Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

domenica 22 settembre 2019

I PATRIARCHI

Non c’è specie coltivata più dell’ulivo che abbia stretto un legame così stretto tra l’uomo, la sua civilizzazione, e la genesi del paesaggio mediterraneo. Così, per quanto mi riguarda, nella mia ormai ultrasessantennale esperienza di uomo, agronomo e zappaterra, non c’è specie coltivata che più delle altre abbia generato in me una passione più profonda nel conoscerla, allevarla, coltivarla, raccoglierne i frutti.
Ancora si trae olio, al Sud, da ulivi, dicono, messi a dimora dai compagni di Ettore che affrontò Achille, di Enea che fondò Roma, di Paride che sedusse Elena e segnò la rovina di Troia.
Pino Aprile, grande scrittore e giornalista impegnato nel riscatto del sud, nel suo best seller “Terroni” dedica un capitolo intero, dal titolo “I Patriarchi”, all’olivo ove racconta il rapporto di convivenza tra i più antichi testimoni del meridione e i suoi abitanti. Questi testimoni sono gli alberi di ulivo che da secoli, se non millenni, accudiscono i popoli che hanno vissuto nel sud Italia. Riporto tale passaggio del libro per chiarire il legame che c’è stato tra i popoli vissuti nel meridione e queste piante speciali.
L’ulivo è pianta domestica: può vivere così a lungo, svilupparsi, dividersi, derivare, rinascere da un pollone e ricominciare, solo se, per tutto il tempo, l’uomo la cura; se pota i rami bastardi e alleggerisce la pianta; le tiene, zappando, sgombro il terreno intorno da essenze infestanti e più aggressive (molte); la libera dal legno morto. Quando ciò non avviene, l’ulivo inselvatichisce, decade e diviene sterile in pochi anni, quasi sempre soffocato dall’avanzata della quercia, che gli toglie terra e sole.
Pensate per un attimo cosa vorrebbe dire se gli esuli troiani, in fuga alla distruzione del loro mondo, si portarono appresso i codici e gli dei, per cementare il patto fra di loro e le piante di ulivo, per stringerne uno con la nuova terra. Il patto era: io ti darò olive per accompagnare il pane, olio per la cucina e la lucerna, legna per il focolare; tu mi darai acqua se piove poco, farai respirare con la zappa le mie radici, toglierai il legno sterile dalle mie spalle.

Ciò premesso, io faccio l’olivicoltore per hobby, per quel poco d’olio e per il piacere di aggirarmi fra quegli alberi che ho piantato, concimato, allevato, potato ma … cosa sarà dei miei ulivi una volta che sarò ritornato alla terra? Continueranno per secoli a produrre, anche quando di me si sarà smarrita anche la memoria, o saranno divorati dall’incuria e dalle spine? Non lo so … a tal proposito comunque, riporto una frase di mio nonno, vecchio contadino, intrisa di saggezza antica: maledetto quell’uomo che pianta solo per se e per il suo tempo, senza pensare ai propri figli e a tutte le generazioni future.

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