La vicenda travagliata
della presidenza della Comunità Montana del Monte Maggiore, con la recente
detronizzazione del Sindaco di Pietramelara, Avv. Pasquale Di Fruscio (cfr. foto a destra), da
presidente, richiama alla mente del sottoscritto, a cui la memoria non difetta,
lo svolgersi dei fatti legati ad essa dal momento dell’istituzione dell’Ente.
Le comunità montane, la cui istituzione voluta dal legislatore con legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e adesso disciplinate dall'art. 27 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico sugli enti locali), cominciarono a prendere corpo dopo la metà degli anni settanta; con l’avvento dell’amministrazione Sorbo, nel 1975 occorreva separare fisicamente e politicamente due forti (ed ingombranti) personalità organiche a quel consesso: il sindaco del tempo Gianni Sorbo ed il leader “dissidente democristiano” Giuseppe Peluso (che sarebbe diventato sindaco nel 1989). Un precedente accordo fra i vari comuni aderenti alla Comunità Montana, prevedeva che fra Formicola e Pietramelara erano in palio la sede dell’Ente e la carica di presidente; in altre parole a chi sarebbe andata la sede sarebbe stata preclusa la presidenza. La politica formicolana, molto lungimirante, fu pronta a rinunciare in quel momento alla presidenza, concessa al pietramelarese Peluso aggiudicandosi in tal modo per sempre la sede dell’Ente montano. Il progetto era chiaro, cedere la presidenza per il momento e tenersi la sede; in un secondo tempo si sarebbe dato l’assalto anche alla carica più alta. E così avvenne: tanto tuonò che piovve! …ci fu tolta la presidenza e in cambio avemmo la vicepresidenza, in seguito anche questa non fu più appannaggio pietramelarese e ci si dovette accontentare di qualche assessorato, con interruzioni temporali più o meno lunghe. Se non si fosse ceduto sulla sede, forse oggi Pietramelara avrebbe potuto ancora esercitare quel ruolo di baricentro politico/amministrativo dell’intero Monte Maggiore!
E veniamo ai giorni nostri… amministrare un ente sovracomunale è frutto di una serie di equilibri precari che variano con il tempo, fu così che, nel Giugno 2020, a Salvatore Geremia di Rocchetta e Croce (cfr. foto a sinistra) subentrò Di Fruscio, grazie ad ordini impartiti dall’esterno del perimetro del territorio montano; alla stessa stregua, dopo qualche tempo, un anno o poco più, è stata la volta per Di Fruscio di cedere il passo, sempre per le stesse odiose ingerenze del potere politico, ma mi domando è mai possibile tale situazione farsesca? Fino a quando dovremo subire che qualcuno che non conosce il nostro territorio, non conosce gli uomini e le comunità, debba imporre il proprio diktat politico, con il solo fine di stendere i propri tentacoli sempre più lunghi e viscidi, sempre più ramificati? Non sono un “fervente difrusciano” e questo è notorio a chi mi conosce, tuttavia mi irrita tantissimo questo continuo intrufolarsi nelle faccende di casa nostra… come può un Ente assumere un indirizzo politico continuo e coerente se, secondo la posizione dell’utero di questo e quel consigliere regionale, ogni sei mesi/un anno cambia il vertice dell’ente stesso?
Le comunità montane, la cui istituzione voluta dal legislatore con legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e adesso disciplinate dall'art. 27 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico sugli enti locali), cominciarono a prendere corpo dopo la metà degli anni settanta; con l’avvento dell’amministrazione Sorbo, nel 1975 occorreva separare fisicamente e politicamente due forti (ed ingombranti) personalità organiche a quel consesso: il sindaco del tempo Gianni Sorbo ed il leader “dissidente democristiano” Giuseppe Peluso (che sarebbe diventato sindaco nel 1989). Un precedente accordo fra i vari comuni aderenti alla Comunità Montana, prevedeva che fra Formicola e Pietramelara erano in palio la sede dell’Ente e la carica di presidente; in altre parole a chi sarebbe andata la sede sarebbe stata preclusa la presidenza. La politica formicolana, molto lungimirante, fu pronta a rinunciare in quel momento alla presidenza, concessa al pietramelarese Peluso aggiudicandosi in tal modo per sempre la sede dell’Ente montano. Il progetto era chiaro, cedere la presidenza per il momento e tenersi la sede; in un secondo tempo si sarebbe dato l’assalto anche alla carica più alta. E così avvenne: tanto tuonò che piovve! …ci fu tolta la presidenza e in cambio avemmo la vicepresidenza, in seguito anche questa non fu più appannaggio pietramelarese e ci si dovette accontentare di qualche assessorato, con interruzioni temporali più o meno lunghe. Se non si fosse ceduto sulla sede, forse oggi Pietramelara avrebbe potuto ancora esercitare quel ruolo di baricentro politico/amministrativo dell’intero Monte Maggiore!
E veniamo ai giorni nostri… amministrare un ente sovracomunale è frutto di una serie di equilibri precari che variano con il tempo, fu così che, nel Giugno 2020, a Salvatore Geremia di Rocchetta e Croce (cfr. foto a sinistra) subentrò Di Fruscio, grazie ad ordini impartiti dall’esterno del perimetro del territorio montano; alla stessa stregua, dopo qualche tempo, un anno o poco più, è stata la volta per Di Fruscio di cedere il passo, sempre per le stesse odiose ingerenze del potere politico, ma mi domando è mai possibile tale situazione farsesca? Fino a quando dovremo subire che qualcuno che non conosce il nostro territorio, non conosce gli uomini e le comunità, debba imporre il proprio diktat politico, con il solo fine di stendere i propri tentacoli sempre più lunghi e viscidi, sempre più ramificati? Non sono un “fervente difrusciano” e questo è notorio a chi mi conosce, tuttavia mi irrita tantissimo questo continuo intrufolarsi nelle faccende di casa nostra… come può un Ente assumere un indirizzo politico continuo e coerente se, secondo la posizione dell’utero di questo e quel consigliere regionale, ogni sei mesi/un anno cambia il vertice dell’ente stesso?
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