Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 19 novembre 2022

EMIGRAZIONE

 

Emigrazione: affetti interrotti, famiglie dissolte, a volte per sempre, difficoltà di adattamento a condizioni di vita peggiori rispetto ai luoghi natii, tra popoli e nazioni di tradizioni, valori e tendenze raramente comprensibili. E’ questo il fenomeno generatosi 160 anni or sono e, purtroppo, ancora avvertibile anche se con sfumature diverse.
Appena concluso il processo unitario, fra il 1880 e il 1915 approdarono negli Stati Uniti quattro milioni di italiani, circa il settanta per cento proveniva dal Meridione. Le motivazioni che spinsero ad emigrare furono molteplici.
Va detto in primo luogo che le popolazioni del Meridione, dissanguate dal potere ancora di stampo feudale, non ebbero altra alternativa che migrare in massa. Il sistema feudale permetteva che la proprietà terriera ereditaria determinasse il potere politico ed economico, lo status sociale, di ogni individuo. In questo modo, le classi povere non ebbero praticamente alcuna possibilità di migliorare la propria condizione. L’unità non aveva fatto altro che confermare quegli antichi privilegi e, in base alla vendita all’asta della proprietà pubblica ed ecclesiastica, acquistata per poche lire da affaristi senza scrupoli, le pretese di tali parvenu nei confronti di chi lavorava la terra si erano fatte ben più esose. Niente a che vedere con le promesse garibaldine durante l’impresa dei mille che, per assicurarsi consensi, dicevano che la terra sarebbe andata a chi la lavorava. A ciò si aggiunga che l’imposizione del servizio militare obbligatorio, con ferma di due anni, privava le campagne e gli ordinamenti più intensivi del tempo, vigne ed orti, di forza lavoro indispensabile.
Infine durante l'invasione piemontese del Regno delle due Sicilie, i macchinari delle fabbriche, furono portati al Nord dove in seguito sorsero le industrie del Piemonte, della Lombardia e della Liguria.
Una crisi economica generalizzata del meridione, quindi, ma anche la possibilità di viaggi molto più rapidi, rispetto al passato, indussero quell’onda migratoria, a cui tra l’altro prese parte anche mio nonno che lavorò per ben trent’anni negli USA come carpentiere.  
Purtroppo l’emigrazione ancora non è terminata… dal secondo dopoguerra in poi essa si è spostata verso la Svizzera, la Germania, il Belgio e la Francia. Le valigie di cartone richiuse con lo spago, il simbolo più ricorrente della speranza di un futuro migliore (cfr. foto di copertina). Ai tempi della scuola tanti miei compagni vivevano dai nonni, aspettando il Natale o l’estate per rivedere i genitori, oppure magari trascorrere insieme a loro uno dei mesi estivi presso i luoghi di lavoro. Essi scendevano per lo più dai gradini del borgo per recarsi a scuola, in quelle case oggi abbandonate. Le rimesse degli emigrati hanno favorito la costruzione della nuova Pietramelara, non a caso denominata “quartiere svizzero”. Emigrazione, tuttavia in qualche caso, causa anche di un miglioramento culturale, ad esempio con l’apprendimento di mestieri e tecniche che da noi non sarebbe stato possibile, e con la conoscenza di popoli e luoghi, che comporta apertura mentale ed interessi diversificati.
Oggi che ci siamo trasformati in paese di immigrazione, a volte dimentichiamo le disavventure e le traversie subite da emigrati, individuando in chi è più povero in assoluto la cause delle nostre attuali difficoltà.

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