Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

lunedì 9 luglio 2012

UN GIORNO CREDI

Metti che una domenica ti trovi a passare per puro caso per un centro commerciale nel cui androne si esibisce una cover di Eduardo Bennato, le cui qualità canore e musicali sono più che accettabili; e metti che un po’ la curiosità, un po’ la nostalgia ti spingono a fermarti, a prendere una sedia ed inforcarla a cavalcioni, e così, quasi per puro caso, comincia lo spettacolo e l’ascolto: mano mano che la scaletta va avanti ti ritornano alla mente tante immagini e tanti suoni di una gioventù neanche troppo lontana, secondo le sensazioni, ma cronologicamente remota. I giorni vissuti fra il finire degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 riemergono con forza e nitidezza, accompagnati da quelle note dure e metalliche.
E dopo “La torre di babele”, “Mangiafuoco”, “Rinnegato”, ecco che iniziano le note di una canzone che hai imparato da ragazzo, verso per verso, strofa per strofa, e che tante volte hai canticchiato insieme ad amici: il grande rockman di Bagnoli, idolo di almeno due generazioni di giovani ed adolescenti, quando scrisse, nel ’73, insieme a Patrizio Trampetti, “Un giorno credi”, forse non immaginava di dare vita ad un autentico capolavoro di poesia e di musica.
E’ una canzone immediata, estremamente percettibile, lontana dagli ermetismi a cui ci eravamo abituati in quegli anni; parla di cose familiari: alterne fortune (un giorno credi di esser giusto e di essere un grande uomo, in un altro ti svegli e devi cominciare da zero), solitudine (situazioni che stancamente si ripetono senza tempo, una musica per pochi amici come tre anni fa), ma contiene anche e soprattutto un fortissimo messaggio di riscatto: “Quando ti alzi e ti senti distrutto, datti forza e va incontro al tuo giorno…”, indirizzato a tanti sconfitti dalla vita, dal destino, a volte da se stessi.
“Un giorno credi”, mi piacque immediatamente, dalla prima volta che l’ascoltai, per la rabbia che esprimeva, ma soprattutto per la positività del testo e per quell’impareggiabile assolo di tromba fra la penultima e l’ultima strofa.

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