All’epoca delle televendite e del web commerce, quant’ è opportuno narrare di qualcuno che ha cercato di sbarcare il lunario spingendo un cigolante carrettino per borghi e contrade di campagna? E quant’è giusto far leva sulla nostalgia comune per suscitare magari un po’ di interesse? … non lo so, è meglio che rispondiate voi, d’altronde!
A volte mi sono ritrovato a rinvangare il mio passato, nelle mattine dei giorni feriali, o di domenica, in piazza, al mercato: ricordo la mia curiosità al cospetto di strani personaggi, venditori ambulanti il cui ricordo è ancora vivo nella mente. Essi avevano come costante una furbizia ostentata, ma più millantata che reale, quasi un dovere legato al tipo di attività, e sovente caratteri fisici in grado di suscitare curiosità.
“Pesce, peè…” era il richiamo acuto di Peppenella, pescivendola proveniente dall’hinterland napoletano e stabilizzatasi a Pietramelara con la famiglia, in seguito divenuta una dinastia vera e propria; donna minuta ma energica, spingeva senza apparente sforzo un carrettino grande e ricolmo di cassette di alici, sarde, qualche polpo, vongole e cozze. Nicola “uoglie fine”, che da San Prisco giungeva da queste parti a bordo di un Motom rosso, e in una sporta sita sul portapacchi, davvero spropositata, rispetto alle modeste dimensioni del mezzo, recava olive in salamoia, “buatte di alici “ ed una tanica di olio da vendere sfuso. Austino il ‘mmenestraro, quasi calvo, dalla pelle olivastra e un caratteristico neo al lato del volto.
Nel mercato domenicale, poi, all’angolo della piazza dove termina via Marconi, vendeva banane e noccioline americane un uomo tarchiato di cui non ricordo il nome; si divertiva a fare pubblicità alla mercanzia esposta improvvisando una sorta di danza senza musica, con un grande casco di banane in equilibrio sulla testa: intorno tutto un ridere di adulti e di bambini, incuriositi da quel rituale chiassoso e comico. Ciccio il pannazzaro, indimenticato fornitore di vestiario per tante famiglie, che conosceva tanto bene da essere al corrente di ascendenze e discendenze di un gran numero di clienti; il tempo trascorso lo aveva tanto legato al nostro paese da trattenerlo in piazza anche dopo il mercato, magari al bar per una partita al biliardo.
Si tratta di uomini e donne che, sebbene per nascita, provenienza o altro, non erano parte della nostra comunità, a poco a poco, grazie a particolari doti, sono riusciti ad entrarvi con discrezione, fino a diventarne componente integrante. Non è un caso, infatti, che il loro ricordo sia ancora presente, distanza di tempo, nella memoria comune di Pietramelara.
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