Scribacchiando per me

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il blog di un pietramelarese

mercoledì 23 gennaio 2013

DELLA GOLIARDIA RURALE

A voler dare ascolto a Wikipedia “la goliardia è il tradizionale spirito che anima le comunità studentesche, soprattutto universitarie, in cui alla necessità dello studio si accompagnano il gusto della trasgressione, la ricerca dell'ironia, il piacere della compagnia e dell'avventura”. Era ed è soprattutto un modo di essere, sfidando convenzioni e regole; una cosa per gente colta ed altolocata, allora? …Non direi!
L’aneddotica locale, tramandata dalla tradizione orale, ci racconta anche di una goliardia “rurale” riportando episodi, a volte molto gustosi, a volte venati di sottile cattiveria, racconti di scherzi e tiri mancini, che hanno per protagonisti gente semplice, popolani e contadini; costoro avevano escogitato tale sistema per trascorrere in modo allegro e scanzonato quel po’ di tempo libero nelle giornate di allora, ben grigie, anche in considerazione delle condizioni economiche generalmente misere.
A tal proposito, si narra ad esempio di un tale, detto ‘mbecigliu (imbecille, ndr), abituale burlone, che aveva individuato nel sacrestano di San Rocco, notorio fifone, la vittima predestinata per scherzi feroci; il nostro, nelle prime ore del mattino, approfittando del buio seguiva in chiesa il povero sacrestano impegnato nel suonare le campane per la prima Messa, si nascondeva in una bara vuota usata per le funzioni funebri, e spaventava la vittima facendo fuoriuscire dalla bara solo un braccio e trattenendo con forza il povero malcapitato per la giacchetta che, terrorizzato, cercava invano di dileguarsi.
Altri raccontano di finte prove di coraggio, provocate con l’inganno, consistenti nel dover scavalcare di notte il muro del cimitero, per raccogliervi le rose particolarmente belle e profumate che vi si trovavano; gli stessi che avevano proposto la prova, di nascosto, scavalcavano, prima della vittima dello scherzo, il muro, nascondendosi dietro le tombe e, appena costui faceva per recidere la rosa, lo terrorizzavano con voci da oltretomba e urla sataniche.
Di sapore meno “noir”, rispetto ai precedenti, lo scherzo abitualmente teso ad un tale, mezzo matto, di nome Carluccio che, senza alcuna ragione, non voleva assolutamente udire espressioni del tipo “’a lampadina fulminata” e i “cacciuttiegli (cagnolini, ndr) bianchi e russi”: nel bar frequentato da Carluccio qualcuno si nascondeva sotto una di quelle monumentali radio a valvole degli anni 30/40, e fingendo di trasmettere un giornale radio, tra una notizia ed un’altra comunicava, ad esempio: “nel porto di Napoli è giunta una nave carica di lampadine fulminate e cacciuttiegli bianchi e russi”; il poveretto allora, montando su tutte le furie, resosi conto dell’ennesima burla, cominciava a scalciare il tavolo che sosteneva la radio, ed allora all’improvvisato e finto radiocronista non restava che dileguarsi alla svelta, per evitare conseguenze ben spiacevoli.
Una goliardia “rurale”, quindi, ma non per questo meno ricca di fatti e personaggi singolari, ed anch’essa segno di quel tempo e di quella società contadina, complessa e sfaccettata, a cui ancor’oggi dobbiamo tanto.

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