Nel 1867 Don Giovan Battista Paternò, Marchese del Toscano, sposò a Napoli Donna Teresa Maria Annunziata Caracciolo, V Duchessa di Roccaromana, e nel matrimonio la duchessa recò una ricca dote, tra cui i vasti possedimenti in agro di Pietramelara.
Per una fortuita casualità sono venuto in possesso di un contratto mezzadrile, un foglio di carta bollata da 50 centesimi di lira, che ripiegato dormiva da decenni in una cassa; è redatto sotto forma di scrittura privata, tra il suddetto Paternò, per effetto del matrimonio divenuto duca di Roccaromana, e due coniugi pietramelaresi, tali Giuseppe Nigro fu Giacinto e Marianna Montanari fu Antonio, e reca la data del 18 novembre 1882; oggetto del contratto la tenuta e coltivazione di una porzione del fondo denominato “Pastino di Monticello”, dell’estensione di circa otto moggi e coltivato con una consociazione tra vite e cereali, secondo un uso diffuso all’epoca.
La mezzadria era un contratto agrario, un tempo assai diffuso, in base al quale un soggetto (concedente), si associava con un altro soggetto (mezzadro), in proprio e quale capo di una famiglia colonica, per la coltivazione del fondo e l'esercizio delle attività connesse, al fine di dividerne a metà i prodotti e gli utili. In particolare, il concedente conferiva il godimento del podere, mentre il mezzadro prestava il lavoro proprio e della famiglia colonica.
In Italia, dopo l’unità, il primo codice civile unitario (1865) fissò alcuni principi in materia di mezzadria, ribadendo la paritaria divisione dei frutti; la mezzadria terminò con la legge 15 settembre 1964, n. 756 che vietò la stipula di nuovi contratti.
Molte le curiosità, derivanti dalla lettura del documento, scritto a mano in una calligrafia bella, ma a tratti comprensibile solo da chi ha acquistato con il tempo familiarità con “scartoffie” simili.
Il “lodato” Duca abitava a Catania e, di passaggio per il proprio palazzo a Pietramelara, colse l’occasione per la stipula. Tredici le clausole contrattuali, riferite a norme giuridiche e a buone pratiche agronomiche; curiosa la precisa indicazione del numero di capponi dovuti al padrone, a titolo di prestazione, per il Natale e del numero di uova per la Pasqua. A parte il tono costantemente elogiativo nei confronti del concedente, si evince che il contratto riconosce una certa pariteticità ad ambedue le parti: ad esempio, la norma di cui alla clausola n. 12, che impone che le sementi siano a totale carico del mezzadro, è in qualche modo controbilanciata dalla n. 9, con cui il padrone si obbliga a fornire i pali per le viti, laddove ve ne fosse bisogno.
Tengo a sottolineare che per quanto attiene ai fitofarmaci da utilizzare sulla vigna, si nomini esclusivamente lo zolfo, senza alcuna menzione per il verderame, segno che la peronospora della vite all’epoca non era ancora presente in zona; d'altronde la scoperta dell’efficacia del verderame nella lotta antiperonosporica risale solo alla fine dell’ottocento in Francia. La lettura del contratto da idea della buona visione agronomica della coltivazione, volta alla conservazione del valore capitale del fondo e al miglioramento dello stesso (obbligo di pulizia dei fossi, di propaggine per mantenere l’integrità della vigna, di lavorare con la vanga la parte a granone, di non permettere pascolo di animali).
Facendo mente locale a precedenti memorie e studi, il fondo dovrebbe essere quel vasto appezzamento di terreno, posto al lato ovest del cimitero, oggi pertinente alla Masseria San Pasquale, nel quale si coltivavano uve di elevata qualità. I coniugi Nigro non firmarono il contratto, avendo dichiarato il proprio analfabetismo, e fecero ricorso a due testimoni, per la cronaca Vincenzo Peluso e Giacomo Masiello; purtroppo infatti l’analfabetismo era una piaga diffusa allora nella quasi totalità di alcune classi sociali.
Di seguito riporto l’integrale trascrizione del contratto:
Contratto di mezzadria del fondo appellato Pastino di Monticello
L’anno milleottocentottantadue il giorno diciotto Novembre in Pietramelara colla presente scrittura privata da valere quale pubblico istromento si è addivenuto al seguente contratto di mezzadria.
Da una parte Giambattista Paternò Duca di Roccaromana, domiciliato in Catania e di passaggio nel suo Palazzo Ducale.
Dall’altra i coniugi Giuseppe Nigro fu Giacinto e Marianna Montanari fu Antonio di Pietramelara.
Il lodato sig. Duca in virtù dell’ atto presente concede a titolo di mezzadria a detti coniugi porzione del fondo denominato Pastino del Monticello dell’estensione di circa moggi otto secondo come risulterà dalla misura da farsi con i seguenti patti e condizioni .
1.La durata di detta mezzadria sarà di anni otto incominciando dal quindici agosto milloottocentoottantadue e terminando al quindici agosto milleottocentonovanta senza bisogno di congedo legale
2.i detti coniugi si obbligano di coltivare il fondo da buoni padri di famiglia
3. di camminare le vite, e di fare la propaggine di quelle viti che ne hanno bisogno e se detto lavoro non verrà eseguito nel tempo opportuno, sarà fatto dal prelodato duca a spese e danno dei coniugi.
4. il terreno sottoposto sarà seminato metà a grano e metà a granone ed è proibita assolutamente la soprasemina.
5. la parte che verrà a granone deve essere sempre vangheggiata con l’im… e ben concimata con grasso
6.lo zolfo dovrà approntarsi metà dai detti coniugi e metà dal sig. Duca.
7. il mentovato Sig. Duca si obbliga di somministrare i cosiddetti arponi che dovranno abbisognare in detto pastino
8. E’ bene inteso che tutto sarà a mezzadria cioè quel di sopra fatto, come ancora le olive esistenti in detto fondo, e tutti i lavori dovranno a spese dei detti coniugi, e solamente dovrà il sig. Duca contribuire per quello che è di legge.
9. si obbligano detti coloni di tenere ben spurgati i fossi che asciugano il nominato fondo e di non fare accendere servitù di spurgazioni.
10. è proibito espressamente fare introdurre animali caprini e bovini nel detto fondo sotto la propria più stretta responsabilità.
11. l’uva che si raccoglierà nel detto fondo i detti coniugi non potranno venderla se prima non vi sia il consenso del sig. Duca.
12. tutto il genere che si raccoglierà nel detto fondo dovrà dividersi in parti uguali , però dalla quota di essi coloni dovrà prelevarsi la semenza.
13. Il prelodato sig. Duca si obbliga di dare le semenze di grano, e per i marzulli verrà seminato per metà.
Per prestazioni i predetti coloni si obbligano di dare sei capponi per Natale e cinquanta uova per Pasqua.
I detti coloni non potranno subaffittare o cedere il detto fondo o parte di esso senza il permesso del Duca.
I ripetuti coniugi accettano il presente contratto di mezzadria e promettono la esatta osservanza di tutti i patti e condizioni sopra stabiliti senza poter dare la benché minima eccezione .
In caso di vergenza le spese saranno a carico della parte inadempiente
Del presente se ne sono fatti due originali da rimanere uno presso il sig. Duca e l’altro ad essi Nigro e viene sottoscritto da due testimoni, avendo detti coniugi dichiarato di essere analfabeti.
Giovanbattista Paternò, Duca di Roccaromana
Vincenzo Peluso e Giacomo Masiello, testimoni.
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