Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

lunedì 27 ottobre 2014

UN TESORO “IGNORATO”

Vi è un bene comune che possediamo, e di cui, forse, pochi di noi conoscono quanto sia prezioso: il nostro paesaggio rurale. Eh già “prezioso”… perché conferisce onore a chi lo ha generato, identità a chi oggi lo abita e ne fruisce, perché è capace di comunicare a chiunque venga a contatto con esso una sensazione di armonia, perché è un indicatore di equilibri ambientali costituiti secoli or sono. Provate a salire sulla nostra torre, nel borgo, oppure su in montagna, al Monticello o al Monte Maggiore: osservando i dintorni e ruotando lo sguardo ne potrete avere un’idea, e vedere quanto la natura sia stata generosa, e quanto i nostri progenitori abbiano fatto per collaborarla, assecondarla e, ove fossero state presenti eventuali negatività, correggerla.
Il paesaggio rurale si è generato, nel corso dei secoli, ad opera della saggia collaborazione, quindi, fra la natura e la mano dell’uomo; elementi caratterizzanti ne sono le alberature di confine, i casolari, le strade rurali, le siepi, i fossi, i rivi. Tale paesaggio, anche se allo stato attuale non può definirsi irrimediabilmente deturpato, ha subìto, specie negli ultimi tre decenni, sensibili disturbi provocati soprattutto da due cause .
In primo luogo la sistemazione delle strade rurali iniziata negli anni ‘70 che, se ha conferito indubbi vantaggi all’economia agricola del paese, è stata in seguito estremizzata ed esagerata con le asfaltificazioni selvagge di quasi tutte le strade rurali.
In secondo luogo la perdita definitiva, all’indomani del terremoto dell’80 dell’architettura rurale nelle sue forme più genuine: il ricorso indiscriminato all’abbattimento e ricostruzione dei fabbricati (previsto dalle leggi post terremoto) ha determinato la perdita di volumetrie, di soluzioni costruttive e manufatti tipici di tali costruzioni, che le giovani generazioni avranno modo di conoscere solo attraverso le immagini del passato (quando disponibili).
Vi sono, poi, gli elementi secondari del paesaggio quali le siepi, i fossi e i rivi: essi assumono un’importanza chiave nell’ambito degli agroecosistemi; la copertura dei rivi o la loro cementificazione, l’eliminazione spinta delle siepi hanno causato nella nostra zona l’estinzione di uccelli nidificanti preferibilmente in tali luoghi; inoltre con la copertura dei rivi, trasformati a volte in veri collettori fognanti, si è persa del tutto la loro efficacia drenante, con il conseguente allagamento delle zone più basse nella stagione piovosa. Al contrario, le paludi stagionali che si formavano nella zona “pantani” si son progressivamente estinte nell’ultimo trentennio, plausibilmente a motivo del notevole abbassamento della falda freatica.
Tuttavia, nonostante le negatività descritte, e questo va detto, Pietramelara può ritenersi piuttosto fortunata sotto il profilo della conservazione del paesaggio; un motivo di tale fortuna va ricercato proprio negli agricoltori, che a differenza di quanto è accaduto a Riardo o altri comuni limitrofi, sono e restano (per lo più) pietramelaresi: la loro cultura comporta l’adozione di indirizzi produttivi più rispettosi dell’ambiente e del paesaggio. Ciò ha impedito in qualche modo che si perpetrassero scempi quali spianamenti di forte impatto visivo ed idrogeologico, tipici di un’agricoltura poco rispettosa dei luoghi, importata anche a pochi chilometri da casa nostra da agricoltori provenienti dall’Agro Aversano e/o dal Giulianese.

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