Tra le tante cose che devo a mio padre, anche una certa conoscenza della canzone napoletana classica, quella proposta da Grandi Maestri come Sergio Bruni, per intenderci. In particolare ne ricordo “Totonno ‘e Quagliarella” il cui protagonista, è un ubriaco filosofo che, sebbene abbia subìto diverse sventure, non si abbatte, ma si accontenta di quel poco che la vita gli offre e, di fronte alle innumerevoli difficoltà dell’esistenza, adotta la tecnica “dell’arrangiarsi”, che poi è una concezione di vita tipicamente napoletana. In una delle strofe salienti, emblema di quella filosofia di vita Totonno a titolo di esempio raccontava:
Ce steva ‘nu scarparo puveriello,
chiagneva sempe ca purtava 'a croce...
'A sciorta lle scassaje 'o bancariello
e pe se allamentà...perdette 'a voce!
Il povero ciabattino si lamentava in continuazione della sua sfortuna, ma ciò non gli fruttò nient’altro che una irrimediabile perdita di voce; e, quindi, dopo essersi tanto lamentato, divenne afono, oltre che povero.
Chi porta una croce è indotto a pensare che essa è l’unica, o quantomeno, che essa pesi enormemente più di quelle portate dagli altri; purtroppo non è così! … di croci e relativi portatori è disseminata la superficie di questo pianeta; a volte il pudore, l’ipocrisia, l’amor proprio o l’orgoglio inducono qualcuno a nascondere la croce e quanto pesi portarla.
Per quanto mi riguarda, ricordo che ascoltavo con certo fastidio, dalla voce del grande Sergio Bruni, i versi “Totonno ‘e Quagliarella”: la gioia di vivere di un bambino, le convinzioni dettate da una infanzia per certi versi ovattata, non mi facevano accettare quella filosofia di vita realistica e triste… ma, oggi, dopo aver vissuto le mie esperienze, devo riconoscerne tutta la realistica positività; devo a quell’insegnamento paterno, arricchito di musicalità partenopea, l’aver potuto presagire, già nella più tenera età, che la vita nell’età matura sarebbe stata tutt’altro che facile. Al contrario oggi, rileggendo il testo integrale del pezzo, sono quasi portato a pensare che Totonno sia stato l’antesignano dei filosofi del “pensiero debole”, a me tanto cari.
Il noto proverbio vuole che “aver compagno a duol scema la pena”, ma io ritengo che, tra la folta categoria dei portatori di croci varie, esso non funzioni più di tanto. Tuttavia giova, ve lo assicuro, compenetrarsi con sincerità e senza melensi pietismi nelle altrui, oltre che nelle proprie, piccole e grandi sventure, magari con una semplice espressione di incoraggiamento.
NDR: Il testo di “Totonno ‘e Quagliarella” fu scritto da Giovanni Capurro nel 1919 (famosissimo poeta autore dei versi de ‘O SOLE MIO), e musicata da Francesco Buongiovanni; sono disponibili sul web sia il testo che qualche video di varie interpretazioni
Nessun commento:
Posta un commento