Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

sabato 26 gennaio 2013

I RAGAZZI DI VIA ANGELONE

Eravamo tanti, eravamo bellissimi, eravamo semplici e forti, noi ragazzi della via Angelone.
Nata da una lottizzazione iniziata poco dopo l’ultima guerra, la strada, la mia strada è un filo teso per circa trecento metri, una schiera di case a destra e una a sinistra le fanno da sponde, un sole caldo d’inverno e torrido d’estate, le fa da corona,
Ho abitato in questo luogo dalla nascita, e veramente posso dire di conoscerlo pietra per pietra, cancello per cancello.
Dei ragazzi, dicevo, di quella banda di carissimi scalmanati, nati fra la fine dei ’50 e l’inizio dei ’60, in pantaloncini corti anche d’inverno e con la neve, le ginocchia sempre sbucciate, i calzini ridiscesi sulle caviglie, le scarpe abrase da un’iperattività frenetica. Oggi sono uomini “fatti”, padri di famiglia, professionisti, imprenditori, ma io preferisco ricordarli sempre in quella veste da “cinema neorealista”.
Nella bella stagione i giochi iniziavano appena dopo quel poco di studio che si riassumeva nell’espressione “far’s e lezion’” : partite a pallone interminabili, giocate per ore ed ore, sino alla consumazione delle energie, su un’aia che non assolveva più alla sua funzione o sulle stoppie di un campo proprio dietro casa e, chi cadeva subiva la sorte dei fachiri perché quelle stoppie, specie se appena mietute erano dure come i chiodi, oppure giochi di guerra nell’alveo secco di un ruscello che lambiva quell’improvvisato stadio; tutto questo fino ad ora di cena, quando le mamme, dai balconi e dalle finestre, cominciavano quell’attività di richiamo prima gentile “a mammà vieni a cenà” e poi…via via sempre più minacciosa, fino ad arrivare a: “mò facciu scegn’ a pat’tu… e po’ viri” (adesso viene a prenderti tuo padre, e vedrai, ndr); se la minaccia era stata abbastanza persuasiva, mentre si percorrevano le poche decine di metri per rincasare si veniva raggiunti dagli odori sprigionati dalle cucine che davano sulla strada: frittate, peperoni fritti e leccornie rurali varie.
Nelle sere d’estate, poi, dopo aver cenato, si usciva di nuovo fuori, nel vicinato; i grandi “frischiavano” discorrendo insieme di cose antiche, e noi ragazzi si giocava a nascondino, a palla prigioniera, al “padrone del marciapiede”, fino a quando una delle mamme, stanca di una giornata iniziata prima dell’alba, proferiva, con il piglio e l’autorità di un sergente prussiano. la formula di rito: “jammu mé, masculi cu masculi e femm’ne cu femm’ne” (suvvia, maschi con maschi e femmine con femmine, ndr), che segnava la fine dei giochi e stabiliva, senza repliche, che era ormai ora di andare a letto.
L’aria aperta era il luogo naturale ed unico dei giochi e…chi di noi, anche se dotato di grande fantasia, avrebbe potuto immaginare i giochi attuali di bambini e ragazzi, concentrati su play stations e diavolerie elettroniche varie.
Eravamo in tanti, noi di via Angelone, se ci penso adesso quei pochi che sono rimasti si possono contare sulle dita di una sola mano ma…quante emozioni racchiude il ricordare quegli anni, quella strada allora brulicante di bambini, oggi ricolma di auto parcheggiate ma deserta e quel tempo, tanto remoto nello spirito delle persone e delle cose ma, tutto sommato, distante solo qualche decennio!

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