''alter ego''. Come te, seppur lontano, con tristezza vivo lo sgretolamento e l'inesorabile logorìo di tutto ciò che caratterizzò l'indole della nostra gente. Dal dialetto (Quante volte ho sentito pietramelaresi pretendere di parlare o scrivere il nostro dialetto, scimiottando invece, e malamente, il napoletano o inflessioni linguistiche simili), ai valori, al folclore, al tipico lessico della parlata pietramelarese. Il ''mondo'', il ''nostro piccolo mondo'' se ne và lentamente. Grazie per quanto fai. Grazie per la tua sensibilità. A modo mio, animato dalle stesse preoccupazioni, scrivo e partecipo ad un programma televisivo locale in lingua italiana e con un giornale in lingua italiana: IL CITTADINO CANADESE. Curo una rubrica culturale: ''IL PUNGOLO'', ove oltre ai temi di nostro interesse comune (linguistica, folclore e sincretismo religioso), promuovo il contributo della nostra gente al tessuto sociale Canadese. Continua. Non mollare! La pietramelara che non vuol dimenticare ti segue. Grazie ancora, LUCCA PIETRO

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