Scribacchiando per me
martedì 28 giugno 2011
L'AQUILONE
Non so quanti di voi si ricordino di mio padre: non era di Pietramelara, ma avendovi trascorso ben trent’anni della sua non lunghissima esistenza, si considerava oramai figlio adottivo a tutti gli effetti della Nostra Terra. Veniva da un paese dell’agro aversano, oggi tristemente famoso per fatti di camorra, che, tuttavia, ai suoi tempi doveva essere un posto diverso. Proprio lì era diventato bravissimo a costruire e far volare gli aquiloni, e ciò, in un certo senso, lo distingueva da tanti altri ottimi papà del posto.
Gli bastava un po’ di carta velina, della colla, qualche canna, un lunghissimo filo e l’avventura poteva cominciare. Ricordo come se fosse adesso il suo volto soddisfatto, quando, nei pomeriggi di primavera ci allontanavamo dal paese: il nostro aquilone cominciava ad alzarsi, e diventava sempre più piccolo, sino ad essere ai nostri occhi poco più di un minuscolo puntino.
A pensarci bene, la cosa che mi rode oggi, a distanza di tanti anni, è quella di non aver mai appreso quella sua particolare arte. Voleva trasmettermela con ogni sua forza, si sforzava di farmi capire, ma ero forse troppo piccolo per quella sua particolare ansia, e quando sono cresciuto ed avrei potuto apprendere con facilità si era fatto tardi, avevo perso ogni interesse nei confronti di quei meravigliosi oggetti volanti e colorati.
E’ vero, un uomo deve guardare avanti, e ogni girata indietro comporta rimpianti ed il riaprirsi di ferite, ma… quanto vorrei oggi costruire e far volare un aquilone insieme a te, papà.
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