Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

domenica 6 maggio 2012

Appunti verso Madama Marta.

La pendice Nord del Montemaggiore, la nostra per intenderci, quella che si vede da Riardo, Pietramelara e Roccaromana, è una sorta di parete verde, quasi verticale. Inerpicarsi per uno dei suoi tantissimi sentieri è un avventura affascinante, ma anche tanto faticosa. Invito chiunque a farlo, anche perché è difficilissimo perdersi, dato che il percorso di ogni sentiero è segnatalato a distanze regolari di cinquanta/cento metri e poi, anche perché l’orografia è tanto semplice che basta guardare verso il basso per rendersi conto di dove si è. Domenica mattina, insieme a due amici siamo saliti, zaino in spalla, da “Fosse della Neve” a Pizzo “Madama Marta”: per intenderci la cima rocciosa, a forma di torrione che si vede osservando la montagna verso sud/est, spostata a sinistra di Pietramelara, sulla verticale di Santa Croce/Roccaromana. Lo sforzo fisico è mediamente intenso ma prolungato nel tempo, occorrendo, per raggiungere la meta, circa due ore e mezzo di cammino, di buon passo. Si potrebbero seguire anche altre vie, ma consiglio vivamente questa , perché anche se più lunga, consente di superare il dislivello in maniera estremamente più graduale. Dopo aver lasciato alle spalle il piano di Fosse delle Neve, si comincia a scendere e si raggiungono le “Crucivalli”, una profonda incisione della montagna: data la forte umidità, la vegetazione alta ed il fatto che i raggi del sole raramente illuminano questo luogo vi si è insediata una vegetazione di sottobosco tipica fatta di felci e muschi. Vi dimorano gradi faggi, veri giganti del bosco. Si ricomincia poi a prendere di nuovo quota, diretti verso il “tunnu iarsu”, località interessata dal grande incendio dell’agosto 1974, da tale punto, una ferita del bosco quasi del tutto rimarginata, si può già godere di un panorama sulla valle di Pietramelara. Si scorgono nettamente le tracce di qualche “amante della natura” che si è spinto fin quassù con una moto da trial. Dopo circa mezz’ora si arriva sulla cresta della montagna, e si incontra la piana dei “Sugli a’ tocca”, il sentiero lambisce proprio da vicino uno di essi, un suglio, cioè una fossa scavata dagli animali selvatici o pascolanti dove il terreno è più umido, allo scopo di dissetarsi o quando manca l’acqua, nella stagione calda, ricoprirsi di fango. Si segue allora, quasi in piano, la cresta della montagna per un chilometro o poco più, sino ad arrivare ai piedi di Pizzo “Madama Marta”, sono presenti molteplici punti di osservazione che danno sulla valle, la vegetazione è rada e si può guardare anche verso ovest. Il cammino, per quanto pressoché piano, è molto difficoltoso perché il suolo è disseminato di sassi molto mobili sotto il piede. Tali sassi sono tipici, una vera peculiarità del posto, perché levigati dal vento, sempre presente quassù, danno l’impressione di piccole basole calcaree. E si continua così fino al pianoro sommitale di Pizzo “Madama Marta”, il luogo che ci accoglie per la breve sosta e relativa colazione: il colpo d’occhio è indescrivibile!... spazia dalle alture del Roccamonfina, al Matese ed al Taburno. Alcune cime, le più alte, sono ancora imbiancate da un po’ di neve. Più giù un susseguirsi di valli, interrotte da colli sulle cui pendici sono sorti innumeverevoli borghi; le grandi infrastrutture, ferrovie, strade ed autostrade, sono li testimoni del fatto che il progresso è giunto anche in questi luoghi incantati. Si ricomincia il cammino di ritorno, verso casa, e ti viene in mente quanto una piccola avventura del genere sia una metafora aderente alla vita di tutti i giorni: la fatica per la salita, e poco dopo il cammino reso facile da una leggera discesa, il ritornare sui propri passi a causa di un momentaneo disorientamento, le insidie tese da un sasso non ancorato al terreno, sul quale, appoggiando sicuro il piede, rischi di cadere, il silenzio, il grande silenzio violato dai passi tuoi e dei tuoi compagni, ma, dappertutto e sempre, la soddisfazione di guardarsi intorno ed ammirare quanto di meraviglioso ti circonda. (la foto di copertina è di Mariano Gallo)

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