Solo due domeniche fa
andammo a vederlo, si trattava di quello che era stato lasciato, dopo i
ripetuti furti e saccheggi, ma il presepe allestito circa venti anni fa nel
piano terraneo dell’antico convento di San Pasquale si confermò come
un’immagine e una rappresentazione suggestiva. L’opera fu intrapresa
nell’ambito delle attività dell’Oratorio San Rocco, all’epoca diretto da
Antonietta Izzo. Lo descrissi, appunto, in un articolo del 22 dicembre 2005 sul
Corriere di Caserta, di cui riporto uno stralcio: “Il locale scelto per
l’allestimento è di particolare suggestione, essendo in parte ricavato nella
nuda roccia calcarea del Monticello: pare che in passato i Frati Minori del
Convento lo avessero usato come dispensa. Si tratta di un ampio spazio
sormontato da una volta a botte, con la parete che guarda a sud interamente
costituita da roccia viva. Appare evidente quanto possa essere apparso adatto
ai realizzatori del presepe”.
Per pubblicare quel pezzo (per fortuna) scattai anche
qualche foto che allego. Dopo qualche tempo cominciarono i furti e, man mano,
veniva sottratto qualcosa. Era rimasta giusto qualche statuina, la scena della
Natività, qualche casetta; l’idea dei volontari Teresa Leonardo, Vincenzo
Colapietro, Gianni Ionata, i fratelli Angelo e Carmine Sangermano, e altri che
tengono viva e funzionante la Chiesa conventuale, era quella di ripristinarlo
per offrirlo nel periodo natalizio, che stava sopraggiungendo, alla pubblica
fruizione.
Purtroppo nei giorni scorsi l’amara sorpresa: quel poco che era rimasto era stato sottratto e portato via, ed allora… niente. La cosa più strana è il fatto che i ladri che hanno portato a termine l’azione sacrilega non hanno dovuto praticare né scassi né effrazioni: evidentemente conoscevano i luoghi e chissà in che modo erano venuti in possesso delle chiavi necessarie.
Purtroppo nei giorni scorsi l’amara sorpresa: quel poco che era rimasto era stato sottratto e portato via, ed allora… niente. La cosa più strana è il fatto che i ladri che hanno portato a termine l’azione sacrilega non hanno dovuto praticare né scassi né effrazioni: evidentemente conoscevano i luoghi e chissà in che modo erano venuti in possesso delle chiavi necessarie.
Quello che mi io domando
ora, e rivolgo la domanda a chi non si è fatto scrupolo di un’azione tanto
indegna: quanto ci avete guadagnato? ... ritengo poco, ma grande è il danno
procurato all’intera comunità, specie a coloro che affezionati, continuano a
frequentare la mattina presto quell’antica Chiesa, uno dei simboli più pregni
di quel valore, un po’ fuori moda, chiamato “pietramelaresità”.