Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

mercoledì 26 settembre 2018

IL CAVALLO DI ZI' FATTORE

Nel mio paese “antico ed estinto” non erano solo gli uomini e le donne a rendersi protagonisti di episodi grotteschi e singolari, ma a volte anche gli animali ci mettevano del loro, come nel racconto che vado ad iniziare.
Si chiamava Giovanni, ma per tutti in paese era Zì Fattore! … aveva una famiglia abbastanza numerosa e di mestiere faceva il carrettiere, ma quando non aveva merci da trasportare, attaccava anche il calesse ed era un po’ un tassista ante litteram: se qualcuno doveva prendere il treno lo accompagnava alla stazione, oppure se c’erano bambini e ragazzi affetti da malattie cutanee, li portava alle rurali ed antiche terme di Riardo (abbasc’ i bagni), site nei pressi dello stabilimento Ferrarelle, oppure ovunque altro gli si richiedesse di andare. Possedeva ovviamente un cavallo, che teneva in un locale terraneo, sotto casa, e l’episodio di cui scribacchio oggi non riguarda tanto Zì Fattore, ma proprio il suo cavallo. Si racconta infatti che l’equino un giorno era rimasto in stalla perché nessuno aveva richiesto a Zì Fattore servizi, e costui, approfittando di tale momentanea tregua dal lavoro, si era allontanato da casa, così come ogni altro componente della famiglia; il nostro simpatico animale, un po’ euforico per l’insperata giornata di riposo, un po’ per la stranezza connaturata in ogni animale (ma anche nell’uomo), fatto tesoro della mancata sorveglianza si slegò e, invece di darsi a vagare per strada , trovata la porta di casa aperta, fece le scale, entrò nelle stanze del piano di sopra e visto anche un balcone spalancato che dava sulla strada, si affacciò. Lo stupore dei passanti, numerosi perché l’abitazione era quasi al centro del paese, fu enorme e destò anche una forte e generalizzata ilarità. Qualcuno si precipitò a cercare Zì Fattore per informarlo della cosa, altri accorsero incuriositi, numerosi furono poi quelli che giocarono i numeri al lotto, suggeriti dall’originalità del caso. Il vero difficile venne dopo, perché bisognava aiutare la simpatica bestia a ridiscendere le scale che aveva salito con tanta facilità, e la cosa si dimostrò tutt’altro che semplice per la mole dell’animale, per l’angustia del vano e per l’eccessiva pendenza delle scale stesse. Chi mi raccontava divertito l’episodio asseriva che ci vollero molti uomini validi ed esperti nella conoscenza degli animali per evitare che il cavallo si ferisse o, peggio, si spezzasse una gamba; si trattava infatti di un prezioso strumento di lavoro e di un capitale che non poteva venire pregiudicato neppure da un caso così fortuito. Il sistema di vita di allora infatti imponeva un assoluto rispetto della ricchezza, anche di quella minima che può essere rappresentata da un semplice cavallo adibito a tirare un carretto.

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