Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

martedì 1 gennaio 2013

BUONU E BUON'ANNU

Era un po’ come il “Dolcetto o scherzetto?” del giorno di Halloween, di derivazione celtica (cosa c’entriamo poi noi con i celti me lo sono sempre chiesto). Nella sera dell’ultimo dell’anno, e nel giorno di capodanno, frotte di bambini ed adolescenti, si aggiravano per il paese e le campagne, con un sacchetto a foggia di bisaccia su una spalla, ripetendo e canticchiando la filastrocca tramandata da tempo immemore (qualcuno vuole che si tratti di un uso precristiano): “…buonu e buon annu e buonu capurannu, dacce gli ‘mbertu come a chigl’atu annu”; il primo pezzo augurale è facilmente traducibile, nel secondo veniva formulata la richiesta, come contropartita dell’augurio appena formulato del “’mbertu”. Di cosa si trattava?... l’etimologia deriverebbe da “‘nferta” (offerta), e consisteva in sostanza nel piccolo dono che la persona a cui l’augurio era rivolto offriva all’augurante: arance, mandarini, caramelle in tempi più recenti, qualche semplice dolcetto, na ‘vrancata (quantità contenibile nel palmo di una mano) di confetti, quando la cosa andava particolarmente bene: questo e non di più!
La mia generazione forse è stata l’ultima, dopo millenni, a perpetuare e poi vedere estinguersi questa suggestiva tradizione; il cantare, aggirandosi per le case, “buonu e buon annu…” era anch’esso connotato da quella solidarietà tipica di una civiltà rurale di cui sopravvivono solo sparute vestigia e qualche ricordo nella memoria dei nostalgici, dediti a scribacchiarne.


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