Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

venerdì 17 aprile 2020

ASPARAGI. UN'ALTRA RINUNCIA

Molte sono le cose a cui eravamo abituati e che, in questo periodo di crisi ed emergenza, legata alla diffusione del COVID-19, ci mancano. Mi è sempre piaciuto, ad esempio, nel periodo primaverile andar per asparagi, anche se con la vista che mi ritrovo il bottino frequentemente è molto magro! Attività collaterale nelle scampagnate (rimpiante) del lunedì in albis era proprio quella di dedicarsi alla raccolta degli asparagi, i spar’ci nel nostro dialetto, da impiegare per una estemporanea frittata, da condividere nel cummitiegliu (trad. piccolo convito, merenda condivisa, n.d.r.)
L’asparago presso di noi ha assunto valore simbolico del periodo pasquale e, guarda caso, uno dei piatti più diffusi sulle nostre tavole è proprio la frittata con gli asparagi. La nostra gastronomia poi, contempla anche altre preparazioni che prevedono l’impiego dei gustosi asparagi: ad esempio una variante della “carbonara” classica è proprio quella in cui all’intingolo di uova, guanciale e parmigiano vengono aggiunti, appunto, gli asparagi.
La parola asparago è di origine greca, aspháragos, che a sua volta deriva dal termine persiano asparag=germoglio. Ciò suggerisce l’origine orientale di questa pianta, che, con ogni probabilità, risale all’antica Mesopotamia.
Alla famiglia botanica delle Asparagaceae appartengono oltre 300 specie di asparago, di cui solo alcune sono presenti nel nostro Paese.
Tra le principali, il selvatico o pungente, Asparagus acutifolius. Parliamo del vero asparago selvatico, si tratta della specie spontanea più diffusa e apprezzata nel nostro Paese.
La fuoriuscita del turione (la parte mangereccia della pianta) dal terreno avviene dall’inizio di marzo (regioni del Sud) e prosegue per tutta la stagione vegetativa; sono di colore variabile, dal verde chiaro fino al verde scuro, quasi violaceo. All’inizio sono teneri e non ramificati, ed è questo il momento ideale per raccoglierli e consumarli. Man mano che si sviluppano, assumono una consistenza più coriacea e formano le nuove ramificazioni della pianta.
L’asparago selvatico è una specie molto rustica, presente quasi ovunque in Italia, con una maggiore concentrazione al Centro-Sud.
Cresce a partire dal livello del mare e fino ai 1300 m di altitudine, ad eccezione delle zone con inverni troppo rigidi. Vegeta bene nella macchia mediterranea, nelle leccete e nei boschi caducifogli.
In generale, predilige l’ombra e spesso lo ritroviamo negli antichi frutteti e oliveti.
L’asparago ha proprietà nutritive, legate alla presenza di fibra, vitamine e potassio nonché curative con effetti diuretici, disintossicanti e depurativi.
Essendo una specie molta rustica, l’asparago selvatico cresce bene in terreni marginali (ad esempio una scarpata sassosa), dove poche altre piante riescono a dare buoni raccolti. Altra sua virtù è di essere una specie pioniera nei terreni attraversati dal fuoco e, per la verità, questa sua caratteristica ha ingenerato in qualche luogo il malcostume (o meglio l’attività criminosa) di bruciare delle aree verdi per aspettare che vi si insedino e sviluppino gli asparagi.
Torneremo presto a raccogliere gli asparagi? Penso di si... via! Anche se ho qualche dubbio per quelli di questa primavera: con ogni probabilità la fase 2 dell’emergenza COVID inizierà quando il caldo e la mancanza di piogge ci priveranno di questo bene prezioso.

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