Ogn'anno, il due novembre, c'è l'usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll'adda fa' chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero
L’ incipit della celeberrima “livella” decurtisiana , introduce al tema del giorno: il culto dei defunti. A dire il vero da bambino io questa ricorrenza l’ho vissuta più come una festa, nel senso stretto della parola, che come un’occasione per il ricordo ed il rimpianto. Vedere tanta gente nel cimitero aggirarsi fra i vialetti mi riempiva d’allegria. E tale clima festoso era percepito come tale non solo dal sottoscritto ma anche da tante altre persone; il tutto accompagnato dal fatto che il tempo meteorologico in genere in questi giorni ha offerto giornate limpide e soleggiate. La gente venuta da fuori a far visita al cimitero incontrava parenti e amici che non vedeva, semmai, da anni e la gioia nel salutarsi ed abbracciarsi dopo un lungo periodo di lontananza era evidente anche da lontano.
Il tutto è cominciato a cambiare da quando quelle tombe, tra le quali mi aggiravo allegro e spensierato, hanno cominciato ad accogliere le persone che avevo amato, nonni prima, genitori poi. Uso frequentare il cimitero in ogni periodo dell’anno, anche quando il tempo è freddo o pioviggina, nel trascorrere della domenica o di qualunque altro giorno festivo per me è una tappa obbligata, dalla quale mi sottraggo raramente. Pertanto in questi primi giorni di novembre mi reco si al cimitero, ma lo faccio quasi per consolidare una tradizione ancora viva. I sentimenti e le emozioni dell’infanzia sono oggi mutati se non opposti, e mi viene da chiedere, a volte, cosa ci fa tanta gente nel nostro cimitero, quale sia l’utilità di queste visite. Cosa cercano donne e uomini affardellati di ceri e fiori pagati a peso d’oro. Il culto dei morti, secondo il mio modo di vedere, impone una visita raccolta, e il raccoglimento è favorito dal silenzio, cosa che manca assolutamente in questi giorni. Ed allora…
A egregie cose il forte animo accendono
l'urne de' forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta
Va cercato, forse in tali versi foscoliani la risposta al mio interrogativo? Una visita, seppure fugace e poco raccolta, al cimitero in questi giorni potrebbe in qualche modo migliorare chi la fa, nel ricordo della condotta di vita di un parente o di un amico ormai scomparso. Le “urne dei forti” d’altronde sono un po’ dovunque, nei grandi cimiteri monumentali delle metropoli, come in quelli dei piccoli paesi di campagna; donne e uomini, a volte senza alcuna fama, che dormono ed il cui esempio tuttavia ha costituito e costituisce ancora un paradigma di vita per tanti di noi che restiamo. E tali urne, tra l’altro, hanno il merito di fare “bella e santa” la terra che le accoglie al “peregrin”, poco importa se costui al cimitero ci viene, si o no, una volta l’anno.
Nessun commento:
Posta un commento