Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

giovedì 7 aprile 2011

Quelle antiche storie di lupi, pastori e carbonai

Per continuare a seguire il solco della memoria, ancora netto per fortuna, e visto il successo che tra i miei “quattro lettori” ha suscitato la nota sulla Piazza, rieccomi a raccontare un altro pezzo del passato, così come l’ho vissuto o, forse, solo così come lo ricordo.
Guardare la televisione era un passatempo da poche ore al giorno: la “TV dei Ragazzi” e… a letto dopo Carosello! I pomeriggi in qualche modo dovevano pur trascorrere, ed allora giochi per strada e nei campi attorno al paese; ma ciò che più di tutto eccitava la fantasia erano i “cunti”: si trattava di storie più o meno lunghe che avevano dei personaggi fissi o ricorrenti, uomini o anche animali (antropizzati), ed a narrarle persone anziane con un grande bagaglio di esperienza, a cui il tempo e gli acciacchi avevano ristretto, ma non tolto, la possibilità di essere utili alla società.
I più belli erano quelli narrati da un mio vicino di casa, da tempo invalido. Ci si sedeva, insieme altri coetanei del vicinato, su un muretto del suo giardino e cominciava il racconto. Il fascino e l’ immaginazione che suscitavano quelle storie colorite sono ancora vivissimi nella mia mente: i protagonisti erano lupi, volpi, pastori, briganti, carbonai, caratteri di una società contadina che, al tempo, pur essendo entrata nella sua fase conclusiva, non era ancora del tutto spenta. L’abilità principale del nostro narratore, poi, consisteva nel collocare le storie in luoghi e contrade del paese, ben conosciute al punto che chi ascoltava, incantato come me, viveva i “cunti” non come spettatore distante e distinto, ma al pieno centro della vicenda.
La proverbiale ed eterna lotta fra pastori e lupi poteva svolgersi tanto all’Ariola quanto ai Pantani; il capo di avidi briganti aveva nascosto un ricchissimo tesoro in un particolare punto del Monte Maggiore, laddove quel sasso proietta l’ombra a mezzogiorno; tra i ruderi di una masseria abbandonata, poco distante, “asciva ‘a paura”, cioè si materializzava un fantasma e… tanto altro.
La cultura contadina, mai codificata, ma tutta basata sull’udire e tramandare, aveva fatto sì che, , quelle storie immaginate nella notte dei tempi, di bocca in bocca, fossero giunte alle mie orecchie, ma io ora… a chi le posso raccontare?

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