Scribacchiando per me

Scribacchiando per me
il blog di un pietramelarese

venerdì 20 dicembre 2024

UNA TASSA SULLA SALUTE DI 170 ANNI FA

 

Gli archivi del nostro comune, a causa di trasferimenti dell’Ente da una sede all’altra (negli anni settanta e ottanta dello scorso secolo), si sono pressoché dissolti ed annientati, la mancanza di sensibilità da parte di chi di dovere ha fatto il resto. Qualche documento, a un appassionato di queste cose come me, è giunto per puro caso, tramite qualche amico venutone in possesso in circostanze altrettanto fortuite.
Vi voglio parlare oggi di un interessante reperto: la lista di carico della “tassa protomedicale” esatta per l’anno 1851 nel nostro comune, che ci può offrire un’immagine del sistema sanitario del tempo.
Leggo dal web che sin dal secolo XVI il Protomedicato generale vigilava sull' "esercizio dell'arte salutare" nel Regno di Napoli, la cui funzione principale era vigilare sugli "esercenti le arti sanitarie" e in particolare sui farmacisti. Con rescritto del 22 settembre 1822 furono nominati in ogni distretto un vice protomedico e uno speziale verificatore perché visitassero le farmacie dei rispettivi comuni. A questi ufficiali spettava verificare la legalità degli esercenti, ispezionare drogherie e spezierie e vigilare sulla percezione della tassa protomedicale, destinata per due terzi alla Casa Santa degli incurabili, per un terzo ai vice protomedici, agli aiutanti e ai farmacisti visitatori a titolo di rimborso spese. Il Protomedicato operante nei domini continentali fu riordinato con r.d. del 24 aprile 1850 e con l'annesso regolamento, della cui esecuzione furono incaricati il Ministro degli affari ecclesiastici e della pubblica istruzione e quello delle finanze. E proprio a tale norma fa riferimento l’intestazione della lista di carico in questione. L’importo totale di cui alla lista ammonta a 14 ducati e 10 grana (pari a un centesimo di ducato). Le commissioni comunali infine, costituite dal giudice di circondario, dal sindaco e dal parroco, vigilavano sulla salute pubblica, accertavano i titoli degli esercenti.
La lista di carico, di cui sopra, consta di ben tre farmacisti, due levatrici e sette “salassatori”. Non è dato sapere se, 173 anni or sono, esistevano sul nostro territorio tre farmacie, o se, molto più probabilmente, i dottori Gaetano Porfirio, Giovanni Belmonte e Beniamino Belmastro, abitavano in Pietramelara e/o esercitavano l’attività professionale anche nei dintorni.
Le levatrici, alla stregua delle moderne ostetriche, assistevano le donne nella delicata fase del parto; il fatto che Maria e Michelina Zarone portassero lo stesso cognome ci fa pensare a una “arte di famiglia”, tramandata da una generazione alla successiva.
Chi era infine il salassatore? La "professione" di Salassatore (o flebotomo) corrispondeva a quella di chi praticava i salassi. In genere era sempre il barbiere che interveniva anche nelle estrazioni dentarie. Nel Meridione, specie nei paesi piccoli dove il medico condotto era costretto a girare di villaggio in villaggio, era sempre il barbiere che interveniva nel primo soccorso in attesa che arrivasse il "Dottor Fisico". Ci si arrangiava come meglio si poteva, come si vede e i signori Giovanbattista Regna, Raffaele Casillo, Tommaso Panella, Antonio Abrucci, Pasquale Centore, Luca Nusco e Francesco Di Somma, barcamenandosi, grazie più all’esperienza che a una vera e propria formazione teorica, riuscivano a sbarcare il lunario.
 

lunedì 16 dicembre 2024

IL PAPPAGALLO EVASO, IPOTESI E RISCHI

 

La simpatica vicenda del pappagallo avvistato e fotografato nei pressi del Monumento a San Rocco, in località Casino, mi pone di fronte a un dilemma: si tratta di un fuggitivo, stanco di accettare la reclusione su un trespolo e in un’angusta gabbia, oppure l’ennesima conferma di avifauna aliena nel nostro territorio? (cfr. foto di copertina, da FB)
Nel caso si trattasse di un fuggitivo, la memoria mi riporta alla sparizione   del pappagallo “Garibaldi”, nel film “Così parlò Bellavista”; nella vicenda apparteneva al portiere del palazzo del professore/filosofo Gennaro Bellavista, e un giorno, forse per amore, forse per desiderio di libertà volò via, generando un’affannosa ricerca a cui parteciparono gli inquilini e gli allievi del professore; uno di loro, il poeta estemporaneo Luigino, pronunciò versi divenuti poi famosi: “… ‘a libertà, ‘a libertà, pure o’ pappavallo l’adda pruvà”. La fama e la diffusione del film, divenuto nel tempo un cult, hanno fatto il resto.
La seconda ipotesi, è molto meno simpatica e suggestiva! Si, perché da tempo si sente parlare di pappagalli e pappagallini, specie di origine sub tropicale che, grazie al mutamento climatico che stiamo vivendo, hanno trovato in Italia, nelle alberature urbane e nelle zone rurali, un habitat più che accettabile. Tali uccelli sono divenuti in molte zone, ad esempio nei pressi di Firenze o nelle zone rurali della Puglia, pericolosi e dannosi. A lanciare l’allarme è Coldiretti Firenze che segnala come questi sgargianti pappagalli stiano provocando perdite di raccolti sempre più pesanti. L’associazione di categoria parla di vera e propria “calamità” destinata a creare problemi anche nelle città e mette in guardia da possibili pericoli anche per la salute dei cittadini, potendo questi uccelli trasmettere malattie come la salmonellosi e l’influenza aviaria.
“L’invasione dei parrocchetti rischia di scappare di mano così come è scappata di mano quella dei cinghiali, dei cani inselvatichiti, dei colombacci, dei piccioni e di altre specie” avverte il presidente di Coldiretti di Firenze. Anche nell’ampio parco che circonda il mio ufficio è ormai normale la loro presenza. Sembra, inoltre che gli stessi possano trasmettere agli uomini malattie come la psittacosi (malattia infettiva), l’influenza aviaria o la salmonellosi. Infine la loro capacità competitiva potrebbe determinare conseguenze devastanti anche per le ripercussioni sull’avifauna autoctona (passeri, merli, pettirossi e usignoli) e portare alla sua estinzione a causa della pericolosa e impari competizione innescata.
L’allarme sociale è giunto al punto che l’Unione Europea dal 2007  vieta l’importazione di alcuni pappagalli.

martedì 3 dicembre 2024

PIETRAMELARA: DA BORGO MARINARO A “CITTA’ DEI MORTI”

 

Divertente… non trovate, la storia di Pietramelara/Borgo Marinaro. Che volete, sono più portato ad assolvere che condannare; sono cose che succedono e non c’è niente di male o di illegittimo nell’usufruire di quella funzione tanto comune nei moderni PC, chiamata “copia e incolla”. Succede quando la fretta detta i tempi, e non c’è modo di riguardare il tutto prima di renderlo ufficiale. L’opposizione consiliare d’altronde fa il proprio mestiere, ed è naturale e doveroso, da parte loro, puntare e colpire ad ogni passo falso ed inciampo della controparte.
Assolvo, dicevo, in questo caso l’Amministrazione; tuttavia condanno la stessa per un motivo, a mio parere, ben più importante: lo scempio di quello che è stato per secoli il “giardino dei monaci” a San Pasquale. La storia di questo appezzamento di terreno, esteso circa tremila metri (un moggio scarso), originariamente coltivato a vigna ed orto dagli stessi frati, si perde nella notte dei tempi: adiacente alla Masseria San Pasquale, era di proprietà dei Duchi Caracciolo, che lo davano in comodato gratuito ai frati per ritrarne sostentamento e vino, destinato alla Messa e alla mensa conventuale; nel giardino si conservava fra l’altro l’ultimo pezzo di quella che era stata la “vigna dei duchi”, definitivamente estirpata negli anni trenta del XX secolo.  La memoria popolare parla di vicende alterne, il “giardino dei monaci” veniva concesso e tolto ai monaci a fasi alterne, e questo per secoli, secondo la volubile volontà dei signori di quel tempo. Negli anni settanta del secolo XX, la svolta: i Paternò, eredi dei Caracciolo, vendettero la masseria e l’annesso orto dei monaci; la nuova proprietà, memore di tali “alterne vicende”, pensò bene e finalmente di donare alla Famiglia Francescana l’appezzamento di cui si parla; vennero poi gli anni dell’abbandono del Convento da parte dei frati e le vicende che tutti conoscono. Ad opera dell’instancabile Don Roberto e alcuni suoi collaboratori, fu fondato un oratorio che aveva sede nel piano terreno del Convento e utilizzava quello che era stato il “giardino dei monaci” come spazio per attività ludiche e sportive.
Alla fine di quest’ultima esperienza, dopo qualche anno, vi è stato l’acquisto da parte dei Comune di Pietramelara dell’intero bene, in testa alla Provincia Francescana, con stipula di un atto di compravendita. L’idea alla base dell’acquisto allargare ulteriormente il cimitero, dopo decenni di allargamenti consecutivi; lo scopo, è lampante, quello di “fare cassa”, per un Ente in perenne difficoltà ed affanno, con i proventi derivanti dalla vendita dei loculi e delle zonette per le cappelle; d’altronde le numerose fosse vuote nel cimitero stanno a dimostrare che l’esigenza di allargare il cimitero si riduce ad una sorta di “artificio contabile”. Tutto qua? ... vi chiederete voi; beh, il ragionamento è più articolato: provate ad immedesimarvi nei panni di un viaggiatore che in auto, in bici o a piedi percorre la provinciale che da Riardo conduce verso Pietramelara. Il primo impatto visivo, a lavori conclusi, che avrà di fronte affrontando la curva sarà un cimitero! Bella storia questa: Pietramelara da Borgo Marinaro, nelle intenzioni dei nostri beneamati amministratori a “città dei morti”. Il nostro paese che dite di amare tanto, a mio modesto parere, non merita un così funereo biglietto da visita, cari amici dell’Amministrazione!

domenica 27 ottobre 2024

EPOCALE? … MA PERCHE’

 

Leggevo giorni fa, da un comunicato del nostro Comune, pubblicato su fb  lo scorso 17 ottobre che “L’Autorità di Bacino Distrettuale Appennino Meridionale in data 24-09-2024 ha emesso il Decreto n. 712, pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania n. 70 del 14- 10-2024, di approvazione della modifica definitiva della perimetrazione e/o classificazione delle aree di attenzione/rischio di frana del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico – Rischio di frana (PsAI –rf) dell’ex Autorità di Bacino Nazionale dei fiumi Liri - Garigliano e Volturno, relativamente all’area sud del centro abitato del comune di Pietramelara e in particolare  quartieri svizzeri, località Mancini e via Pescara.”
Questa la premessa, e poi il commento auto elogiativo: “Si tratta di un risultato epocale per tutta la comunità in quanto la nuova perimetrazione risolve il problema della zona rossa, sia per i cittadini residenti nella parte verso monte dei Quartieri Svizzeri, in parte di località Mancini e Pescara, sia per quelli non residenti in quell’area, ma che posseggono lì un lotto di terreno che urbanisticamente era edificabile ma che di fatto non lo era perché in zona rossa”.
Tanto bailamme per qualche area fabbricabile in più? In un paese poi dove non si costruisce da decenni, nel quale non sono state ancora completate ben tre lottizzazioni in atto, alcune iniziate un cinquantennio fa. E’ reale l’esigenza di incrementare le aree fabbricabili in Pietramelara? Vediamo di rispondere.
L’edilizia è figlia di due fattori: il risparmio e l’incremento della popolazione ma, si dà il caso, che da noi (purtroppo) mancano sia il primo che il secondo! A ciò si aggiunga che qui da noi il costo di costruzione supera il valore di mercato degli immobili: in altre parole chi, dopo sacrifici, termina una casa, si ritrova un bene che vale meno di quanto ha speso.
Ed allora a cosa risponde tutto l’affanno nel pubblicizzare tale “risultato epocale”? E’ evidente: c’è un'amministrazione a corto di idee, che cerca di mascherare i propri insuccessi gridando ai quattro venti di aver reso un servizio insostituibile alla comunità amministrata, in presenza di problemi annosi che riguardano la popolazione, e ai quali non si prova neppure a dare una soluzione credibile. Ne vogliamo parlare? ... Un problema di approvvigionamento idrico che si fa sentire in estate come in inverno, in grado di privare dell’acqua i residenti nei piani più alti delle case e quelli delle zone più elevate nel territorio, un giorno sì e l’altro pure. Opere pubbliche realizzate dopo decenni di gestazione, a cui non si riesce a conferire una precisa destinazione. Il borgo e il centro storico interessati a una desertificazione mai avvertita come adesso, fonte di crolli e mancanza di sicurezza sociale. Viabilità urbana e periferica in condizioni disastrose. E tanto altro!
Non si tratta, in conclusione, dell’opportunità del provvedimento e dello studio accurato che ne è a monte, ma del chiasso propagandistico generato, perché sono ben altri, quindi, i problemi che attanagliano Pietramelara, cari amici dell’Amministrazione, e chi è stato chiamato ad amministrare lo faccia, impegnandosi a ricercare soluzioni, impiegando il massimo delle proprie energie mentali e fisiche.

venerdì 20 settembre 2024

STORIA DI CARLO, RAGAZZO DEL '99

 

I ragazzi del '99 furono i coscritti di leva italiani che, nel 1917, al compimento dei diciotto anni, furono mandati in prima linea sui campi di battaglia della prima guerra mondiale. Furono precettati quando non avevano ancora compiuto diciotto anni. I primi contingenti italiani, 80.000 circa, furono chiamati nei primi quattro mesi del 1917 e, frettolosamente istruiti, vennero inquadrati in battaglioni di milizia territoriale. I primi ragazzi del ‘99 furono inviati al fronte solo nel novembre del 1917, nei giorni successivi alla battaglia di Caporetto. Il loro apporto, unito all'esperienza dei veterani, si dimostrò fondamentale per gli esiti della guerra.
A loro, ed ad uno di essi in particolare, Carlo Antuono da Teano, è dedicato un breve saggio scritto “a quattro mani” dai nipoti Liberato Izzo (da Pietramelara) e Enzo Antuono, che mi hanno donato una copia. 
Al proposito devo dire che, da cultore della memoria collettiva nelle pagine scribacchiate di questo blog, sono particolarmente d’accordo con Carlo Antuono jr, redattore della presentazione al pregevole testo, quando scrive: “la conservazione della memoria non è mai solo questo, né si imita a racchiuderne i fini, essa si allarga sempre, più in generale, ad una restituzione di caratteristiche sociali innumerevoli”.
In linea con tale assunto la narrazione della vicenda bellica del protagonista inizia dal febbraio 1917, allorquando nel Distretto Militare di Caserta fu assegnato alla Brigata Gaeta, con compiti di milizia territoriale. Nel successivo mese di giugno, dopo l’addestramento, fu trasferito nella valle del torrente Judrio, considerata strategica. Qualche mese più tardi, dopo la disfatta di Caporetto, il nostro si trovò a combattere gli austriaci insieme a tanti coetanei. Il saggio si articola in varie descrizioni del contesto storico, politico e sociale in cui si dovettero trovare il fante Carlo Antuono e i suoi coetanei: vi si descrive, fra l’altro, la cocente satira a carico del generale Cadorna, dileggiato in una canzoncina a causa dell’inadeguatezza dell’ufficiale al ruolo di Capo di Stato Maggiore, formato nelle accademie sabaude e fautore di una concezione elitaria dell’esercito. La ferrea disciplina propugnata dal Cadorna determinò l’uccisione di tantissimi giovani italiani, commilitoni dell’Antuono, o perché destinatari di ordini sbagliati o perché falcidiati per punizione dalle stesse mitraglie italiane, con l’accusa di vigliaccheria.
Le angherie subite dai soldati, insieme alle sconfitte, indussero il governo nazionale a nominare come nuovo Capo di Stato Maggiore il generale Armando Diaz, fautore di una dottrina molto più tollerante, a cui fu demandato il compito di riorganizzare un esercito ormai decimato negli uomini, a causa delle inefficienze descritte. Il saggio continua con minuziose descrizioni delle armi utilizzate dagli eserciti belligeranti, dell’onore di cui si coprì l’Antuono, destinatario di ben due promozioni, della benevolenza da parte dei superiori. Dopo la fine delle operazioni belliche, il Diaz elogiò pubblicamente il comportamento dei Ragazzi del ’99; tra l’altro l’Antuono meritò la terza promozione a sergente. Per delineare la personalità del protagonista e sottolineare l’attaccamento alla famiglia e alla propria terra, egli amava narrare che, alle insistenze dei superiori a raffermarsi e rimanere nell’esercito con il grado di sergente maggiore, egli rispose “a casa mia sono un generale”. Riprese il mestiere di contadino, e divenne mezzadro del Dr. Rinaldi, filantropo fondatore dell’Ospedale di Roccaromana. Carlo sposò nel maggio 1923 Domenica Rapa (Menicuccia). La vicenda dell’Antuono si svolge fra alterne fortune, in gioventù come nell’età matura: richiamato in guerra agli inizi del secondo conflitto mondiale, fu congedato definitivamente nel 1941, perché a capo di una famiglia numerosa.
Ciò che più colpisce di questo racconto è l’atteggiamento sereno del protagonista, di fronte a mille traversie che l’hanno coinvolto: soldato poco più che bambino, l’aver dovuto assistere a migliaia di commilitoni caduti, il duro lavoro dei campi, il richiamo alle armi, elementi che delineano il quadro di un popolo e una intera classe sociale, prima ancora che di un uomo, il cui destino è stato demandato a fatti e personaggi più grandi ed esterni alla propria esistenza.

martedì 3 settembre 2024

BORGO DI PIETRAMELARA. VITA E ANIMAZIONE

 

Luigi, un amico di Teano, residente a Roma, mi scrive ieri mattina: “Bella serata ieri sera. La location è eccezionale. Secondo me si è salvata proprio perché disabitata. Se ristrutturavano come fatto a Teano dopo il terremoto del '80 sarebbe stato un disastro”. Si era recato sul nostro Borgo insieme alla moglie, attirato dalla Sagra al Borgo, ai cui organizzatori anch’io faccio un plauso, ed era rimasto affascinato dallo stato di conservazione delle tipologie architettoniche e delle strutture tardo medioevali.
La cosa mi ha spronato a una, l’ennesima, riflessione su tale argomento. E’ vero, le tipologie continuano a conservarsi, qualche famiglia resiste ancora ad abitarci, nonostante le difficoltà più che evidenti. Ne parlavo con la signora Annarita, legatissima al borgo e convinta di restarci. Tornata dall’estero nel 1976, ha ristrutturato con gusto la sua abitazione, dotandola di comodità senza snaturare il contesto; ricordava con nostalgia le riunioni di vicinato, la sera d’estate, la solidarietà che emergeva in ogni momento di bisogno…la gente del borgo si voleva bene.
Purtroppo anche in occasione della Sagra abbiamo dovuto assistere a intere zone e vichi, caratteristici ed inimitabili, chiusi per motivi di sicurezza. Nonostante tutto: bombardamenti, terremoti, emigrazione, il borgo si è salvato dagli scempi, caro Luigi, proprio grazie alla sua geografia, ai vicoli angusti, alla impossibilità di percorrerlo con mezzi meccanici; se così non fosse stato, anche a Pietramelara avremmo assistito alle negatività a cui ti riferivi, anche perché chi di dovere da sempre ha manifestato disinteresse. 
La Sagra ci ha offerto l’ennesima conferma che per far rivivere questo borgo che tutti amiamo in modo viscerale, c’è bisogno di animazione continua; una volta all’anno è piacevole tornarci, è bello vedere tante persone ammirare qualcosa che sentiamo nostro, tuttavia non basta. Non capisco perché, ad esempio Luca ha preferito servire uno o due clienti in via Europa, e non ha approfittato della Sagra per riaprire il proprio localino, tanto caratteristico, sito all’entrata del borgo, ‘ncoppa ju sieggiu. L’imprenditoria, oltre alla politica, deve fare la sua parte;  anche se può sembrare utopistico e velleitario, tendo a una situazione analoga a quella che si è sviluppata in tanti borghetti dell’Umbria, e a Sperlonga, non lontana; in tali luoghi il commercio e l’imprenditoria in genere hanno riscosso il proprio tornaconto.  

venerdì 16 agosto 2024

SAN ROCCO 2024. ESITO SENZ’ALTRO POSITIVO

 

L’evento, la festa non è ancora terminata: manca il concerto di stasera. Si può allora cominciare a tracciare un bilancio delle innovazioni a cui abbiamo assistito per la Festa Patronale di San Rocco? Direi di sì. Ne ero convinto dall’inizio, conoscevo i ragazzi ad uno ad uno, alcuni per aver militato con me in una Pro Loco ancora non asservita agli interessi della politica, altri perché figli di carissimi amici, come nel caso di Roberta. La commissione rinnovata “dalle fondamenta” e con nessun legame con il passato, ha introdotto innovazioni che hanno suscitato l’interesse del popolo pietramelarese, fino a far calcare la piazza, ieri sera, con il concerto di Andrea Sannino a migliaia di persone, pietramelaresi e non.
Novità assoluta, la “vetrina enogastronomica” allestita in Piazza Mitrano, vicino all’ex edificio elementari di via Marconi, una rassegna delle specialità pietramelaresi che il pubblico ha oltremodo gradito, a giudicare dall’affluenza.
L’aspetto religioso, così così, con alti e bassi, da notare la scarsissima affluenza alla liturgia per il giorno dell’Assunta; è evidente che anche la Chiesa, per richiamare di più ha bisogno di stimoli nuovi e persone nuove.
Tornando all’aspetto ludico/festaiolo, quest’anno è mancata la partecipazione di una Banda musicale “di vero peso”, che offrisse un intrattenimento musicale per intenditori; soprattutto al sottoscritto è mancato il breve concerto in mattinata del sedici agosto, prima della tradizionale offerta dei ceri. In questa singolare tradizione, e nel susseguente panegirico tenuto dal Vescovo Cirulli, invece la partecipazione delle autorità e quella popolare non è mancata, a parte qualche nota di auto trionfalismo da stigmatizzare. Stasera la festa continua e si congeda da noi, con l’atteso intrattenimento con il gruppo “la Maschera”, che già è stata presente a più riprese in paese: il frontman Roberto Colella e compagni offriranno musica che spazia da pop rock, alla canzone napoletana.
In conclusione: è certamente positivo il bilancio per una Festa di San Rocco in versione 2.0, complimenti carissimi ragazzi, alcune note non del tutto positive non attenuano il merito e soprattutto la responsabilità che vi siete assunti. Bravi.  

giovedì 1 agosto 2024

CRONACA DI INZIO AGOSTO

 

Ieri ci ha salutato luglio e oggi, con il caldo canicolare che non accenna a diminuire è entrato il mese di agosto. Giorni festosi quelli che attraversa la nostra comunità! ... Appena terminata la Festa della Madonna di San Giovanni, così chiamata per la località dove insiste l’antica cappella dei Cavalieri di Malta, con la tradizionale fiera e grande affluenza di pubblico, ecco che già si scorge da vicino la nostra Festa Patronale, dedicata a San Rocco. Ieri sera il parroco Don Pasquale con soddisfazione mi ha detto che (finalmente) la Chiesa di San Rocco sarà riaperta dopo un lungo restauro, e tutti sono impazienti di ammirare quanto di bello e di buono è stato fatto in tanti mesi. Il Grest organizzato dall’Azione Cattolica, il Village a cura dei giovani Pro Loco, sono occasioni di inclusione e divertimento per i più giovani; dureranno qualche giorno e ci condurranno verso le festività di metà mese. Agosto si concluderà con la tradizionale Sagra al Borgo, divenuta ormai un must, anche se la suggestiva cornice che la racchiude versa sempre di più in uno stato di colpevole degrado ed abbandono.
A latere, la polemica attorno a quanto riportato giorni fa in una pagina anonima denominata “Fantagiochi”, su qualche social che non conosco e non frequento: in sostanza l’anonimo estensore della pagina minacciava che chi avesse partecipato ai “Giochi dei 4 quartieri”, a Riardo e contemporaneamente si fosse iscritto al Village a Pietramelara sarebbe stato penalizzato di ben 50 punti.
Che dire? … ma è evidente che qualcuno, in vena di goliardia, abbia soffiato sul fuoco della secolare rivalità campanilistica, da sempre esistente fra Riardo e Pietramelara; non mi meraviglia affatto la cosa!
I “Giochi dei 4 quartieri” di Riardo, e il Village a Pietramelara sono eventi meritori per lo spirito aggregativo e agonistico che suscitano; trovo pertanto esagerato tutto l’eco mediatico indotto dalla virale diffusione della notizia. Chi voleva sollevare il polverone c’è riuscito nel migliore dei modi. Polemizzare con chi si nasconde dietro l’anonimato non fa altro che soddisfare il proprio egocentrismo e ci riesce.

sabato 15 giugno 2024

ELEZIONI: PAURA DI VOLARE

 


A una settimana dall’apertura dei seggi proviamo a fare una breve analisi del voto europeo a Pietramelara e di quello amministrativo nel nostro territorio. La prima cosa che balza agli occhi è il netto “essere nel solco” nazionale dell’elettorato pietramelarese: le percentuali di voti per i vari partiti riflettono in pieno l’andamento del voto nazionale. Primo Fratelli d’Italia, che gode del momento di auge della Meloni, fenomeno (non so in che modo acuito) da un “ritorno di fiamma” di un alleanzino della prima ora, come il vice sindaco De Robbio, che ha fatto propaganda per Marco Cerreto. Segue il Partito Democratico staccato meno di un punto percentuale, risultato ottimo, anche perché militanti di tale formazione siedono sia nei banchi della maggioranza, sia in quelli dell’opposizione. La Lega, supportata da una candidatura forte, quella di Aldo Patriciello, sale sul terzo gradino del podio; la cosa non mi meraviglia: il Patriciello in paese ha una rete di supporters, specie fra i suoi dipendenti; non si spiega altrimenti il favore per un partito che con il progetto di “autonomia differenziata”, tende ad affamare e privare di servizi il nostro meridione. Quarta Forza Italia, seguita ad una spanna dal Movimento Cinque Stelle, la cui stella (mi si faccia passare il gioco di parole) sembra spegnersi sempre di più, in paese come nel panorama nazionale. Via via poi Alleanza Verdi e Sinistra e i renziani di Stati Uniti d’Europa, attestati al 3,54%.  Infine, in coda, altre frazioni minori.
Passiamo alle amministrative: in provincia hanno nuovamente la fiducia dei propri cittadini 11 sindaci: Antonio Raiano a Curti (per lui il terzo mandato), Giuseppe Gaetano a Gioia Sannitica, Emilia Delli Colli a Rocca d'Evandro, Lamberto Di Caprio a Caianello, David Simone a Conca della Campania, Stefano Lombardi a Piana di Monte Verna, Nicola Pelosi a Roccaromana, Nicolino Federico a Santa Maria la Fossa, Salvatore Geremia a Rocchetta e Croce, Rocco Landi a Valle Agricola e Michele Scirocco a Formicola. Qualcuno dice, o scrive: premiata la continuità! Bah… sarà così? Io la vedo in un altro modo: la gente ha paura di cambiare e si culla su un equilibrio nel frattempo creatosi. Ricordate, miei cari quattro lettori, la storiella della vecchina che andava ripetendo: “Maronna mia fà stà bbuonu ju Re” (Trad. Madonna mia fai stare bene il Re); a chi le chiedeva il perché, di fronte a un tiranno malvagio, rispose di temere che, qualora il Re fosse morto o detronizzato, chi ne avesse preso il posto fosse ancora peggio. Lo abbiamo visto, è un timore diffuso questo, e nemmeno la nostra comunità ne è esente; inoltre si teme che un cambio nell’amministrazione possa in qualche modo compromettere micro favori e micro clientele, che esistono un po’ dappertutto. La definirei “Paura di Volare”, come il romanzo scritto da Erica Jong nel 1973, da cui fu tratto un film di successo.
Entrando più nel particolare, infine mi riesce difficile comprendere e condividere il gesto inaspettato di Maria Rosa Lombardo e dei suoi compagni di lista che, a spoglio appena concluso, hanno preannunciato le proprie dimissioni. Eppure i 242 elettori che nei tre borghi del Comune di Roccaromana le hanno accordato il sostegno, evidentemente memori dell’ottima amministrazione condotta dalla Lombardo quando era sindaca, si aspettavano qualche tutela in consiglio e qualche soddisfazione in più.
 

martedì 4 giugno 2024

UNA SERATA DI “LETIZIA”

 

Da tempo la nostra strada dormiva sonnacchiosa; appartiene al passato il ricordo di lunghe sere trascorse a “frischiare”, cioè riunirsi nel vicinato nelle sere d’estate, e ragionare di cose antiche ed attuali. Questa triste tendenza si è, per fortuna interrotta, almeno per una sera! A via Angelone, lungo nastro d’asfalto, oggetto di qualche altro pezzo su questo blog scribacchiato, ieri sera, 3 giugno 2024, una festa degna di essere raccontata, descritta, recensita: la serenata che Francesco ha voluto fare a Letizia, nell’imminenza del loro matrimonio. Un bagno di musica, allegria, partecipazione ma anche e soprattutto il rinnovarsi di una tradizione che trova origine tanto tempo fa.
Leggo dal web che questa bellissima usanza, legata alla cultura popolare in tantissime regioni d’Italia, specie nel Meridione si fa risalire addirittura al Medioevo, ma in realtà essa ha preso piede nel centro e nel sud d’Italia a partire dal secondo dopoguerra, quando diventò una vera occasione per riunire le famiglie, dimostrando davanti a tutto il vicinato l’impegno che lo sposo prometteva di compiere il giorno successivo all'altare, come d’altronde è avvenuto ieri sera. Il termine serenata dal latino serenus 'sereno' (riferito al cielo) e, in senso figurato 'calmo, tranquillo”, sta proprio a descrivere le espressioni dei volti dei due protagonisti: gli sposi promessi. 
All’arrivo Francesco, in tarda serata, era accompagnato da un’improvvisata banda musicale, con trombe, clarini e tamburi, accanto a strumenti che connotano in pieno la nostra comune origine rurale, quali gli organetti e tammorre; le canzoni erano cantate a squarciagola, per farsi udire dalla sposa, che apriva e poi sapientemente richiudeva il balcone di casa, quasi a voler fingere un  limitato gradimento di quella manifestazione e una scarsa convinzione; la scala su cui è salito Francesco era alta, ma lui, in barba a tutte le norme di sicurezza, (cfr. foto di copertina) era visibilmente animato dalla voglia di abbracciare e baciare Letizia… abbraccio e bacio coronato da un lungo applauso di tutti i presenti.
Di Francesco posso dir poco, a parte l’educazione e la compostezza, che traspaiono da ogni comportamento e contatto; mentre su Letizia, vera protagonista   della serata spenderò qualche parola in più. Infermiera, nel periodo della pandemia si spese con ogni energia nel centro vaccinale allestito presso l’Ospedale di Piedimonte Matese, innamorata oltre che di Francesco, anche del suo lavoro, di forte impatto socio-sanitario; averla vista crescere dalla più tenera età mi permette di affermare che l’ affabilità e l’ empatia le mostrava sin da allora, e che il suo corso di studi pienamente coronato dal successo non è affatto casuale, anche perché quella professione richiede proprio quelle doti.
A parte la gioia, il sentimento che di più si avvertiva tra i presenti erano le emozioni profonde: la commozione della mamma Adelina, il dispiacere di noi tutti del vicinato, derivante dalla consapevolezza che a breve Letizia andrà a vivere altrove, insieme al suo Francesco, e con la Benedizione del Signore, insieme ai bambini che la coppia vorrà. Mille anni di felicità, cari ragazzi, avete fatto vivere a noi tutti una serata in allegria.

domenica 19 maggio 2024

FESTA DI SAN PASQUALE 2024: TRADIZIONE E NOVITA’

 

La Festa del Santo Pasquale ha sempre rappresentato per ogni pietramelarese l’aprirsi di una stagione, non solo astronomica, ma soprattutto fatta di tradizioni e religiosità popolare. I giorni della festa sono appena trascorsi, quale bilancio trarne, allora? Prima di tutto un doveroso plauso al Comitato, integrato quest’anno con una diffusa presenza femminile (vedi foto), in grado di apportare freschezza, impegno e nuove idee. Se ne è già parlato e discusso sui social, e mi associo alle espressioni di compiacimento.
Andiamo alle varie fasi dei festeggiamenti: quella preliminare con la raccolta delle necessarie risorse finanziarie; la Novena presieduta e celebrata dall’attivissimo Don Paolo, frequentata come non mai, nel tardo pomeriggio la chiesa si riempiva tutte le sere. Don Paolo, risorsa nuova anch’essa, e per certi versi inattesa, che si è man mano rivelata come un insostituibile fattore di inclusione, e stimolo alla religiosità, cose che la giovane età hanno senz’altro favorito.
Da citare ancora l’intrattenimento: sabato l’accorsato concerto del cantautore Povia, vincitore di un Festival di Sanremo, la piazzetta ed il sagrato del Convento erano pieni come non mai, in tali occasioni. Domenica sera poi Gianluca Manzieri, alias DJ Pandemonio, ha animato con brio ed energia la piazza.


La celebrazione mattutina della messa domenicale, con il tempio pieno ancora una volta: la ultracentenaria tradizione dell’arrivo dei pellegrini da Sant’Elia Fiumerapido (FR), che tratterò in modo diffuso in un successivo pezzo. Il vostro blogger scribacchiante ha intenzione di risalire alle origini e alla datazione di questo pellegrinaggio che, fino al dopoguerra, veniva compiuto a piedi, coprendo la distanza di circa cinquanta chilometri. Numerosissimi i pellegrini, accompagnati dal Sindaco Avv.  Roberto Angelosanto, insieme ad altre personalità emergenti di quella comunità. Ho scambiato qualche chiacchiera con essi nel corso del piccolo momento conviviale successivo alla Messa: qualcuno mi ha detto che fra i nomi quello di Pasquale è particolarmente diffuso, proprio per la devozione sentita. Altri mi parlavano di miracoli per l’intercessione del Santo: con emozione profonda una donna pia mi ha raccontato di una bambina scampata a morte certa per un incidente, salvatasi dal ribaltamento di un trattore condotto da qualche suo congiunto; la donna mi riferiva che mentre la tragica cosa accadeva, ella si rivolgeva in preghiera a San Pasquale, ed ecco che la bimba usciva illesa.
La processione, molto seguita come al solito, dato il percorso piuttosto lungo i fedeli si aggiungono via via, grande la partecipazione istituzionale, e molte le congreghe e associazioni religiose presenti. Alla fine del percorso la Messa solenne, celebrata da Don Paolo.
Altra novità di quest’anno, stavolta negativa, è l’assenza della Comunità Francescana; i Frati, che per secoli (almeno dal 1600) hanno abitato e animato il Convento e la comunità ad esso collegata, quest’anno erano assenti a causa di diverse disposizioni imposte dalla gerarchia ecclesiastica, di cui non conosciamo la motivazione ufficiale (né quella reale), né tantomeno l’effettiva utilità.

 Sullo stesso tema, su questo blog:

“LA FESTA DI SAN PASQUALE” https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/05/la-festa-di-san-pasquale.html

“SAN PASQUALE” https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2019/12/san-pasquale_23.html

“FRATI A SAN PASQUALE: 2024, FINE DI UN’ERA” https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2024/04/frati-san-pasquale-2024-fine-di-unera.html

 

mercoledì 17 aprile 2024

UNA MISTERIOSA MALEDIZIONE

 


Cosa sta succedendo qui da noi? Sembra che Pietramelara sia stata colpita da una misteriosa maledizione! Prima Riccardo, poi Vittorio ed infine Rosa; tre esistenze che avevano ancora tanto da dare in termini di affetto ed impegno, spezzate all’improvviso. La vita è mediamente divenuta più lunga, e definire ancora “giovane” chi ci ha lasciato non sembra assolutamente fuori posto, ed inoltre rende ancora più doloroso il distacco.
Eppure non si tratta di patologie oncologiche ad averne causato il decesso; in tal caso sarebbe stato ugualmente doloroso dare loro un addio, ma si sarebbero potute avere le solite spiegazioni e/o ipotesi, legate all’inquinamento del suolo, dell’aria, delle falde, cosa che di solito viene fatta in tali casi, oppure ancora a rischi contratti nell’attività professionale. Ma qui è diverso, qui no: perché si tratta di morti improvvise. Ed allora null’altro rimane a chi resta, e viene mutilato negli affetti familiari, che spiegare il tutto con lo stress che comunemente ci attanaglia, non concedendo un solo attimo di respiro; o, come nel caso della carissima Rosa, con il dolore che, nonostante gli anni ormai trascorsi, è sempre presente e che ti logora come una candela che bruciando si consuma. La rassegnazione, per chi è stato colpito duramente, sicuramente con il tempo giungerà, e si potrà “farsene una ragione”, come si suol dire. A noi che scriviamo (o scribacchiamo) e assistiamo, testimoni muti, a questi lutti, non rimane che rinnovare il cordoglio personale, insieme a quello dell’intera comunità, di cui ci sentiamo parte.

lunedì 1 aprile 2024

FRATI A SAN PASQUALE: 2024, FINE DI UN’ERA

 


La notizia già ventilava nell’aria da qualche settimana, purtroppo nella mattina di Pasqua c’è stata la conferma ufficiale: dopo più di quattro secoli i frati non celebreranno più in San Pasquale. Di origini tardo rinascimentali, il Convento (cfr. foto di copertina) prese dapprima la denominazione e la dedica a “San Francesco”, e così viene riportato sulla cartografia e la documentazione storica ufficiale, fino al XIX secolo. Più recente la denominazione attuale "San Pasquale”, che poi ha dato nome alla contrada circostante e alla strada che congiunge il paese al convento. Grande è il legame della comunità pietramelarese con i frati, fatto di usanze e tradizioni, sopravvissute da secoli e secoli. Tanto per citarne qualcuna la benedizione degli animali, nel giorno di S. Antonio Abate, il rito (precristiano) del “fuoco di Natale”. Va citata inoltre l’accoglienza ai pellegrini che, dapprima a piedi, e più recentemente automuniti, si recavano al convento da Sant’Elia Fiume Rapido, vicino Cassino, per la festa di San Pasquale, a cui erano devoti.   Il ricordo dei guardiani Padre Eustachio, Padre Ludovico, del serafico Padre Benigno, fino all’ultimo Padre Angelico, perito tragicamente negli anni novanta, è ancora vivo nella popolazione e nei numerosi adepti.
Terminata, con quel tragico evento, la secolare residenza dei frati in San Pasquale, la provincia francescana dispose che le funzioni religiose fossero continuate ad officiare da parte dei Frati del Convento di Sant’Antonio in Teano, chiuso anch’esso recentemente, e poi, in ultimo, da quelli del Convento di Santa Maria dei Lattani, in Roccamonfina. Chi fra i miei quattro lettori voglia approfondire può consultare sullo stesso blog scribacchiato “LA FESTA DI SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2014/05/la-festa-di-san-pasquale.html), “SAN PASQUALE” (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2019/12/san-pasquale_23.html).
L’annuncio del dover lasciare per sempre il nostro convento e la nostra chiesa, lo ha dato la mattina di Pasqua nel corso della Messa delle sette e mezza, il guardiano dei Lattani, Padre Adriano, che con voce emozionata, ha riferito che il Vescovo Cirulli disponeva che i frati fossero sostituiti nella celebrazione dal parroco di Sant’Agostino, e che in nome del voto di obbedienza tale disposizione fosse osservata. Lo stesso sacerdote ha sottolineato inoltre di essere estremamente dispiaciuto di non poter più celebrare per i numerosi fedeli che, come il sottoscritto blogger, frequentavano quella Messa alle sette e mezza del mattino domenicale, e che il volontariato diffuso che anima la Chiesa e quel che resta del Convento, è encomiabile, fatto che distingue ancora una volta Pietramelara dalle comunità analoghe dei paesi vicini. Il carissimo Gianni Ionata, presa la parola per ringraziarlo e salutarlo, con tono deciso ha lasciato trapelare il suo personale dissenso nei confronti delle decisioni prese dal vescovo, peraltro condiviso da ognuno dei suoi amici che, con abnegazione e sacrificio, si dedicano alla sopravvivenza della devozione a San Pasquale.
La mia personale opinione è che tale decisione è figlia dei tempi, della penuria di vocazioni, e del dover assicurare la presenza di almeno un sacerdote per comunità di fedeli: dalla più piccole, a quelle di dimensioni maggiori. Resta comunque un senso di amarezza, nel dover rinunciare a una tradizione plurisecolare che ha fuso la devozione dei pietramelaresi alla pietà dei frati, che si interrompe adesso per sempre, a causa di disposizioni (forse un po’) affrettate.  

sabato 23 marzo 2024

UNO STRUMENTO PRESTIGIOSO

 

“Uno dei punti di vanto di cui i pietramelaresi possono andar fieri è senz’altro l’organo monumentale della Chiesa di San Rocco: lo storico strumento musicale, realizzato intorno al 1911 dalla ditta Inzoli di Crema, dopo un lungo periodo di quasi abbandono, fu restaurato negli anni ’80 dalla stessa ditta”, iniziava così un breve articolo sul grande strumento, che pubblicai sul Corriere di Caserta nel settembre del 2006. Tale incipit, devo riconoscerlo, conteneva un’imprecisione, in quanto la realizzazione è di dieci anni prima, trattandosi dell’opera 254 di Pacifico Inzoli (vedi foto di copertina), organaro di Crema (CR) che progettò e realizzò il grandioso strumento musicale. Da uno scritto di Domenico Caiazza apprendo che la chiesa di San Rocco, dalla sua stessa fondazione è stata dotata di un organo a canne; quello di Inzoli fu costruito ed inaugurato nel 1901, poco dopo l’ennesimo restauro della Chiesa, dovuto a crolli parziali della volta, e dovrebbe essere il terzo, infatti il primo risale alla fondazione della chiesa nel tardo ‘500, il secondo sostituì il primo intorno al 1750.
Nell’ autunno del 1878, si verificò un ulteriore crollo della volta che non danneggiò l’organo a canne ivi esistente; da una nota inviata nel 1901 dall’allora Arciprete Angelone all’Inzoli apprendiamo che: “L’organo che di una certa importanza è grande: fu scampato in occasione della rovina della chiesa e dopo vari anni di abbandono vuolsi ora restaurare”. Giunto a Pietramelara, sembra evidente che recuperare quello strumento, sopravvissuto a crolli ed abbandono, non apparve possibile all’Inzoli, che si espresse per una realizzazione ex novo, riutilizzando del vecchio organo solo dodici canne in legno. L’Inzoli era un vero specialista nel campo, basti pensare che tra i circa 400 organi da lui ideati e costruiti, vanno ricordati quello della Cattedrale di Cremona, del Santuario di Loreto e quello di Pompei. L’attuale organo di San Rocco vanta ben 1087 canne sonore, ed è racchiuso in un’elegante cassa lignea (vedi foto n. 2).
La ditta Inzoli, ereditata dai suoi discendenti, si occupò anche del restauro dell’organo, all’indomani della riapertura della chiesa di San Rocco, dopo circa un triennio di chiusura per il terremoto del 1980. Tale lunga e meticolosa opera, che durò circa un anno, comportò lo smontaggio completo di ogni parte, disinfestazione delle stesse con stuccatura dei fori dovuti a i tarli, verniciatura protettiva, lavaggio e rimessa in forma delle canne in metallo, ricostruzione di alcuni registri eliminati in seguito ad interventi inappropriati, quali Tromba 8’, Oboe 8’ e Voce Umana 8’. Alcuni tasti furono sostituiti mantenendo la placcatura originale, i registri tutti vennero reincisi con le proprie diciture, infine le pelli dei mantici che immettevano aria nelle canne furono completamente sostituite.
La Chiesa madre di San Rocco ricca di opere, bellezza e storia, giace oggi chiusa da lungo tempo per indugi vari delle istituzioni coinvolte, tuttavia da tempo si è sviluppata la tradizione di concerti organistici in essa, alla cui importanza culturale, si somma il fatto che Pietramelara, paese di grandi risorse, ma alquanto defilato dal punto di vista geografico, viene proiettato in un circuito di eventi che tocca realtà urbane di importanza ben maggiore, tra cui si cita, ad esempio, Sorrento, con la partecipazione di concertisti provenienti da ogni angolo del mondo, che si esibiscono insieme all’organista ufficiale, professoressa Andreana Pilotti.
 

Bibliografia: D. Caiazza: “Il restauro dei dipinti di S. Rocco in Pietramelara”, origini e vicende di una chiesa e del suo patrimonio artistico, 1989, ed. Banca Popolare Nicolò Monforte

venerdì 8 marzo 2024

40 ANNI DI ACQUA CON IL CONTAGOCCE

 

Sembrano sopite le forti polemiche di qualche mese fa sulla pressione idrica ridotta (o nulla) al rubinetto di casa. Meno male! ... me ne sono tenuto a debita distanza, e adesso con il clima più sereno si possono fare delle considerazioni in merito. Nel luglio del 2005 scrivevo sul Corriere di Caserta: “si sa che durante questa stagione aumentano i prelievi a carico delle falde, ma gli apporti, al contrario, diminuiscono fino ad annullarsi. A Pietramelara, tuttavia, il quadro non dovrebbe mai manifestarsi a tinte tanto fosche: i pozzi realizzati negli anni ’80 dalla Protezione Civile, insieme al capiente serbatoio di Monte Maggiore, nonché la possibilità di attingere direttamente dall’Acquedotto della Campania Occidentale, dovrebbero - in teoria - scongiurare in modo assoluto uno stato di carenza di acque potabili. Ciononostante, da circa un mese siamo costretti ad assistere ad una riduzione generalizzata della pressione dell’acqua erogata dai rubinetti, con tutti gli altri inconvenienti connessi: mancanza d’acqua ai piani superiori degli edifici e malfunzionamento delle caldaie per la produzione di acqua calda. Molti lavoratori hanno, ad esempio, lamentato che al ritorno a casa, la sera, si ritrovano nell’impossibilità di una doccia!”. 
Visto?...Un problema sentito dalla popolazione che, a mia memoria, risale ai primi anni ’70:  allora la propaganda faziosa aveva fatto circolare la voce che erano le bufale di una certa azienda agricola, a privare i cittadini di un bene di necessità inderogabile come l’acqua; uno “sfioro”, assolutamente indispensabile nel punto più alto del percorso della condotta pantani/monticello, era al centro di quelle polemiche, l’acqua che fuoriusciva nei momenti di maggior pressione finiva in un abbeveratoio, altrimenti avrebbe dovuto ruscellare e perdersi.
Le bufale non pascolano più da anni in quel punto, ma il problema si è acuito…a chi addossare la responsabilità allora? Da allora ad oggi, si sono avvicendate almeno sei/sette amministrazioni diverse (in uno o più mandati), e lo scenario purtroppo non tende a modificarsi, e se prima si soffriva per ridotta pressione solo in estate, ahimè attualmente il disagio è diffuso nell’intero anno. Sommessamente ritengo che la continua espansione della rete idrica, che ha raggiunto ogni più remoto angolo del territorio comunale, in mancanza di un sensibile aumento della quantità di acqua immessa in rete, è semplice demagogia amministrativa! Come potrebbe lo stesso corpo idrico di quaranta anni or sono, alimentare una rete che nel frattempo serve un numero di utenze ed una superficie più che raddoppiati? Inoltre la rete è vetusta, essendo stata realizzata tra gli anni ’50 e ’60, e si rompe se la pressione viene aumentata, anche di poco.
Tale situazione di disagio, viene vissuta in modo particolarmente drammatico soprattutto nei quartieri più alti: il “Rione Svizzero” ed il Borgo sono, come al solito, i più penalizzati, insieme ai piani superiori dei condomini sorti nel frattempo.  Senza assolutamente addentrarci nel complesso e spinoso campo dei tecnicismi, allora il problema è  essenzialmente di natura politica. La politica politicante, che ha voluto affidare la gestione del servizio idrico a enti, come E.I.C.Idrico Terra di Lavoro S.p.A., non ci fa sperare nulla di buono neanche per il futuro prossimo!

venerdì 1 marzo 2024

UN RESTAURO E I SUOI PROTAGONISTI

 

Non si sa ancora, dopo più di un anno, se, come e quando riaprirà la nostra Chiesa di San Rocco, maggiore edificio di culto del nostro paese, descritta tempo fa tra le pagine di questo blog scribacchiato (https://scribacchiandoperme.blogspot.com/2018/02/la-chiesa-di-san-rocco.html); ritengo inutile ricercare le responsabilità di tale situazione, tra le istituzioni ecclesiastiche e/o tra quelle civili; oggi invece vi voglio parlare di come si affrontavano i problemi nel passato recente, a proposito della rimozione e restauro della croce sommitale della chiesa di San Rocco, appunto.
Un restauro resosi necessario per le ingiurie del tempo, quello operato alla croce nel ormai lontano 2006, ne parlai in un pezzo pubblicato su “Il Corriere di Caserta”, nel dicembre del 2006. Questo l’esordio dell’articolo: “La grande croce metallica che sovrasta la Chiesa di San Rocco ha dimensioni veramente notevoli, 3 metri di altezza per 2 di apertura, anche se –forse- guardandola dalla piazza non ci si fa troppo caso. Realizzata in ferro nei primi anni del XX secolo, ha una struttura con cellule illuminate da lampade elettriche. Nel corso di un recente sopralluogo, operato nello scorso autunno, l’ardito tecnico che si avventurò a varie decine di metri di altezza sul punto sommitale della facciata, poté notare che l’opera era in uno stato di deterioramento avanzato, che la ruggine l’aveva aggredita in vari punti e che nelle cellule che ospitano le lampade si erano insediati nidi di vespe ed altri insetti”.
foto n. 2
Don Roberto, allora parroco anche in quella Chiesa, non era il tipo che rimanda la soluzione dei problemi! ... si mise immediatamente al lavoro ed in breve tempo individuò due artigiani locali, Giulio Tabacchino e Salvatore Mormile, con la fattiva collaborazione di Antonio Corsaro (insieme in foto 2) e ci aveva visto giusto… costoro in un breve lasso di tempo furono in grado di poter riportare la grande croce, simbolo della nostra religione, al primitivo splendore: essa, infatti, fu rimossa dalla facciata con una potente gru (nella foto di copertina), inoltre fu ripulita, ed allo scopo, poi, di proteggerla nel tempo dalle intemperie, sottoposta a zincatura. A lavoro di restauro terminato fu possibile ammirare l’opera “da vicino”, adagiata sul basolato di piazza San Rocco, i numerosi fedeli o semplici curiosi, erano fortemente meravigliati di quanto grande fosse l’opera, che osservata dalla base dello scalone non sembra affatto tale.

venerdì 23 febbraio 2024

ALESSANDRA NASKA'



Scrivevo già così in un articolo pubblicato nel Marzo 2007 sul quotidiano “Il giornale di Caserta”, ultima mia esperienza sulla carta stampata: “Per un piccolo paese partorire un’artista in grado di giungere a calcare scene e portare a compimento opere che lasceranno il segno, è sempre motivo di grande orgoglio: parliamo di Naskà, al secolo Alessandra Merola, che proprio in questi giorni ha fatto uscire il suo primo album, “Dimmi amore”.
Scambiai con lei, allora all’inizio della carriera, due chiacchiere:” Sono felicissima di aver potuto realizzare quello che per me fino a poco tempo fa appariva come un sogno. Di tutto ciò voglio ringraziare la mia preziosissima famiglia, Violet, la pazienza e l’esperienza di Ferd Ghidelli, tutti i musicisti con cui sono cresciuta in questi anni, tutti gli amici che mi hanno s(o)upportato, persone, storie ed eventi che hanno ispirato i miei testi, le mie musiche, le mie gioie, la mia chitarra, il mio mondo…”.
Sono passati anni ed anni, la carriera di Alessandra è andata avanti con forza e determinazione, da tempo non risiede più a Pietramelara, ma la si incontra spesso, nei momenti più autentici, l’ultima volta ci salutammo al mercato, tra le bancarelle dei “panni americani”. Del nostro paese ha conservato indelebili ricordi, come la profonda amicizia che la legava a DoPa, scomparso improvvisamente e troppo presto; in un post su FB per salutare Domenico scriveva: “amico mio, non sto scrivendo a te, tu sai già tutto. Ma a quelli che come me, hanno compreso l’essenza della tua vita e del tuo sorriso. Tutti quelli che hanno percepito quel “genio affamato” e innamorato della vita, tra le montagne grandi del suo amato paese”
Vale la pena ricordare che ha scritto diverse canzoni per la sua amica Emma Marrone - da 'Adesso' a 'Schiena', e spesso ne ha aperto i concerti, con la sua inseparabile chitarra, come nella foto di copertina, rubata da Facebook.  
Le piace ricordare i momenti spensierati accanto alla famosissima cantautrice nata a Firenze, ma di origini salentine; nel frattempo Alessandra è divenuta una donna ed artista matura e sicura di se, e nel commentare le serate nei locali più cool, bevendo vodka e cocktail, dice di non rimpiangerle: “Nel frattempo ho imparato ad apprezzare le tisane e le persone che sanno attendere sorridendo anche quando c'è davvero poco da ridere”.


venerdì 16 febbraio 2024

MDOV: UN UOMO, UNA FIRMA

 

Sono trascorsi venti lunghi anni da quel tragico mercoledì 18 febbraio 2004, quando la vita di Mimmo D’Ovidio, giornalista del Corriere di Caserta, si spezzò contro un palo maledetto a Piedimonte Matese. Ho cercato sul web qualcosa che lo descrivesse: può apparire strano ma, le ultime ore della sua vita D’Ovidio le trascorse in un ristorante di Piana di Monte Verna, il Love Story, leggendo alcuni passi della Bibbia. Quella sera Mimmo era lì non solo per mangiare una pizza, ma soprattutto per lavorare. C’erano le elezioni comunali in paese e Mimmo curava la pagina Piedimonte Matese – Caiazzo. Questo è quanto riportato in un articolo pubblicato sulla pagina del Corriere CE, che porta la data del 18 febbraio 2008.
Diciamo che a Pietramelara tutti lo chiamavano con il suo nome di battesimo Domenico, e che Mimmo è stato un vezzo, una sorta di nome d’arte giornalistico; altri si rivolgevano a lui dandogli del “cavaliere”, altri ancora lo chiamavano “Rummenigge”, come il famoso calciatore tedesco, per la sua grande passione per il calcio.
Ma chi è stato per Pietramelara Domenico? Cosa sopravvive di lui? Certo che dopo un ventennio i ricordi si affievoliscono, e con il ricambio generazionale la memoria a volte si dissolve. Domenico, figlio di Matteo, proveniva da una famiglia contadina, con tutto il portato di valori che la cosa comporta: rispetto, volontà di progredire ed evolversi, umiltà, legame stretto con la famiglia; era gemello di Franco, due vere “gocce d’acqua”, come si suol dire. Ricordo e, chi ha la mia stessa età ricorda la sua ironia, la giovialità, il suo saper mettere a proprio agio coloro che intervistava, e il suo modo di fare stampa, sempre corretto. Studiò da Perito Agrario e conseguì il suo diploma, ma non esercitò mai quella professione. Una grande passione per lo sport, specie per il calcio. Cominciò a farsi strada nel giornalismo locale, con qualche apparizione anche in video per le emittenti del territorio, fino a divenire una delle firme più seguite da coloro, come il sottoscritto, interessati alla vita politica in provincia di Caserta e nell’Alto Casertano; gli articoli che pubblicava recavano la sua sigla “Mdov”.   Le sue cronache hanno sicuramente conferito visibilità al nostro paese un po’ defilato. Nel commentare la sua tragica fine Gianluigi Guarino, scriveva di lui “eravamo fieri di essere “gente di paese” in rapporto a questa arena di livori, colpi bassi e slealtà con cui eravamo costretti a misurarci ogni giorno. Ci piaceva un mondo sentirci contadini, gente abituata a confrontarsi lealmente, guardando negli occhi il proprio interlocutore”
Sembra che in quella drammatica sera d’inverno, a Mimmo toccò di leggere questo passo biblico: “Fatevi trovare pronti, quando il signore vi chiamerà, perché non ci sarà alcun preavviso. Ed allora le vostre opere saranno valutate tutte, sia nel bene che nel male!”. Mimmo incredibilmente si commosse, ma poi riavutosi continuò a mangiare il soffritto di maiale preparato per l’occasione, ed ebbe ad esclamare “Non mangiavo del soffritto così buono da quando la buon’anima di Mamma mia me lo cucinava!” A mezzanotte e mezza Mimmo lasciò il locale e rifornì l’auto di carburante, subito dopo partì per il suo più lungo e intenso dei viaggi!

lunedì 12 febbraio 2024

ANTONIO, SCULTORE PENSIONATO


Scartabellando fra i miei archivi ritrovo un pezzo dell’ormai lontano luglio 2005, scrivevo allora per il “Corriere di Caserta”; l’obiettivo costante del mio scrivere è stato sempre quello di dare lustro a Pietramelara nei monumenti, nei paesaggi, nelle tradizioni e negli uomini: in tale spirito, profittando di una sua breve sosta in paese, intervistai Antonio Laurenza (vedi foto di copertina), scultore allora già affermato.
Una tecnica originale, la predisposizione conferitagli dalla natura, un vissuto articolato trascorso fra Italia, Svizzera e Portogallo: queste le caratteristiche di un singolare artista che ritorna spesso e volentieri a Pietramelara, per ritrovare la madre e gli altri affetti di famiglia, ma anche e soprattutto per dare ulteriore linfa vitale alla propria ispirazione ed estro. Oggi Antonio ha qualche anno in più, e non pratica più la nobile arte del modellare; Pietramelara è comunque orgogliosa di annoverarlo fra i propri figli che gli hanno dato lustro, anche oltre i confini nazionali. Dall’intervista emerse una personalità orgogliosa, ma allo stesso tempo desiderosa e disponibile nell’ esprimere i concetti che sono alla base della propria arte. Donò a Pietramelara un piccolo crocifisso posto attualmente sull’altare maggiore del nostro cimitero. 
Da quanto tempo ti sei dedicato alla scultura, e la consideri una professione? 
“Dalla più tenera età ho modellato la materia, si pensi che, con i fili di ferro arrugginito, da bambino confezionavo le statuine per il presepe; non considero questo mio modo di esprimermi una professione, mi diverte molto farlo e perciò, adesso che ho dovuto lasciare il mio lavoro per un incidente, mi dedico a tempo pieno alla scultura”
Qual è la tua tecnica, e quali materiali impieghi? 
“Per modellare impiego l’acciaio al Nichel, che sciolgo con una saldatrice ad Argon, tecnica che ho appreso perché lavoravo come saldatore per conto di una ditta specializzata in costruzione e manutenzione di centrali nucleari; il metallo così trattato assume una consistenza liquida ed io posso modellarlo a mio piacimento”
Hai mai pensato di studiare arte e quali sono state le tappe più importanti della tua carriera? 
“Sono un autodidatta, non ho mai intrapreso gli studi artistici. Considero come mio debutto la mostra che allestii nel ’82 presso il Museo Cantonale di Aarau, dopo di essa ne ho fatte tante altre, ma quella che considero più importante è quella del ’93 allestita presso la Galleria “6” di Aarau; le mie opere sono presenti in Belgio, Germania e, soprattutto, in Svizzera; in Italia vi sono solo le opere che ho donato ai miei familiari. Ultimamente ho cominciato a conferire alla scultura una nota di impegno sociale e politico, infatti nei miei lavori più recenti si intrecciano i temi dell’emigrazione, dell’ambientalismo e così via”
Conti di ritornare in Italia? 
“Ci sto pensando, vorrei stabilirmi in Toscana, antica terra pregna di arte e cultura, penso che in quel contesto potrei al meglio estrinsecare le mie doti”.
Come dicevo sopra Antonio oggi non scolpisce più, sentito da me, mi ha comunicato che le difficoltà per tenere un atelier, per un artista operante fra tre nazioni, sono molteplici, e poi si considera adesso un tranquillo pensionato

venerdì 9 febbraio 2024

FELICE LEONARDO, VESCOVO

 

“Quando dio ha soffiato sul mio fango per infondergli la mia anima, egli ha di certo soffiato troppo forte. Non mi sono mai ripreso da questo soffio di Dio...”, in queste parole si potrebbe condensare la filosofia di vita e quella pastorale di un uomo che trascorse l’ultimo segmento di vita in Pietramelara, anche se poi morì a Roccamonfina. Parliamo di Mons. Felice Leonardo, Vescovo Emerito di Cerreto Sannita, nato a Pietramelara il 9 marzo 1915. Personalità controversa, pur essendo stato sempre scevro da ogni populismo e poco incline alle esternazioni, riscuoteva simpatia fra la gente comune. Le sue origini non furono particolarmente altolocate, e di sicuro avanzò nella gerarchia ecclesiastica per la sua intelligenza e cultura approfondita con lo studio.
Aveva superato il secolo di vita e, pensando ai lunghi anni di Mons. Leonardo, si capisce che la legge ecclesiastica non riuscì mai ad accantonarlo: chi è incline naturalmente al lavoro non è costretto ad andarne in cerca, lo trova ovunque e sempre. Anche da ultranovantenne studiava sempre i testi sacri, aggiornati o meno che siano, continuava ad incontrare amici, sacerdoti e fratelli che beneficiavano della sua saggezza, della sua dottrina e con i quali – come ha sempre fatto-   amava condividere l’esperienza della vita ed il pane del sapere.
Allo scoccare del novantesimo anno, nell’aprile 2005, le diocesi di Teano-Calvi e di Cerreto Sannita vollero solennemente sottolineare il percorso di vita di un pastore singolare e carismatico, ed anche Pietramelara, città che si onora di avergli dato i natali, volle tributargli un doveroso omaggio: con una solenne concelebrazione officiata dal vescovo di Teano di quel tempo, Mons. Francesco Tommasiello, che era stato suo fedele discepolo, e dal clero locale e diocesano, con le autorità civili.
Come detto in premessa di questa nota, morì a Roccamonfina, il 15 aprile 2015, aveva da poco compiuto un intero secolo di vita, e le solenni esequie si tennero nella Cattedrale di Cerreto Sannita, diocesi che aveva retto dal 1957 al 1991, officiate da Mons. Crescenzio Sepe, allora arcivescovo di Napoli, ed alla presenza delle più alte cariche ed autorità ecclesiastiche, civili e militari, e con la grande partecipazione di gente comune.

venerdì 2 febbraio 2024

SO' F'NUTI KIGLI TIEMPI

 

Nel mio paese “antico ed estinto” i personaggi dai caratteri singolari non sono mai mancati, da sempre. Le pagine di questo blog scribacchiato ne hanno descritto a più riprese i caratteri, e adesso vi voglio parlare di un uomo che ci lasciò circa un ventennio fa.
Carmelindo M., si spense improvvisamente nel dicembre del 2006, privando il paese di un personaggio particolare, polemico e irriverente, ma senz’altro simpatico a tutti, per quel suo modo vociante di manifestare il suo dissenso netto di fronte a fatti, situazioni e personaggi locali. Immigrato in Svizzera da giovane, negli anni ’50, e qui sposato con una donna del luogo, aveva fatto ritorno in paese dopo una trentina d’anni. Si professava marxista e non credente, e nella sua giornata un appuntamento fisso era quello del prendere il suo giornale, “L’Unità”, la mattina presto in piazza: lo si sentiva da lontano arrivare con l’immancabile bicicletta, cantando a gran voce, e Rocco il giornalaio, personaggio altrettanto mitico, si affrettava a portargli il quotidiano fuori, per evitare eventuali alterchi con altri avventori, proprio all’interno dell’edicola. Il suo tormentone, il suo mantra era diventato: “Sò f’nuti  kigli tiempi!” (letteralmente: sono tramontati quei tempi, il passato non ritorna! ndr), quasi ad esprimere un’irriverente insofferenza nei confronti di quella società da cui, in gioventù, si era dovuto e voluto allontanare. Era soddisfatto che quella stratificazione sociale era stata ormai superata, e odiava (o quantomeno diceva di odiare) i preti e tutti coloro che un tempo gestivano il potere; andava anche dicendo che organizzazioni internazionali, tra cui la C.I.A., il controspionaggio americano, lo seguivano e pedinavano, convinte della sua pericolosità rivoluzionaria. Tuttavia era profondamente legato alla sua Italia, e si vantava di aver rifiutato la cittadinanza svizzera che gli era stata offerta da quel paese che lo aveva accolto in gioventù e, ogni anno, con composta fierezza, partecipava alla cerimonia del 4 novembre.
Ricordo bene il suo funerale assolutamente laico, anche se poi il grande Don Roberto, senza paramenti sacri volle assistere alla sepoltura e recitare una silenziosa preghiera per quell’uomo che, più di una volta aveva polemizzato ed inveito anche contro di lui.

 

sabato 27 gennaio 2024

UN PAPA BUONO E VANDALIZZATO

 

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Il “comune sentire” di Pietramelara si concretizza in vari segni, esterni e tangibili, a volte legati alla natura stessa degli uomini e delle donne che fanno parte della comunità, in altre occasioni alla devozione popolare. In occasione del Giubileo 2000 le compiante sorelle Rossana e Maria D’Agostino acquistarono una statua “a grandezza naturale” del Papa Giovanni XXIII, al secolo Angelo Roncalli, detto anche il “Papa Buono”; fecero poi edificare un piedistallo nello spiazzale antistante il Convento di San Pasquale e si curano di sistemare anche la zonetta di terreno circostante. Si trattava e si tratta di un simbolo di benvenuto, all’ingresso del paese. 
Dopo qualche anno, l’increscioso episodio che il sottoscritto descrisse in un articolo su “Il Corriere di Caserta” di domenica 9 gennaio 2005, che riporto in stralcio: “Gravissimo atto vandalico nella nottata fra sabato e domenica, lungo la provinciale Riardo-Pietramelara. La statua raffigurante Giovanni XXIII, sita in prossimità del Convento di San Pasquale, è stata divelta dal piedistallo. Il simulacro raffigurante il papa santo era stato posto in quella località in occasione dell’ultimo giubileo, a devozione delle sorelle D’Agostino, che si erano accollate anche l’onere della sistemazione dell’area prospiciente. A una prima ricostruzione dei fatti, qualcuno in nottata ha dapprima legato con una corda la statua ad un’automobile e poi l’ha trascinata. L’episodio è l’ultima triste conferma che la microcriminalità in paese alza sempre più la testa”. I danni riportati dalla statua furono giudicati talmente ingenti da rendere antieconomico qualunque restauro; il piedistallo, rimasto intatto allo scempio perpetrato dagli ignoti vandali, giacque muto testimone dei livelli di abominio raggiunti. Una sensazione di sdegno generale si diffuse all’indomani dell’atto vandalico.

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Le sorelle D’Agostino, dispiaciute profondamente per l’accaduto, proposero a varie associazioni di carattere laico ed ecclesiastico di farsi promotrici di una sottoscrizione per restituire alla devozione la venerata immagine di quel grande protagonista della storia del XX secolo. L’appello fu raccolto dal Circolo “L’Arco” di Piazza San Rocco, all’epoca presieduto dal sottoscritto, che in breve tempo raccolse la somma necessaria all’acquisto di una nuova statua da riposizionare nello stesso luogo, questa volta di dimensioni leggermente minori rispetto all’originaria immagine. Fu semplice la cerimonia di inaugurazione, di cui riporto alcune foto, con essa si ebbe il riposizionamento della nuova statua, con una breve processione e la benedizione. La data del riposizionamento  fu il giorno 8 ottobre dello stesso anno, appena nove mesi dopo l’increscioso episodio.

sabato 20 gennaio 2024

CINQUANT’ANNI DI CALCIO FEMMINILE

 

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Il calcio, si sa, a Pietramelara come altrove ha una valenza importantissima, e non esagera chi lo definisce uno sport universale. Sulla scorta di tale valenza, si generò un fenomeno che è ricorso nella storia della nostra comunità: il calcio femminile. Si parte da lontano, si era all’inizio degli anni ‘70; ragazze volitive, come sanno esserlo le giovani donne di Pietramelara, che si auto organizzarono e si ritrovarono sul nostro vecchio campo sportivo, per tirare i loro primi calci. Dalla foto di copertina n. 1 si riconoscono, accanto a Franco Vitale e il compianto Peppe Colapietro: Rossana Rozzi, Amalia Campanile, Pina Russiello portiera dall’altezza fuori dell’ordinario per quei tempi, Pina Nicolò, Immacolata Leonardo, Rosaria Guadagno, Katia Stagliano, Franca Di Nuzzo, Mena Laurenza, insieme ad Anna Nigro, vera bomber (manca nella foto). La cosa suscitò scalpore e curiosità: la gente accorreva numerosa a guardarle giocare, facendo un tifo acceso e sentito.
Ho scritto all’inizio di un “fenomeno che è ricorso”, non a caso; infatti riporto lo stralcio di un mio articolo sul Corriere di Caserta dell’aprile 2005, nel quale si descriveva di un secondo gruppo  di ragazze (Foto n. 2), coordinate da un uomo che il calcio lo ha nel sangue: Salvatore Vitale, allenatore e direttore sportivo.
“Carmela Mancini, Concetta Colapietro, Angela Sangermano, Elena Loffredo, Laura Sabino, Lucia Santangelo, Emilia Comparone, Antonella Leardi e Marina Lombardo potrebbero essere un normale gruppo di amiche, dedite alle consuete occupazioni delle ragazze della loro età, se non le legasse la comune passione per il calcio, che praticano con un livello di agonismo degno di particolare nota. Queste ragazze, (…) militano, con la Polisportiva Pietramelara, nella Serie B regionale del Campionato di Calcio a 5 femminile, ma   il traguardo della serie A, si intravede ormai “a distanza ravvicinata”. 
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Nell’articolo si celebra la vittoria in casa, finita 5 a 2, contro la pur agguerrita formazione dell’Ariano Irpino, in cui le ragazze misero una seria ipoteca sulla promozione, con la chiosa di mister Vitale, che dichiarava  emozionato e felice: “I tre goals della Lombardo, con la doppietta della capitana Comparone, sono la dimostrazione più evidente del livello di preparazione atletica e tecnica raggiunto dalle ragazze; il tutto, unito alla prontezza della portiera Mancini, ci rende di sicuro la “squadra da battere”.
In un contesto in cui l’emancipazione femminile è sulla bocca di chiunque, Pietramelara come al solito ha precorso i tempi. Tuttavia, a cinquant’anni dalla prima formazione femminile e venti dalla seconda, si sente ancora molto parlare di calcio in piazza e nei capannelli di amici, ma gruppi di ragazze interessate a giocare a pallone ormai non se ne vedono più! Segno dei tempi, del mutamento della mentalità giovanile e degli interessi, chissà? … O, forse, solo la mancanza di qualcuno che sappia mettere in atto potenzialità inespresse da parte di una o più giovani donne di Pietramelara?