La nostra natura di
cittadini del XXI secolo ci porta a immaginare e volere ogni aspetto del vivere
civile in maniera più che perfetta! Se pensiamo al sistema di tutela della
salute nel nostro territorio, ad esempio, vorremmo un ospedale a pochi passi
dalla nostra abitazione, una guardia medica pronta ad intervenire in tempo
reale, ambulanze con medici a bordo e così via. Aspirazioni giuste e legittime,
per carità, anche perché tali servizi pubblici vengono pagati da noi stessi, mediante
“trattenute alla fonte” in busta paga; tuttavia se andiamo a qualche tempo fa,
anni ’50 e ’60, dobbiamo renderci conto di quanto la situazione sia mutata, ed
in meglio!
Attingendo alle risorse
della memoria, non posso che citare i nomi dei dottori Salvati, Adipietro,
D’Alessandro (ron Biaginu, ron F’lippu e ronn’Eliu, perché ai medici spettava
il don a prescindere dalla discendenza nobile), solo per citarne qualcuno,
professionisti che hanno lasciato un’impronta nella memoria collettiva per
l’abnegazione, la professionalità, l’aggiornamento costante e la deontologia.
La siringara Vicenza, a cui ho dedicato un’intera pagina su questo blog
scribacchiato, Zi Luigella la levatrice, la struttura ospedaliera di
Roccaromana (vedi foto), ad appena tre chilometri da noi, luogo di medicina e
di chirurgia, anche a volte complessa, ed oggi chiusa ed abbandonata, con le
memorabili suore che fungevano anche da infermiere. Cose del passato che
sopravvivono nella memoria di chi le ricorda, ed esprime sentimenti di gratitudine,
per una sanità efficiente per quel che poteva, ma sempre dal volto umano.
I laboratori di analisi
erano rari e distavano decine di chilometri, così come le strutture in cui
poter fare una radiografia.
Vi erano poi, in tale
quadro di “sanità rurale”, alcune note di colore che non posso e non voglio
trascurare. Le ambulanze erano vaghe immagini, viste solo alla TV o al cinema;
va detto che la prima fu donata all’Ospedale di Roccaromana nei primi anni ’70
e prima, se qualcuno, in condizioni cliniche urgenti, doveva essere ricoverato
in ospedale, vi era in paese un’ampia autovettura, una Ford Taunus familiare di
colore bianco (vedi foto di copertina, una vettura che ricordava da vicino
un’ambulanza), normalmente utilizzata per attività commerciali che,
all’occorrenza, veniva destinata a tale scopo, reclinando il divano posteriore
e ponendo sull’ampio pianale un materasso che fungeva da lettiga. Era di
proprietà della famiglia Lombardo che vendeva abiti e tessuti in piazza San
Rocco, e costoro la mettevano volentieri a disposizione di chiunque ne avesse
avuto bisogno, autista compreso, secondo un sistema di solidarietà allora
diffuso.
Quando un malcapitato
veniva colpito da ictus, o altre patologie repentine, costui veniva
accompagnato dal medico seduto su una sedia retta dai soccorritori, e chi aveva
organizzato il soccorso si premurava di ammonire severamente i curiosi che
accorrevano, con espressioni del tipo “Levateve, levateve, facetegli piglià
aria” (spostatevi e fatelo respirare): era un rituale a cui ho potuto assistere
in più di un’occasione.
Come dicevo nel
preambolo si può anche sorridere di queste cose, tuttavia sottolineo che nel
frattempo molto è cambiato, sicuramente in positivo, anche se c’è ancora tanto
da fare.