Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

giovedì 24 aprile 2025

25 APRILE

 


Non mi voglio avventurare nel difficile campo del fascismo/antifascismo, sono cose personali che non competono ad un blogger scribacchiante… tuttavia ricordo sempre con piacere i 25 aprile trascorsi. Qui da noi il 25 aprile non era quello dei cortei, dei comizi e delle manifestazioni, tutt’altro…
Quanto il tempo era clemente si trattava di una riedizione del lunedì in albis, con passeggiate e scampagnate varie. La raccolta degli asparagi avveniva nel pieno della stagione in cui le spinose asparagine emettevano i turioni eduli, cioè quella parte della pianta che si poteva raccogliere e mangiare; se la raccolta era andata bene si poteva con mezzi di fortuna preparare una frittata, da accompagnare alle altre leccornie rurali che ci si era portati da casa.
Anche il rituale era sostanzialmente lo stesso del lunedì in albis da poco trascorso: appuntamento in piazza, si stabiliva una meta più o meno raggiungibile e… si partiva. Nei paraggi esistevano masserie abbandonate dove sostare, magari in un aia, accendere un fuoco e preparare da mangiare, giocare; le coppie presenti a volte profittavano di qualche angolo riservato per appartarsi. Il tutto era la celebrazione di una stagione primaverile ormai iniziata, con le sue bellezze (prati verdi, fioriture, profumi d’erba e di fiori di acacia), ma anche con le sue contraddizioni, quando uno scroscio improvviso di pioggia sorprendeva in aperta campagna le comitive.
Godersi un territorio generoso, senza aspettative di chissà cosa, questa la filosofia che animava coloro che, come me, aspettavano un giorno di vacanza dalla scuola che ormai stava per finire o, negli anni dell’università, dai corsi da seguire in vista di un esame. La sera poi ci si vedeva di nuovo in piazza, magari per organizzare un’uscita di qualche decina di chilometri, per una pizza in compagnia degli stessi amici della mattinata, con qualche aggiunta o qualche defezione. Qualcuno poi si stava preparando per il pellegrinaggio a piedi a Castelpetroso ed allora ne discuteva con quelli che, dopo qualche giorno, sarebbero stati i compagni di quell’esperienza di fede e socialità rurale, che tuttora sopravvive a dispetto del tempo che passa.
La politica, sì che ci interessava eccome… ed allora se nella stessa comitiva (e succedeva normalmente) erano presenti ragazzi di idee contrapposte, le discussioni si animavano, senza mai degenerare, e si concludevano fra quattro risate per uno sfottò di quello più sagace fra i due contendenti, magari con una bevuta e un brindisi dell’intero gruppo.

martedì 15 aprile 2025

DAGLI ARCHIVI DI SANT'AGOSTINO UN IMPORTANTE DOCUMENTO

 

Cosa ci faceva a Pietramelara, nel settecento, un uomo di famiglia illustre e benestante, Don Andrea Montanari, originario di Castellammare di Stabia? Quali i motivi che lo indussero a trasferire la propria residenza da una città florida e già dotata di porto e cantieri navali, a un paesino dell’entroterra di Terra di Lavoro, che allora non contava che qualche migliaio di abitanti? Un matrimonio, la possibilità di fare buoni affari? Forse… da una consultazione dei registri del tempo della Parrocchia dei Santi Martino e Donato (San Rocco, ndr), apprendiamo che all’epoca la famiglia Montanari risiedeva nel Borgo, tra la piazzetta di Corte e quello che restava del Castello dei Monforte, dopo la distruzione del 1496.
Don Andrea, uomo pio, entrato in contatto con il Monastero Agostiniano di Santa Maria della Carità, attuale sede municipale, contrattò con il priore del tempo la cessione della Cappella della Beata Vergine della Consolazione che, come si apprende dal rogito notarile stipulato dal Notaio Cesare Papa, conteneva il sepolcro del Servo di Dio Nicola Monforte, e non aveva benefici. In calce riporto la trascrizione dell’Atto datato 12 giugno 1729 (il documento fa parte dell’Archivio Storico della Chiesa parrocchiale di Sant’Agostino, emerso grazie a Don Paolo e Lello Amendola; cfr. immagine di copertina).
Forte il legame ed il culto degli Agostiniani nei confronti della Beata Vergine della Consolazione, infatti ad essa era intitolata una confraternita esistente nella chiesa di San Giacomo Maggiore a Bologna. Con il tempo, la società di Sant'Agostino, venne posta sotto il titolo e il patrocinio della Madre della Consolazione. Esiste una leggenda sul significato mariano dell'abito agostiniano e della lunga cintura che ne è la parte principale: dopo la morte del marito Patrizio, Santa Monica avrebbe chiesto alla Vergine come si fosse vestita dopo la morte di San Giuseppe e Maria le sarebbe apparsa segnalandole l'abito nero, che fu poi adottato anche da Sant'Agostino e trasmesso ai suoi figli spirituali.
Dove si trovava la Cappella, oggetto del rogito? … con ogni probabilità si tratta di quella che oggi costituisce l’ingresso secondario della Chiesa su Via Roma, e dove oggi vi è la porta che dà sulla navata, doveva esserci un piccolo altare contenente il sepolcro del Monforte. D’altronde alla madre di costui, Giovanna da Celano, la tradizione attribuisce la fondazione nel quattrocento del Monastero stesso. Un legame a “doppio filo” fra gli agostiniani e i Monforte, quindi. L’atto detta le condizioni per la cessione: cura del decoro della Cappella da parte del donatario, messa disposizione dei monaci e assegnazione dei frutti derivanti da un fondo sito in località La Tenda (nei pressi della lottizzazione Aprovitola, ndr), dell’estensione di circa sei moggia, cessione di un reliquiario ai monaci, che verrà esposto a discrezione del Priore. I monaci infine si riservarono il pieno dominio sul sepolcro del Monforte.
Un’ottantina di anni dopo la stipula, in epoca murattiana, vi fu la prima espropriazione di beni ecclesiastici da parte dello Stato; dagli archivi diocesani emerge che gli Agostiniani abbiano lasciato il Monastero prima che venisse formalizzato l’esproprio, in seguito la Chiesa venne concessa dal Comune alla Congregazione “Ave Gratia Plena”, ancora esistente. Poco prima dell’Unità d’Italia, al passaggio dei garibaldini, la chiesa fu occupata da costoro ed utilizzata quale temporaneo accampamento, nel 1863 in cui ci fu un crollo parziale della volta. Le varie vicissitudini storiche annotate ci portano a pensare che il degrado e l’abbandono indussero l’attuale aspetto della Cappella, destinata, forse col tempo, a ingresso secondario della Chiesa, peraltro oggi poco utilizzato.

Bibliografia: atto rogato dal Notaio Cesare Papa, 12 giugno 1729; Registro n. 1 della Parrocchia dei Santi Martino e Donato (1753-1771); Diario del Canonico Vincenzo de Ponte (1854-1874)

TRASCRIZIONE DELL'ATTO:

Nel giorno dodici del mese di giugno millesettecento ventinove in Pietramelara

Costituiti in nostra presenza gli infrascritti Rev. Padre Priore, e Padre Vicario del Monastero di Santa Maria della Carità di questa Terra di Pietramelara dell’Ordine dei Padri Agostiniani della Congregazione di San Giovanni a Carbonara, Rev. Padre Giovanni Guglielmo Russo Priore, R.P. Petanio Rinaldi, e R. Padre Giovan Battista (illeggibile) insieme convocati, del capitolo della Congregazione (illeggibile) parte maggiore e più anziana di detto monastero, (continua in modo illeggibile con varie abbreviazioni di gergo notarile del tempo), agenti prioritariamente in proprio e in altrui interesse e con licenza ottenuta del Reverendo Padre Vicario della congregazione come dichiarato dagli stessi, da una parte.

Il signor Don Andrea Montanari, patrizio di Stabia (Castellammare di Stabia, ndr), agente prioritariamente in proprio e in altrui interesse, unitamente in sodalizio con (Assunta Raia, consorte?), suoi servi e successori

(Premesso che) I Rev. Padri sopra nominati (illeggibile) nella loro Chiesa (vi è) una Cappella sotto il titolo della B. Vergine della Consolazione, trovarono vicino all’Altare Maggiore il corpo del Servo di Dio Nicola Monforte , la quale Cappella sta senza alcun beneficio, il Sig. D. Andrea per la gran devozione che il medesimo tiene verso la B. Vergine, essi Rev. Padri (illeggibile) la cedono e rinunciano in vantaggio nel Sig. Don Andrea , suoi servi e suoi successori, con l’impegno (di tenerla) allo stesso modo e stessa forma che si ritrova; a patto che sia tenuto detto Don Andrea, i suoi servi e successori a provvedere a tutti quegli ornamenti dovuti, necessari ed opportuni e in caso al contrario può farne esso Sig. Don Andrea del mantenimento e ornamento così dei candelieri, dei fiori, giarre e tovaglie d’altare e altro bisognevole,  e assegna per essi ai Rev. Padri citati e convenuti come sopra i frutti di un suo fondo di moggia sei circa sito in questa terra nel luogo detto La Tenda confinante con (beni di) detto Monastero, con beni parrocchiali di San Nicola di bari ed altri terreni. Dichiarano essi Rev. Padri che intendono cedere in beneficio del Sig. Don Andrea, suoi servi e successori ed in infinito la sepoltura esistente accanto la sopracitata cappella ceduta sopra alla quale e anche di appresso sia lecito al Sig. Don Andrea porre (illeggibile) con espressa dichiarazione e patto che detta concessione (illeggibile) il corpo del Servo di Dio Nicola Monforte, ((illeggibile) e tutte le statuette in ((illeggibile) restino in pieno dominio del Monastero e dei Reverendi Padri

In compenso esso Don Andrea, a che per atto di gratitudine che tiene verso il Monastero e i Reverendi Padri cede e dona un reliquiario e molte reliquie e con pietà e (illeggibile) verso il Monastero e i suoi Reverendi Padri si possa quello esporre ad elezione ed arbitrio del Padre Priore pro tempore del Monastero; e nel caso che Don Andrea, suoi servi e successori per sua e loro devozione intendano fare feste nell’anno, si permette loro di esporre dette reliquie. Siano i Rev. Padri tenuti ed obbligati, come promettono, di esporre quelle nella suddetta Cappella per conto di esso Don Adrea, dei suoi servi e successori.