Per coloro che ancora lo ricordano, nella nostra antica lingua, “Nigliu” era nient’altro che il vezzeggiativo di “puorcu”, nella semplice accezione di animale domestico (senza alcuna allusione a condotte etiche e morali di particolari persone che venivano animalizzate in tale figura colorita) .
Nigliu veniva per lo più utilizzato nel caratteristico richiamo, a volte cantilenato “nigliu tè, tè, tè” che, in buona sostanza, voleva dire “grazioso maialino avvicinatiti, avvicinati, avvicinati”. Mi sembra ancora di sentirlo risuonare: era il richiamo del tardo pomeriggio, momento in cui il suino doveva ricevere la quotidiana razione ed era destinato, dopo una giornata trascorsa all’aria aperta, a rientrare nell’angusta “rolla”, che raramente superava un paio di metri quadri. Un richiamo che si poteva facilmente ascoltare tanto negli angusti vicoli e vinelle all’interno del borgo, quanto tra campagne e masserie; quasi ogni famiglia di estrazione popolare, infatti, allevava almeno uno o due suini. Se, invece, lo stesso richiamo era riferito ad un suino di sesso femminile, il “nigliu” diventava “nella”, ed allora: “nella tè, tè, tè”.
Quale l’esigenza, vi chiederete voi, di usare un richiamo così dolce e musicale per un animale da millenni additato (immeritatamente) come simbolo vivente di sporcizia fisica e morale?
Avete mai sentito parlare del “Dio Bisonte” dei Pellerossa d’America? Ta Tanka, patrono delle cerimonie della salute e del nutrimento, nella religione del popolo delle praterie, era venerato perché il bisonte, appunto, animale di cui rappresentava la deizzazione, forniva carne per sfamarsi, pelle per coprirsi e grasso per gli usi più svariati.
Ritengo, allora, che, nel coniare il vezzeggiativo “nigliu”, la nostra gente abbia seguito (più o meno) lo stesso percorso antropologico: il maiale, infatti, corrispondeva un po’ al bisonte nelle nostre contrade, essendo in grado di sfamare l’uomo con ogni parte del suo corpo; un vero modello di efficienza nella catena alimentare, ormai perduta. Del maiale domestico tutto veniva mangiato o comunque utilizzato: carni, grasso, interiora, orecchie, piedi, pelle ecc., persino le ossa venivano ricotte dopo essere state scarnite, allo scopo di staccarvi gli ultimi brandelli di muscolo.
Una risorsa preziosa per i tempi magri vissuti dai nostri progenitori; tanto preziosa da indurre due popoli, il nostro e quelle pellerossa, così distanti in tutto, ad adottare comportamenti, se non simili ed analoghi, almeno spiegabili facendo ricorso a motivazioni comuni.
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