Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 27 ottobre 2012

LAMP'M 'LLA'

Si racconta dalle nostre parti che, tempo fa, un musicante, un suonatore della locale banda, in una notte di fitta pioggia tornava a casa con il fido strumento sotto braccio, percorrendo un viottolo di campagna; arrivato sulla sponda di un ruscello, reso impetuoso e pieno dall’abbondante pioggia, costui implorò il Cielo che un fulmine illuminasse la notte fitta e buia, affinché egli potesse individuare un guado praticabile senza bagnarsi eccessivamente.
Il fulmine non arrivò e, alla men peggio, il brav’uomo dovette farsi coraggio ed attraversare il ruscello fidando su quel poco che riusciva a vedere:si bagnò fino alla cintola e, appena giunto alla sponda opposta, ecco che un fulmine potente e luminosissimo rischiarò l’intera volta celeste, campagna circostante e ruscello compresi. Roso dall’ira per quanto gli era appena accaduto e dalla beffa giocatagli dal caso, si vuole che il protagonista della nostra storiella esclamasse, a gran voce, al Cielo che gli aveva negato il favore, per poi beffarlo: “Lamp’m ‘llà”, cioè “Adesso che sono già passato e mi sono bagnato, illuminami pure il deretano”.
L’episodio è gustoso ed emblematico, tanto da essere entrato da tempo nel linguaggio comune delle nostre parti e, ogni qual volta attendiamo un intervento esterno, un aiuto miracoloso e risolutivo per un problema che ci attanaglia, per cancellare una negatività che ci angoscia, e che questo prezioso aiuto manca fino alla risoluzione del problema, per poi puntualmente verificarsi a problema risolto, ormai del tutto inutile, siamo soliti ripetere “Lamp’m ‘llà”.
Quante e quante volte, fuori di metafora, carissimi, ci siamo trovati in una situazione analoga a quella del nostro amico musicante: la vita di ogni giorno, il tran tran lavorativo ci mette nelle sue condizioni con cadenza, oserei dire, quotidiana.
Avete presente, a me è capitato, quelle volte in cui ci arrovelliamo il cervello per dare il tocco finale ad un lavoro in via di completamento, ma a cui manca quella nota fortemente positiva per farlo divenire “eccellente”; ci pensiamo e ripensiamo, ma… tutto inutile, alla fine ci arrendiamo e concludiamo la cosa come ci riesce, nel modo migliore a cui hanno portato le nostre possibilità, positivamente ma, purtroppo, senza brillare; e poi, poco dopo aver pronunciato la parola "fine" e, forse, ancor prima che il nostro lavoro cominci a destare effetti, poche righe lette da un libro dimenticato ci aprono al mente, o qualcosa del genere; vorremmo tornare sui nostri passi ma è troppo tardi, quel si doveva fare era già stato fatto, ed allora l’espressione vien fuori spontanea: “Lamp’m ‘llà”.

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