La pioggia, ad inizio giugno, è come uno di quegli ospiti poco graditi, malsopportati, ed a volte anche po’ antipatici perché usano espressioni dirette, ma di cui ognuno è pronto a riconoscere l’utilità.
Certo, oggi avranno bestemmiato i contadini che ancora non hanno tolto il fieno dal campo, saranno stati di pessimo umore i gestori degli stabilimenti balneari, che da qualche giorno hanno riaperto i battenti, ed io stesso ho avuto dei problemi nel pomeriggio per raggiungere la stazione ferroviaria, sulla via del ritorno ma, comunque… tutti sanno la pioggia, di questi tempi, è buona ed è utile. Uno scroscio di pioggia intenso e duraturo, come quello di oggi, ci porrà al riparo da una prolungata siccità estiva, riporterà le temperature entro limiti più accettabili, almeno per qualche giorno, e di sera, per uscire, riprenderemo il golf troppo frettolosamente riposto in armadio.
La vecchia saggezza popolare conosceva fin troppo bene l’utilità della pioggia di questi tempi: "vale cchiù n’acqua a maggiu e giugnu che l’oru ‘e tuttu ‘iu munnu", recitava un adagio che qualcuno ancora ripete, arrivando a paragonare il valore di una pioggia a quello di inestimabili tesori .
Mentre, dalle finestre dell’ufficio, guardavo la pioggia venir giù in abbondanza sono arrivato a convincermi che la “Pioggia nel Pineto” di dannunziana memoria, sia stata partorita dalla vena del Vate in uno di questi giorni di fine maggio/inizio giugno, e che le scene, le situazioni, gli odori avvertiti dal “Divino Gabriele” siano stati, più o meno, quelli che ognuno di noi avrebbe potuto vivere aggirandosi nel pomeriggio di oggi tra i pini di Sferracavallo, o tra quelli del Monte Castellone , oppure ancora nella vasta pineta di San Nicandro, presso San Felice di Pietravairano.
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