La mattinata in piazza insieme a quattro amici, a discutere di un manifesto politico dai contenuti poco chiari; il mercato, aggirandosi tra le bancarelle, tra un assaggio di olive e i “panni americani”; il pranzo domenicale con la famiglia: odore di buono che si avverte già dalla strada; una passeggiata dopo pranzo iniziata con il sole e finita con il timore della pioggia; la sera di nuovo in piazza per rivedere alcuni amici, incontrare altri che non avevo visto stamattina… è così che trascorre la domenica qui da noi!
Niente di speciale, nessuna cosa di cui valga la pena raccontare, eppure chi, volendosi fregiare del titolo di pietramelarese DOC, si priverebbe di ciò?
Quali le ragioni di tanto attaccamento a cose che, alla prima apparenza, sembrano ancor meno che futili? Quali i motivi che hanno indotto uomini a sobbarcarsi viaggi transoceanici per il solo gusto di vivere momenti di questo tipo?
“Otium”, che i latini contrapponevano al “negotium”, sua logica negazione: il contemplare inattivo opposto all’indaffararsi affannato; in altre parole riposo contemplativo per noi, per le nostre interiorità e per il nostro stare insieme, che reciprocamente si osservano.
Ciò che si fa di domenica, pertanto, serve anche a contemperare gli individualismi a cui siamo costretti nell’intera settimana; le corse con il cuore in gola dietro il raggiungimento di un obiettivo, il doversi adeguare, a volte e controvoglia, al volere di chi sta sopra di te, e tanto altro.
Essere legati a questo modo di trascorrere la domenica, giorno clou della settimana, è segno che un’identità collettiva ancora esiste, che ancore si avverte un comune sentire, anche se in modo molto più flebile che in passato.
Bello ed hai perfettamente ragione ;)
RispondiElimina