Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 16 giugno 2012

RIFLESSIONE SEMISERIA II


Mi ha fatto visita stamattina un amico diverso dai soliti! Ero intento nei lavori di campagna che, di consueto, riservo per il sabato. Solo, come si può essere soli in una delle nostre terre: i rumori che ti giungono da lontano sono prodotti dai motori dei trattori, dalle bestie al pascolo, da rabbiose imprecazioni attutite dalla distanza, e che percepisci come tali solo per il tono.
Immerso nei miei pensieri, la mia attenzione è stata destata all’improvviso da uno sfrascare tra i viluppi di una siepe a qualche metro: temendo un serpente mi avvicino guardingo, ma mi si para davanti un fagiano maschio per nulla intimorito di me: “salve, amico mio” mi saluta quasi con aria di sfida, ma l’empatia che si stabilisce è immediata. “Salve” rispondo.
E lui: “Sono stato portato qui circa un mese fa, a bordo di un furgone, racchiuso in una gabbia di legno, sono nato e sono stato allevato in un centro di riproduzione selvaggina, a pochi chilometri, conosco bene il genere umano perciò mi sono avvicinato a te senza alcun timore. Appena liberato ho cominciato a svolazzare qua e la... ma sai che questo è proprio un bel posto? Dove stavo prima, gli uomini mi portavano da mangiare e da bere. Avevo una compagna della mia stessa specie, è stata scaricata insieme a me da un’altra gabbia, siamo rimasti insieme uno o due settimane, ma l’altro ieri qualcuno me l’ha portata via”.
“Ecco…” ho replicato “vedi, carissimo, al genere umano a cui tu sei tanto affezionato e grato per averti allevato e sfamato, appartiene probabilmente anche chi ti ha privato della compagna, adesso ti aggiri solo tra gli ulivi, ma stai attento, diffida dagli uomini perché potrebbero avere intenzioni poco rassicuranti anche nei tuoi confronti”.
“Suvvia” ha ripreso “per quanto non sappia, per mia natura, volare molto alto, conosco bene le opere dell’uomo…prendi ad esempio questa campagna che ci circonda: fossi, alberature, siepi, vigne, masserie, e tante altre cose belle e buone prodotte dalla mente e dalle braccia umane. Sono sicuro che chi, nel corso di secoli, è stato capace di realizzare tanto non può essere cattivo per sua natura”.
Questo dialogo che ormai aveva preso corpo tra me, che mi spostavo fra i filari di ulivo, e lui che mi seguiva come un fido cagnolino, si è concluso quando gli ho fatto notare: “Aver perso la compagna di una vita avrebbe trascinato nella disperazione, almeno per qualche giorno, un appartenente al genere umano, mentre tu mi hai raccontato la cosa come la più normale. Questa la differenza fra animali ed uomini, salvo poi tornare, appena il dolore è lenito, a compiere azioni che neppure il più feroce dei lupi o la più scaltra fra le volpi saprebbe ideare”.
Un battito di ali vigoroso, vero spettacolo della natura, il suo saluto di commiato, ed in pochi secondi era già lontano centinaia di metri da me.

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