L’universo della mia infanzia, quello che io sono solito definire “prima galassia” (cfr.DUE GALASSIE,30/10/2011 http//scribacchiandoperme.blogspot.it/2011/10/due-galassie.html) , è costellato di personaggi particolari, figure che la memoria conserva, attori di uno spettacolo vivido e colorito, di cui Pietramelara è stata contemporaneamente palcoscenico e platea. Eccovene un piccolo campionario.
Ero un bambino di pochi anni, eppure la sua figura mi è rimasta impressa: si chiamava Ottavio,”Ottaviucciu” per tanti, pare che da giovane avesse fatto il sarto, e che nel suo mestiere avesse portato la fama di sapere il fatto suo, preciso nel tagliare, pronto ad individuare gusti e preferenze dei clienti che si rivolgevano a lui; proveniva da una famiglia benestante, anche se popolare e non borghese; si racconta che la passione non corrisposta per una donna lo avesse fatto precipitare in una profonda depressione, prima, ed in un’alienazione assoluta in seguito; non era pericoloso, e non dava fastidio a nessuno, nel suo continuo vagare, giorno e notte, per le strade del paese parlava in continuazione da solo, in un dialetto stretto e a bassa voce; aveva dei vezzi, tipo quello di non accettare sigarette se non quelle già parzialmente fumate da coloro che gliele offrivano; per qualche intemperanza un giorno fu ricoverato in un ospedale psichiatrico, un “manicomio” come si diceva allora, e non fece più ritorno in paese.
Che dire poi di Alò, donna anziana, sulla settantina, che abitava in via San Pasquale in un basso? … aveva vissuto in America da giovane, e il suo nomignolo era dovuto al tipico saluto americaneggiante che rivolgeva a tutti: “Hello”, in paese poi corrotto in Alò. Portava sempre dei grandi occhiali da sole molto scuri e si dipingeva le labbra con un rossetto di colore rosso vivo, i capelli erano sempre tinti; fumava e molto. Dovevo starle simpatico, perché ricordo bene che incontrandomi, da bambino con i miei, era solita rivolgermi un saluto particolare “Hello Francis”, con la voce roca e profonda, tipica di chi una sigaretta accende e l’altra spegne. La solitudine l’aveva fatta precipitare nell’alcolismo e man mano la spirale in cui era caduta la condusse sino alla morte.
Rivangando ancora nella memoria mi torna alla mente Frantonio (Frate Antonio), monaco questuante del Convento di San Pasquale, che girava chiedendo l’elemosina con una cassettina per le offerte in una mano e un campanello nell’altra;portava una bisaccia a tracolla dalla quale estraeva caramelline alla liquirizia che offriva ai bambini che mettevano una monetina nella cassetta; la cosa era più che notoria a tutti e quelle caramelline, che forse sono ancora in commercio, per tale motivo venivano universalmente chiamate “caramelle ‘e Frantonio”; la sua voce era di tono indefinito e variabile, andava dal basso profondo all’acuto, qualcuno per tale motivo si divertiva a chiamarlo “Frantonio settevucelle”; era originario dell’hinterland napoletano e nessuno sa il motivo per cui prese i voti, rimase presso il nostro convento per due o tre decenni ma poi, verso la metà degli anni 70 lo lasciò.
Storie tristi di amori delusi, di solitudine, di alienazione; anime perse che nella loro umiltà qualcosa l’avranno sicuramente lasciato se, a distanza di un cinquantennio qualcuno ancora parla e scribacchia di loro, come di tanti altri personaggi ancora, nel mio “Mondo Piccolo”, per tanti versi rassomigliante a quello di Giovannino Guareschi: “piccolo” proprio perché fatto non di grandi imprese e di uomini illustri, ma delle vicende di persone comuni e umili di un paese di campagna, tra le quali anche coloro che occupano posizioni più importanti nella gerarchia del mondo del paese, restano comunque piccoli, cioè umili e semplici come tutti gli altri abitanti, senza differenza alcuna con i tipi strani di cui vi ho parlato.
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